Sezione Ecosofia Alphaville Sezione diretta da Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
Rubrica Interventi critici
. Per una Ecosofia del futuro
Il quattordicesimo numero della rivista PASSPARnous
per la “Sezione Ecosofia”.
per la “Sezione Ecosofia”.
Le corde del cuore Terre céleste Articolo di Natalia Anzalone In silente intussuscezione, l’intelligenza del cuore, ancora palpitante nelle contrade del mondo d’oltre Occidente, si è incordata. L’inversione topologica ha preso avvio già da quando cosmologie distinte ed elementari sono naufragate in metafisiche sinfoniche, spostando l’axis mundi da orizzontale in verticale. Il cuore da allora è divenuto un abisso insondabile: lo scrigno dell’interiorità. E le cose sono lasciate fuori al freddo. |
“Questa sera seduto sull’orlo del crepuscolo |
Non ricordando più che siamo già rivelati nel solo fatto di esistere (Selbstdarstellung),
e che in ogni atto del corpo traspare un’immagine cordiale, pensiamo
che a esporci possa essere solo una confessione, che con quella sua
retorica della prima persona singolare confina i moti delle emozioni in
moti propri; quand’essi son plurali.
E i volti delle cose sono imprigionati nelle reti dei sentimenti che suscitano. Il ‘cuore - stanza segreta della mia persona’ si intasa; infarcito dalle sue stesse “ricchezze sulfuree” (in-farctus) s’ostruisce. L’immaginazione soggettiva immateriale, invasata, non ha più modo alcuno di conoscere le immagini del mondo esterno, ridotto ad accumulo di dati oggettivi morti, se non quello spasmodico del desiderio personale che insuffla vita in eccesso. Il filosofo della ‘immaginazione attiva’1, distinta dall’immaginazione tout court, Bachelard, lo precisa: “L’im-magine è tutto, tranne un prodotto diretto dell’immaginazione. [...] L’immaginazione riesce a malapena a rendere iridescenti i ricordi.”2.
E i volti delle cose sono imprigionati nelle reti dei sentimenti che suscitano. Il ‘cuore - stanza segreta della mia persona’ si intasa; infarcito dalle sue stesse “ricchezze sulfuree” (in-farctus) s’ostruisce. L’immaginazione soggettiva immateriale, invasata, non ha più modo alcuno di conoscere le immagini del mondo esterno, ridotto ad accumulo di dati oggettivi morti, se non quello spasmodico del desiderio personale che insuffla vita in eccesso. Il filosofo della ‘immaginazione attiva’1, distinta dall’immaginazione tout court, Bachelard, lo precisa: “L’im-magine è tutto, tranne un prodotto diretto dell’immaginazione. [...] L’immaginazione riesce a malapena a rendere iridescenti i ricordi.”2.
La rottura dei vasi, che rinchiudono ciò che prima era esterno e visibile all’interno di se stessi, in immensa perdita, essa soltanto potrà rilanciare del mondo la sua resistenza, che dal ri-guardo e dal ri-spetto di quel secondo sguardo dell’occhio del cuore re-itera esistenza. “Potremo mai riuscire a salvare i 21 leopardi del parco del Golestan, nel nord dell’Iran, o quelli di qualsiasi altro parco
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nel mondo, se non riusciamo a trattenere l’immagine del leopardo […] ?”; a interrogarsi è un’allieva di James Hillman, affascinato frequentatore delle rêveries di Bachelard e del mundus immaginalis di Corbin. I volti delle cose sono “influssi divini” che si muovono nel cuore
in compagnia delle immagini, dice William Blake; e Gregory Bateson “la
controversia fu così formulata: “Chiedi di che cosa sia fatto, se di terra,
fuoco, acqua o altro? Oppure chiedi qual è la sua forma?” […] Questa controversia si è protratta nel
tempo, e il partito dei pitagorici è stato nel complesso perdente fino a tempi
recenti. […] Gli gnostici seguirono i
pitagorici, e gli alchimisti seguirono gli gnostici…”3. L’intelligenza
del cuore, come diceva Avicenna, è una forza che occupa l’intero corpo sacro
del mondo. “Nel regno dei valori, la chiave, più che aprire, chiude. La
maniglia, più che chiudere, apre. Il gesto che chiude è sempre più netto, più
forte, più veloce del gesto che apre.”4
La Tradizione5
sa, con estrema chiarezza, che il cuore è il luogo della visione, che il
riflesso cordiale illumina la “faccia infiammabile del mondo”, la quale, a sua
volta, per tanta di quella bellezza, nel senso dell’antica nozione di aisthesis, ‘percezione sensoriale’,
infiamma il cuore e lo provoca a uscire.
La bellezza, già in Platone, non atteneva alle giuste proporzioni di figura, anzi essa non era neppure bella. È quanto si sprigiona nella percettibilità stessa del cosmo, nell’esibita natura delle “ciascunità” (William James) alloggiate nel va- riegato volto sensuoso del mondo; “l’alchimia chiamerebbe Sulphur questa lucentezza cosmica”6. |
Brutto è ciò che non notiamo, che non ci provoca più, “la mancanza di fisionomia” di cui par- la Stendhal in Memorie di un turista, la quale “sembra essere inerente a tutto ciò che è moder- no”. In alcune lingue dell’Africa, i termini che designano il bello e le qualità tattili, di tonalità e altro delle cose, non sono degli attributi, ma azioni verbali, degli stati risultanti, immagini. Bachelard stesso ne ribadisce la filosofia: “Les adjectifs qualificatifs vécus par l’imagination – et comment seraient-ils vécus autrement? – sont plus près des verbes que des noms. Rouge est plus près de rougir que de rougeur.”7 Ora, le difficoltà, per l’uomo occidentale contemporaneo, a far transitare l’invisibile da nascosto e interno a rivelato ed esterno, come un manto che avvolge, circonda e contiene, si presentano sia a livello dell’ontologia del cuore personalistico che domina la nostra grammatica, sia a livello dell’ontologia patriarcale d’una realtà esterna in asse verticale sopra/sotto, con la vita e la morte su piani separati, anziché insieme, nella medesima danza, eterna e mai uguale a se stessa.
[1] Le ricerche condotte da Bachelard hanno promosso sostanzialmente un’analisi extra-geometrica e non descrittiva delle immagini, quella che ci permette di accedere alle informazioni topologiche che le cose del mondo presentano, ossia il loro carattere d’invito ad azioni o comportamenti.
[2] G. Bachelard, La poetica dello spazio, Bari, Dedalo, 1975, p. 24. [3] G. Bateson, “Forma, sostanza e differenza” da Per un’ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1989. [4] G. Bachelard, op. cit., p. 97. [5] È René Guénon che più d’altri denuncia la confusione che i moderni hanno del senso che riveste il termine Tradizione, il quale indica il mantenersi vivo del pensiero esoterico attraverso la trasmissione e la tenuta solida e compatta della saggezza con l’oralità; non va quindi confuso con le pure e semplici consuetudini. Cfr. R. Guénon, Iniziazione e realizzazione spirituale, Milano, Luni Editrice, 1997. [6] J. Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore, Milano, Adelphi, 2013, p. 83. [7] G. Bachelard, La Terre et les rêveries du repos, Paris, Corti – Les Massicotés, 1948, p. 104. |
Natalia Anzalone
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