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Intervista speciale a Fabiana Lupo, nuovo talento e promessa, per un cinema in differenza.
Fabiana ci parla del suo Ballata a cinque strofe
Ballata a cinque strofe
Una danza con i cinque sensi
Un’intervista di V. Vacca a Fabiana Lupo sul suo primo cortometraggio.
Dopo aver partecipato al Marché du Court di Clermont-Ferrand 2012 e dopo essere stato selezionato al Festival di Cannes 2012, nella sezione Short Film Corner, il cortometraggio Ballata a cinque strofe, della giovane regista calabrese Fabiana Lupo, approda alla 69a Mostra del Cinema di Venezia nella sezione di un nuovo progetto commerciale: il Light Market.
Fabiana Lupo, nel mondo del cinema si tende erroneamente a dire che realizzare un cortometraggio è più facile che realizzare un film, ma quanto lavoro e quanti talenti ci sono dietro alla produzione di questa tua opera cinematografica?
È un errore comune dovuto più che altro alla scarsa conoscenza che si ha dell'apparato produttivo del cinema. Dietro ad ogni piccolo lavoro c’è una troupe più o meno vasta: nel mio film, nonostante la sua breve durata, hanno preso parte più di 20 addetti al lavoro, dal direttore della fotografia Michele Paradisi, quest’anno candidato ai Nastri d’Argento per il film di Giuseppe Gagliardi, “Tatanka”, al musicista cileno Jorge Coulon, fondatore storico degli IntiIllimani, che hanno composto le musiche per il corto, alla giovane e talentuosa attrice Laura Tedesco e a tanti altri professionisti che è ingiusto qui non menzionare e che hanno contribuito con lo stesso entusiasmo al progetto.
Quindi non parliamo solo di un cortometraggio ma di un progetto ben più ampio?
È un progetto che sin dall'inizio era ambizioso per le mie possibilità: la scelta registica di voler girare in 35 mm e di assemblare una troupe di professionisti è costata molto sul piano finanziario se si pensa che il corto è del tutto indipendente. Nonostante abbia ricevuto degli appoggi economici, Ballata a cinque strofe resta un lavoro in parte autofinanziato. Oggi purtroppo è molto difficile per un giovane autore italiano trovare finanziamenti per realizzare un proprio corto...
Nelle sue riflessioni sull’arte contemporanea il filosofo Jacques Ranciére parla di rottura estetica. Di fronte a un’opera d’arte non si può presupporre l’effetto che questa produce nello spettatore. Condividi tale impostazione teorica riguardo al tuo film?
Un’intervista di V. Vacca a Fabiana Lupo sul suo primo cortometraggio.
Dopo aver partecipato al Marché du Court di Clermont-Ferrand 2012 e dopo essere stato selezionato al Festival di Cannes 2012, nella sezione Short Film Corner, il cortometraggio Ballata a cinque strofe, della giovane regista calabrese Fabiana Lupo, approda alla 69a Mostra del Cinema di Venezia nella sezione di un nuovo progetto commerciale: il Light Market.
Fabiana Lupo, nel mondo del cinema si tende erroneamente a dire che realizzare un cortometraggio è più facile che realizzare un film, ma quanto lavoro e quanti talenti ci sono dietro alla produzione di questa tua opera cinematografica?
È un errore comune dovuto più che altro alla scarsa conoscenza che si ha dell'apparato produttivo del cinema. Dietro ad ogni piccolo lavoro c’è una troupe più o meno vasta: nel mio film, nonostante la sua breve durata, hanno preso parte più di 20 addetti al lavoro, dal direttore della fotografia Michele Paradisi, quest’anno candidato ai Nastri d’Argento per il film di Giuseppe Gagliardi, “Tatanka”, al musicista cileno Jorge Coulon, fondatore storico degli IntiIllimani, che hanno composto le musiche per il corto, alla giovane e talentuosa attrice Laura Tedesco e a tanti altri professionisti che è ingiusto qui non menzionare e che hanno contribuito con lo stesso entusiasmo al progetto.
