Sezione Ecosofia Alphaville Rubrica diretta da Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
. Per una Ecosofia del futuro
Il tredicesimo numero della rivista PASSPARnous
per la “Sezione Ecosofia”.
per la “Sezione Ecosofia”.
V Edizione della Sezione Ecosofia
A cura di Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
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Uno spazio che vive per noi, ci circonda e noi, nello stesso tempo, viviamo per lui.
Le mappe affettive di una città, il suo rizoma architettonico forma le abitudini e regola la velocità di un corpo inserendolo in un campo d’azione. L’architettura non è gestione dello spazio, bensì formazione o addirittura creazione dello stesso. Non si tratta più di plasmare la materia; attraverso la materia stessa si plasma lo spazio stesso.
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Il compito dell’architettura consiste nella creazione e nella formazione di spazi ed esperienza spaziali.
Siamo abituati a vivere il nostro corpo convinti di averlo a disposizione, convinti che sia uno strumento per provare piacere e dolore; in realtà il corpo ha delle potenzialità nascoste, ed è ciò che ci consente di toccare e di essere toccati, di penetrare nelle cose, di assaporare la perentoria oggettività della materia e insieme di vivere questa perentoria oggettività della materia negli affetti: oggettività e affettività non sono più termini inconciliabili.
Lungo le strade, le vie e gli edifici proliferano i possibili, fuori dai dispositivi securitari. Immaginare altri possibili usi di uno spazio non è solo un gesto architettonico ma un modo di reinventare il proprio modo di essere e vivere. Mappare un territorio o cartografarlo si trasforma in un atto di riappropriazione e organizzazione di uno spazio precedentemente escludente e securitariamente trasparente; un atto teso a rendere più intense le relazioni e più opachi, agli occhi dei dispositivi polizieschi (la polizia si occupa soprattutto della circolazione), lo spazio in cui esse vivono. Mappare significa far esistere nuovi territori. La circolazione, intesa come dis- tribuzione, spostamento, contatto e dispersione dei flussi di informazioni, di merci, di energia, di byte, di affetti, è questione ecosofica.
Viviamo sempre più in uno spazio topologico di vicinanza, piuttosto che in uno spazio metrico misurato dalla distanza. Lo spazio stereofonico di Séverac in cui è decisivo il movimento con cui la sorgente sonora si avvicina o si allontana.
Questo passaggio epocale antropocentrismo-ecocentrismo si fa sempre più urgente laddove si continua a non cogliere la rilevanza strategica dell’ambiente (inteso come supporto ed elemento della circolazione) per le pratiche di governo. Laddove non si faccia attenzione a ciò che ci circonda, come i duellanti di Goya intenti a vincersi, destinati entrambi, vincitore e sconfitto, a essere inghiottiti dalle sabbie mobili.
Siamo abituati a vivere il nostro corpo convinti di averlo a disposizione, convinti che sia uno strumento per provare piacere e dolore; in realtà il corpo ha delle potenzialità nascoste, ed è ciò che ci consente di toccare e di essere toccati, di penetrare nelle cose, di assaporare la perentoria oggettività della materia e insieme di vivere questa perentoria oggettività della materia negli affetti: oggettività e affettività non sono più termini inconciliabili.
Lungo le strade, le vie e gli edifici proliferano i possibili, fuori dai dispositivi securitari. Immaginare altri possibili usi di uno spazio non è solo un gesto architettonico ma un modo di reinventare il proprio modo di essere e vivere. Mappare un territorio o cartografarlo si trasforma in un atto di riappropriazione e organizzazione di uno spazio precedentemente escludente e securitariamente trasparente; un atto teso a rendere più intense le relazioni e più opachi, agli occhi dei dispositivi polizieschi (la polizia si occupa soprattutto della circolazione), lo spazio in cui esse vivono. Mappare significa far esistere nuovi territori. La circolazione, intesa come dis- tribuzione, spostamento, contatto e dispersione dei flussi di informazioni, di merci, di energia, di byte, di affetti, è questione ecosofica.
Viviamo sempre più in uno spazio topologico di vicinanza, piuttosto che in uno spazio metrico misurato dalla distanza. Lo spazio stereofonico di Séverac in cui è decisivo il movimento con cui la sorgente sonora si avvicina o si allontana.
Questo passaggio epocale antropocentrismo-ecocentrismo si fa sempre più urgente laddove si continua a non cogliere la rilevanza strategica dell’ambiente (inteso come supporto ed elemento della circolazione) per le pratiche di governo. Laddove non si faccia attenzione a ciò che ci circonda, come i duellanti di Goya intenti a vincersi, destinati entrambi, vincitore e sconfitto, a essere inghiottiti dalle sabbie mobili.
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Le Rubriche di Alphaville
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Buona lettura..
Silverio Zanobetti |
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