MOA è un collettivo di compositori attivo da alcuni anni nel campo della ricerca musicale e del linguaggio sonoro in relazione e in continuo dialogo con le altre arti. All’interno dei laboratori, svolti periodicamente in luoghi scelti ed eletti a casa comune da abitare, gli artisti hanno modo di confrontarsi, condividere idee, ricercare nuove modalità di fruizione e di interazione tra le discipline, riconciliandosi con il tempo dell’ascolto e della riflessione. Per la realizzazione di questo progetto il gruppo di lavoro è composto da dieci compositori, un ensemble di cinque strumentisti e due video artisti mentre quale “luogo di reciproca ispirazione” è stato eletto il territorio di Gesico in Trexenta: qui gli artisti, provenienti da diverse parti d’Italia, hanno potuto lavorare alla realizzazione dell’opera condividendo idee, esperienze e quotidianità. Abbiamo chiesto a due rappresentanti del collettivo, i compositori Marcello Liverani e Maura Capuzzo di raccontarci qualcosa di questo originalissimo progetto.
R.Z.: In che occasione e con che scopo precipuo è nato il MOA project?
Marcello Liverani: Il gruppo MOA nasce nel 2010 dall’incontro di un gruppo di compositori accomunati dall’esigenza di indagare nuove strade per la creazione e la fruizione artistica nella ricerca di alternative convincenti rispetto agli abituali processi di committenza-creazione artistica e concerto.
Il nome MOA nasce da una parola giapponese: “MA”. Il concetto di MA indica uno spazio vuoto tra le cose e che viene ad assumere maggior significato di ciò che è “pieno”.
“MA” è l’intervallo tra due cose, lo spazio tra due oggetti, il silenzio tra un suono e l’altro, è ciò che arricchisce il significato di una frequenza, distanza nello spazio, distanza nel tempo. Alla parola MA si aggiunge dunque una parentesi, uno spazio dentro il quale realizzare progetti e lavorare alle idee. “M()A”, o “MOA” per praticità di pronuncia, nasce dalla convinzione che sia fondamentale per l’arte contemporanea cercare tra gli spazi vuoti per aprire una fessura percettiva attraverso nuove modalità di condivisione dell’evento artistico. Questa ricerca si basa su alcuni principii che, a nostro avviso, rappresentano qualcosa di irrinunciabile. Questi principii sono racchiusi in un documento appartenente al gruppo e scritto tempo fa: un “manifesto etico”.
È comune al gruppo, come accennato prima, un’idea di esperienza artistica che travalichi il concetto di concerto e di evento musicale, come oggi viene inteso, nella certezza che l’espressione abbia necessità di tempi, di luoghi e di modi idonei per poter essere valorizzata e per poter creare vera risonanza in chi ne fruisce. Esperienza della continuità contro la frammentazione: perché, a nostro avviso, il pensiero esige un arcata formale di lungo respiro per poter essere compreso a pieno.
Maura Capuzzo: Durante la prima settimana di Giugno 2013 è stato possibile per i compositori, taluni dei quali non si conoscevano di persona, e i responsabili della parte video e dell’animazione, poter confrontare le proprie idee, soffocare protagonismi e cercare di creare un lavoro con un unico grande respiro formale, che, comunque, contenesse le diverse anime che si accingevano a realizzarlo: non un patchwork bensì un lavoro dove le singole individualità concorressero alla realizzazione di un opera che non doveva e deve essere una carrellata di momenti affidati a questo o quell’altro compositore.
R.Z.: Quali sono i principali progetti che il MOA ha elaborato e con che risultati?
Marcello Liverani: L’attività principale di MOA è stata articolata attraverso lo strumento dei “laboratori”, svolti periodicamente in luoghi scelti ed eletti a casa comune da abitare, dove gli artisti hanno modo di confrontarsi, condividere idee, ricercare nuove modalità di fruizione e di interazione tra le discipline, riconciliandosi con il tempo dell’ascolto e della riflessione.
Il primo laboratorio, M(onadic)A, si è tenuto presso il monastero di Vallaspra in Abruzzo nel 2011. La seconda tappa, “Meccanica” è stata realizzata, in collaborazione con il comune di Narcao, presso l’ex villaggio minerario “Rosas”.
“Noos” è il prodotto tangibile del terzo laboratorio MOA realizzato in collaborazione con il comune di Gesico.