Quindi non parliamo solo di un cortometraggio ma di un progetto ben più ampio?
È un progetto che sin dall'inizio era ambizioso per le mie possibilità: la scelta registica di voler girare in 35 mm e di assemblare una troupe di professionisti è costata molto sul piano finanziario se si pensa che il corto è del tutto indipendente. Nonostante abbia ricevuto degli appoggi economici, Ballata a cinque strofe resta un lavoro in parte autofinanziato. Oggi purtroppo è molto difficile per un giovane autore italiano trovare finanziamenti per realizzare un proprio corto...
Nelle sue riflessioni sull’arte contemporanea il filosofo Jacques Ranciére parla di rottura estetica. Di fronte a un’opera d’arte non si può presupporre l’effetto che questa produce nello spettatore. Condividi tale impostazione teorica riguardo al tuo film?
Mi piace pensare che l’arte possa essere una rottura rispetto alla vita. Ballata a cinque strofe si rifà in parte a quest’idea, a cui si aggiunge però un lavoro di riscrittura del reale attraverso i cinque sensi della protagonista: le esperienze che vive, infatti, pur essendo riconducibili ognuna ad una percezione sensibile, trasfigurano l’esperienza stessa e, dunque, la vita della ragazza. |
Davanti a questo tipo di lavoro non è difficile immaginare l’effetto straniante dello spettatore.
Qualche anno fa, Battiato, presentando un suo film proprio qui alla mostra del cinema di Venezia, ha parlato della sua pellicola come di una somma di criptogrammi invece di definirla un insieme di fotogrammi; un risultato dove la fotografia e il sonoro divengono criptici in ogni loro inquadratura.
Più che di criptogrammi, per Ballata parlerei di anagrammi. Le cinque scene partorite dai sensi della ragazza sono state pensate per essere qualcosa di analogo ma non di simile all’esperienza realmente provata: a volte si tratta di un sogno vissuto ad occhi aperti, a volte di una visione confusa, a volte di un ricordo fantasmatico. Ognuna di queste è stata costruita attraverso un rapporto ben preciso tra immagine e sonoro, in cui le due bande possono risultare addirittura antitetiche tra di loro.
Il tuo corto è un alternarsi tra spazi chiusi e spazi aperti. Ci sono, però, una fotografia e un sonoro molto chiari, limpidi, che narrano da sé ogni non-detto. La tua poetica rivela una chiave interpretativa piuttosto sopraffine, come una sorta di apertura a una speranza, attraverso la chiarità con cui proponi le luci, i colori e i suoni della vita. Ho visto bene?
Qualche anno fa, Battiato, presentando un suo film proprio qui alla mostra del cinema di Venezia, ha parlato della sua pellicola come di una somma di criptogrammi invece di definirla un insieme di fotogrammi; un risultato dove la fotografia e il sonoro divengono criptici in ogni loro inquadratura.
Più che di criptogrammi, per Ballata parlerei di anagrammi. Le cinque scene partorite dai sensi della ragazza sono state pensate per essere qualcosa di analogo ma non di simile all’esperienza realmente provata: a volte si tratta di un sogno vissuto ad occhi aperti, a volte di una visione confusa, a volte di un ricordo fantasmatico. Ognuna di queste è stata costruita attraverso un rapporto ben preciso tra immagine e sonoro, in cui le due bande possono risultare addirittura antitetiche tra di loro.
Il tuo corto è un alternarsi tra spazi chiusi e spazi aperti. Ci sono, però, una fotografia e un sonoro molto chiari, limpidi, che narrano da sé ogni non-detto. La tua poetica rivela una chiave interpretativa piuttosto sopraffine, come una sorta di apertura a una speranza, attraverso la chiarità con cui proponi le luci, i colori e i suoni della vita. Ho visto bene?
