Codice ISSN: 2281-9223 Rivista d’arte diretta da F. Panizzo - Numero XIII mese di Novembre, 2013 - Anno II
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L’informale impressionismo
di un artista in continua evoluzione: Francesco Ottobre. Articolo di Alessandro Rizzo Esiste un percorso, che non può essere liquidato solamente come “formativo”, seppure siano tappe chiare di un iter autodidatta molto complesso, attento e consapevole, nella produzione artistica di Francesco Ottobre: possiamo parlare di un viaggio che conduce verso un’evoluzione tecnica elaborativa, da un lato, estetica e concettuale, dall’altro, tale da rendere l’aspetto esteriore e visivo contenuto della propria opera. |
La poetica di Francesco Ottobre è in continua dinamica, così come lo è la sperimentazione di uno stile che fa dell’autore autonomo creatore di idee, di invenzioni e di produzioni di opere originali e di impatto. Francesco Ottobre si nutre molto del figurativo informale, apprezza e, quasi, cresce nel solco della visione impressionista, che ha i suoi albori in un Monet: inquadra, però, rielaborando, gli elementi costitutivi di tale cultura artistica, che ha scritto pagine di letteratura artistica di fine Ottocento, in una dimensione personale, viva di esperienze e di emozioni che lo stesso autore ha potuto affrontare soggettivamente, intimamente, personalmente.
Colpiscono, così, le sue opere dedicate ai paesaggi, informali, non accademicamente riprodotti come fossero meri esercizi funzionali, tali da dare loro un concetto che va oltre al dato tangibile e reale, giungendo verso dimensioni iperreali, surreali, in un certo senso, punti di vista attenti che offrono dimensioni interpretative varie. Si rivive, così. quella dimensione reale paesaggistica; ed è qui la dirompenza impressionista di Ottobre, anticamera di altre dimensioni narrative figurative, tanto da rendere permeabile il nostro intelletto e le nostre emozioni a nuove forme e visioni, che non sono riassumibili nell’oggetto percettibile. La narrativa pittorica di Francesco Ottobre non si ac- contenta del dato, non è apologia dell’oggetto reale: vuole reinterpretarlo, rendendo la tecnica, elaborata, sperimentale, dall’olio su tela all’acrilico, funzionale a concedere concettualità all’opera prodotta e proposta.
Colpiscono, così, le sue opere dedicate ai paesaggi, informali, non accademicamente riprodotti come fossero meri esercizi funzionali, tali da dare loro un concetto che va oltre al dato tangibile e reale, giungendo verso dimensioni iperreali, surreali, in un certo senso, punti di vista attenti che offrono dimensioni interpretative varie. Si rivive, così. quella dimensione reale paesaggistica; ed è qui la dirompenza impressionista di Ottobre, anticamera di altre dimensioni narrative figurative, tanto da rendere permeabile il nostro intelletto e le nostre emozioni a nuove forme e visioni, che non sono riassumibili nell’oggetto percettibile. La narrativa pittorica di Francesco Ottobre non si ac- contenta del dato, non è apologia dell’oggetto reale: vuole reinterpretarlo, rendendo la tecnica, elaborata, sperimentale, dall’olio su tela all’acrilico, funzionale a concedere concettualità all’opera prodotta e proposta.
La città, i paesaggi metropolitani, sem- brano quelli newyorkesi, allegorie vere e proprie dell’alienazione e della frenesia della vita, spesso notturna, della quotidianità cittadina di una megalopoli: le figure dei passanti diventano percettibili sagome, rac- chiuse da una massa di colore che si muove, lato cinetico della rappresentazione di Francesco Ottobre, in modo uniforme nella parte bassa del dipinto, quindi tormentata e affollata, per ergersi ed elevarsi, attraverso la longitudine della verticalità degli edifici, dei grattaceli, una visione liberatoria, che contornano, come cornici rappresentative, il rappresentato.
La vita notturna cittadina è fatta di luci e di movimenti di automobili, spesso immagini di esse, spesso solamente sagome stilizzate, spesso chiazze cromatiche evocative, qui la forza e la consapevolezza del gioco col colore, sapiente quanto naturale, quanto interiormente presente nell’animo dell’autore, che danno senso a quel contrasto della contraddittoria esistenza umana moderna e cittadina, tale da rarefare le tonalità dei colori, rendendole più omogenee e scure man mano si proceda verso l’alto, donando quel senso di liberazione e di congiungimento con la dimensione, intima e interiore, che solo la visione del cielo, unico lato naturale rimasto invariato nel panorama metropolitano, può donarci. La prospettiva è chiara, forte, dandoci quel senso di profondità e quella capacità quasi architettonica che riporta alla memoria le grandi rappresentazioni di un Leon Battista Alberti o di un Vitruvio, letture quasi scientifiche, ma allo stesso tempo estetiche, di una città.