Considerato il punto di partenza e Ia particolarità dei progetti, siamo soddisfatti dei risultati e della crescita, anche numerica, del gruppo ottenuti in solo poco più di due anni di attività. In particolare ci sentiamo incoraggiati a proseguire sulla strada per la creazione di una “rete” di collaborazione “orizzontale” che possa portare avanti progetti come “Noos” sulla base di esperienze cooperative alternative a esperienze di “committenza”.
R.Z.: In che cosa consiste l’opera multimediale Noos e come si articola?
Alla base del progetto “Noos” vi è la ricerca di dialogo tra le forme artistiche coinvolte: videoarte, grafica e animazione, musica acustica e acusmatica. Il soggetto dell’opera verte attorno alle suggestioni oniriche derivate da un rito sciamanico praticato in Sardegna durante il periodo nuragico: l’incubazione. Il rituale consisteva nel dormire per lungo tempo in un’area sacra allo scopo di sperimentare in sogno rivelazioni sul futuro oppure liberarsi da mali fisici o mentali. Al centro della narrazione – priva di testo e costruita interamente sul rapporto tra immagini e musica- si trova un personaggio che compie un viaggio nel proprio inconscio (“noos” in greco indica la mente), spinto dal desiderio di esplorare il mondo che si cela oltre il velo della veglia. Dietro questo velo sono raccolte e amplificate le angosce, gli istinti e la psicologia che appartengono all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. L’opera si articola, dunque, a partire dal susseguirsi dei momenti di veglia e di sonno attraverso l’occhio soggettivo del protagonista.
In questa lunga sequenza tra sonno e veglia accade che si abbia un “rovesciamento” sul piano della narrazione. Tutto ciò che appartiene alla realtà è stato affidato all’animazione ed è saturo di riferimenti geometrici e allucinati. Al contrario, il sogno, si trova ad essere il momento più statico, plausibile ma, per questo, straniato.
Maura Capuzzo: Per alcuni dei compositori coinvolti, come la sottoscritta, questo laboratorio è stata la prima esperienza nel campo dell’interazione fra la musica, il video e l’animazione. Personalmente il presupposto di dover interagire con l’animazione ha fortemente influenzato l’articolazione formale, la scelta del materiale; ha fatto sì che parte delle decisioni che ho dovuto prendere, come compositore, fossero legate al rapporto che si è voluto creare con l’animazione. Il mio lavoro, inoltre; doveva prendere in considerazione quello che gli altri compositori avevano creato per le parti precedenti la mia e quello che avrebbero creato per quelle seguenti, oltre che il momento “drammaturgico” che mi era stato affidato.
R.Z.: Che tipo di procedura avete seguito per articolare l’opera?
Marcello Liverani: Il laboratorio III è durato, nel suo insieme, quasi un intero anno. Questa lunga gestazione ha permesso di mettere in atto una procedura “dialettica” nell’articolazione dell’opera.
L’iter si è svolto inizialmente tramite un blog sul quale venivano caricati filmati, suoni e documenti. Da questa “fucina virtuale” si è arrivati all’incontro fisico avutosi a Gesico la prima settimana di giugno. In questa occasione abbiamo preso alcune decisioni importanti e apportato modifiche sostanziali all’opera.
In effetti la procedura non ha seguito un processo creativo “da un punto A a un punto B” ma, piuttosto, si sono avuti numerosi feedback con interventi e suggerimenti da parte dei compositori verso il video e viceversa. L’incontro avvenuto a Gesico è stato documentato in un video. Il motivo per cui riteniamo utile la produzione di questi video è dato dall’importanza che diamo alla fruizione dell’arte non solo durante lo spettacolo finale ma anche durante l’elaborazione e le prove.
R.Z.: Come pensate venga accolto questo lavoro e quali feedback vi aspettate?
Marcello Liverani – Maura Capuzzo: Presenteremo questo lavoro presso luoghi e occasioni piuttosto differenti tra loro: per il momento sono previsti un concerto presso il centro S’Ulivariu a Gesico e presso il Festival Spaziomusica di Cagliari nell’ottobre 2013. Inoltre è prevista una replica presso il festival GERMI a Roma ( in dicembre) in cui l’opera verra proiettata come “fixed media”. Pensiamo che l’interazione tra le arti rappresenti una importante, se non l’unica, strada da percorrere. In particolare riteniamo che, opere come questa, vadano nella direzione di cercare di restituire una chiave di lettura a un pubblico sempre più orientato all’immagine. Non sappiamo come questo lavoro verrà accolto e sarà sicuramente un esperimento affascinante osservare la risposta del pubblico in occasioni disomogenee.