Sì, è proprio così. Continuando sul discorso del rapporto tra sonoro e visivo, è quest’unione che risolve l’anagramma della scena e ne determina il carattere: se nelle prime quattro esperienze, come suggerivi tu poco fa, il contrasto tra le due bande crea un disorientamento estetico nello spettatore, l’ultima scena, quella dell’incontro tra la ragazza e l’anziana, sembra annullare questo contrasto e mostrare un’apertura speranzosa sul finale. |
Vista, gusto, tatto, olfatto e udito: le cinque strofe che si inseguono proprio come nelle ballate sembrano mirare a una ricezione di tipo sinestetico. In che modo, secondo te, l’immagine filmica può rendere tale ricezione, rispetto alle altre immagini artistiche?
Banalmente ti risponderei dicendo che il cinema è l’arte sinestetica per eccellenza: l’inquadratura riproduce in sé l’esperienza contemplativa della vita, con i suoi colori e i suoi rumori. Ora con il 3D ti sembra di essere dentro alle immagine e di poterle toccare. Un giorno magari qualcuno inventerà anche un cinema che riproduca gli odori in sincrono rispetto alle immagini...
Quali sono i registi che maggiormente hanno inciso sul tuo percorso e, quindi, su Ballata a cinque strofe?
Banalmente ti risponderei dicendo che il cinema è l’arte sinestetica per eccellenza: l’inquadratura riproduce in sé l’esperienza contemplativa della vita, con i suoi colori e i suoi rumori. Ora con il 3D ti sembra di essere dentro alle immagine e di poterle toccare. Un giorno magari qualcuno inventerà anche un cinema che riproduca gli odori in sincrono rispetto alle immagini...
Quali sono i registi che maggiormente hanno inciso sul tuo percorso e, quindi, su Ballata a cinque strofe?
In realtà, nonostante io abbia un mio cinema privilegiato, non credo di averlo citato nel corto. Bunuel comunque è uno di quelli che ha inciso molto sul mio percorso. Assieme a lui i più recenti Wenders, Godard e Almodovar, per segnalare alcuni esempi europei. In Italia invece il Visconti degli anni ‘60, da Il gattopardo a Morte a Venezia per intenderci, lo trovo insuperabile. |
La ballata, direbbe Deleuze, è un andare a zonzo, senza un inizio e una fine prestabiliti. Perché ha scelto questo titolo?
Perché, ha ragione Deleuze, mi piace andare a zonzo! Nella vita di tutti i giorni e nei pensieri, mi piace perdermi.
E ci si perde sempre, ad un certo punto. È quello che capita alla protagonista proprio all'inizio del film: si benda e si perde nel suo nero, rispolvera il suo passato e cerca una via d'uscita, una luce. Io non so se la trova; mi limito ad esplorare la sua ricerca e a lasciarle un margine di speranza nel finale.
Considereresti la possibilità di fare un film intero che abbia la stessa poetica di questa tua Ballata a cinque strofe?
Penso di sì, anche se sarebbe ancora più difficile trovare un produttore che voglia investire su un progetto di lungometraggio così particolare. Per ora sto pensando a sfruttare le possibilità sintetiche del corto, sempre in questa direzione. Magari un domani…
Come vedi la scena cinematografica italiana contemporanea?
Domanda di riserva?
Perché, ha ragione Deleuze, mi piace andare a zonzo! Nella vita di tutti i giorni e nei pensieri, mi piace perdermi.
E ci si perde sempre, ad un certo punto. È quello che capita alla protagonista proprio all'inizio del film: si benda e si perde nel suo nero, rispolvera il suo passato e cerca una via d'uscita, una luce. Io non so se la trova; mi limito ad esplorare la sua ricerca e a lasciarle un margine di speranza nel finale.
Considereresti la possibilità di fare un film intero che abbia la stessa poetica di questa tua Ballata a cinque strofe?
Penso di sì, anche se sarebbe ancora più difficile trovare un produttore che voglia investire su un progetto di lungometraggio così particolare. Per ora sto pensando a sfruttare le possibilità sintetiche del corto, sempre in questa direzione. Magari un domani…
Come vedi la scena cinematografica italiana contemporanea?
Domanda di riserva?
Viviana Vacca
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