L’architettura, quasi gioco geometrico, è parte integrante della produzione di Francesco Ottobre, tanto da costituire vere e proprie opere in bassorilievo, scolpite su supporto ligneo, sculture che ci donano la dimensione tridimensionale di scorci di borghi e di quartieri della sua amata Formia, portando lo spettatore a inoltrarsi nella realtà plastica. Anche in questo caso, Francesco Ottobre sperimenta nuove tecniche per donare prospettive e visioni mai contemplate: si nutre molto di Van Gogh nello stile e nell’idea rappresentativa e creativa, quasi da riportarne la viva poetica nella dimensione attuale di un panorama metropolitano notturno.
L’architettura, quasi gioco geometrico, è parte integrante della produzione di Francesco Ottobre, tanto da costituire vere e proprie opere in bassorilievo, scolpite su supporto ligneo, sculture che ci donano la dimensione tridimensionale di scorci di borghi e di quartieri della sua amata Formia, portando lo spettatore a inoltrarsi nella realtà plastica. Anche in questo caso, Francesco Ottobre sperimenta nuove tecniche per donare prospettive e visioni mai contemplate: si nutre molto di Van Gogh nello stile e nell’idea rappresentativa e creativa, quasi da riportarne la viva poetica nella dimensione attuale di un panorama metropolitano notturno.
La vita notturna cittadina è fatta di luci e di movimenti di automobili, spesso immagini di esse, spesso solamente sagome stilizzate, spesso chiazze cromatiche evocative, qui la forza e la consapevolezza del gioco col colore, sapiente quanto naturale, quanto interiormente presente nell’animo dell’autore, che danno senso a quel contrasto della contraddittoria esistenza umana moderna e cittadina, tale da rarefare le tonalità dei colori, rendendole più omogenee e scure man mano si proceda verso l’alto, donando quel senso di liberazione e di congiungimento con la dimensione, intima e interiore, che solo la visione del cielo, unico lato naturale rimasto invariato nel panorama metropolitano, può donarci. La prospettiva è chiara, forte, dandoci quel senso di profondità e quella capacità quasi architettonica che riporta alla memoria le grandi rappresentazioni di un Leon Battista Alberti o di un Vitruvio, letture quasi scientifiche, ma allo stesso tempo estetiche, di una città. L’architettura, quasi gioco geometrico, è parte integrante della produzione di Francesco Ottobre, tanto da costituire vere e proprie opere in bassorilievo, scolpite su supporto ligneo, sculture che ci donano la dimensione tridimensionale di scorci di borghi e di quartieri della sua amata Formia, portando lo spettatore a inoltrarsi nella realtà plastica. Anche in questo caso, Francesco Ottobre sperimenta nuove tecniche per donare prospettive e visioni mai contemplate: si nutre molto di Van Gogh nello stile e nell’idea rappresentativa e creativa, quasi da riportarne la viva poetica nella dimensione attuale di un panorama metropolitano notturno. È ancora New York che si erge all’orizzonte nella sua “sky line”, specchiandosi, qui la simmetria dell’opera nella sua interezza, nella vasta massa oceanica, quasi espressione di quella quiete notturna che ci dona un’impareggiabile sensazione visiva e cromatica. Il colore profondo e scuro ci conduce a rappresentare il silenzio quale concetto rigenerante: la luna, che tanta arte figurativa e letteraria ha ispirato, diventa protagonista nella dimensione spaziale dell’opera, quasi equilibrando quel vuoto notturno di un cielo uniforme, portandoci a formulare domande sull’umana esistenza e sul suo significato astronomico. È, così, che l’apogeo della produzione artistica di Francesco Ottobre si esplica in quei paesaggi invernali, paesaggi di una pianura, sembra quella padana, dove la percezione della pesantezza dell’aria, del suo peso quasi tangibile, diventa protagonista di una condizione esistenziale di una natura dormiente, ma pronta a esplodere e rigenerarsi, uniformi le tinte e le luci, sapientemente calibrate sulla tela. È, quindi, quello di Ottobre un percorso completo nella sua evoluzione poetica, seppure pieno di quell’intensità e carica, volte a sperimentare nuove tecniche, originali quanto autonome, e nuovi soggetti.
Alessandro Rizzo
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