R.Z.: Progetti per il futuro?
Marcello Liverani – Maura Capuzzo: Ci piacerebbe poter continuare e ampliare il nostro lavoro di creazione di una rete “orizzontale” tra artisti. Per questo motivo stiamo progettando un “Laboratorio IV” che si articoli attraverso due o tre progetti differenti coinvolgendo un maggior numero di persone. Ci piacerebbe, inoltre, rendere duraturo il rapporto instaurato con il territorio. Continueremo nella direzione sino a oggi percorsa per diversi motivi: in primo luogo riteniamo che, oggi più che mai, l’arte necessiti di un tempo di fruizione diverso e fuori dal “mercato”. In secondo luogo riteniamo che, in questo periodo di “modernità liquida”, il nascere di movimenti come il nostro sia indicatore di una nuova esigenza di cercare modi differenti di lavorare e cooperare.
MOA Ensemble
Roberta Cassinelli, clarinetto e clarinetto basso; Enrica Marini, violino; Stefano Colombelli, contrab-basso; Michele Sanna, chitarra elettrica ed effetti; Christian Cassinelli, tastiere ed elettronica.
Musice di: Nicoletta Andreuccetti, Antonio Bonazzo, Maura Capuzzo, Christian Cassinelli, Carlo Ciceri, Marcello Liverani, Alessandro Milia, Cesare Saldicco, Michele Sanna, Roberto Vetrano.
Video: Lien Nollet;
Animazione e graphic video: OFFICINE COLORBLIND;
Direzione artistica, Marcello Liverani e Roberto Vetrano;
Coordinamento sul territorio, Christian Cassinelli.
R.Z.: In che occasione e con che scopo precipuo è nato il MOA project?
Marcello Liverani: Il gruppo MOA nasce nel 2010 dall’incontro di un gruppo di compositori accomunati dall’esigenza di indagare nuove strade per la creazione e la fruizione artistica nella ricerca di alternative convincenti rispetto agli abituali processi di committenza-creazione artistica e concerto.
Il nome MOA nasce da una parola giapponese: “MA”. Il concetto di MA indica uno spazio vuoto tra le cose e che viene ad assumere maggior significato di ciò che è “pieno”.
“MA” è l’intervallo tra due cose, lo spazio tra due oggetti, il silenzio tra un suono e l’altro, è ciò che arricchisce il significato di una frequenza, distanza nello spazio, distanza nel tempo. Alla parola MA si aggiunge dunque una parentesi, uno spazio dentro il quale realizzare progetti e lavorare alle idee. “M()A”, o “MOA” per praticità di pronuncia, nasce dalla convinzione che sia fondamentale per l’arte contemporanea cercare tra gli spazi vuoti per aprire una fessura percettiva attraverso nuove modalità di condivisione dell’evento artistico. Questa ricerca si basa su alcuni principii che, a nostro avviso, rappresentano qualcosa di irrinunciabile. Questi principii sono racchiusi in un documento appartenente al gruppo e scritto tempo fa: un “manifesto etico”.
È comune al gruppo, come accennato prima, un’idea di esperienza artistica che travalichi il concetto di concerto e di evento musicale, come oggi viene inteso, nella certezza che l’espressione abbia necessità di tempi, di luoghi e di modi idonei per poter essere valorizzata e per poter creare vera risonanza in chi ne fruisce. Esperienza della continuità contro la frammentazione: perché, a nostro avviso, il pensiero esige un arcata formale di lungo respiro per poter essere compreso a pieno.
Maura Capuzzo: Durante la prima settimana di Giugno 2013 è stato possibile per i compositori, taluni dei quali non si conoscevano di persona, e i responsabili della parte video e dell’animazione, poter confrontare le proprie idee, soffocare protagonismi e cercare di creare un lavoro con un unico grande respiro formale, che, comunque, contenesse le diverse anime che si accingevano a realizzarlo: non un patchwork bensì un lavoro dove le singole individualità concorressero alla realizzazione di un opera che non doveva e deve essere una carrellata di momenti affidati a questo o quell’altro compositore.
R.Z.: Quali sono i principali progetti che il MOA ha elaborato e con che risultati?
Marcello Liverani: L’attività principale di MOA è stata articolata attraverso lo strumento dei “laboratori”, svolti periodicamente in luoghi scelti ed eletti a casa comune da abitare, dove gli artisti hanno modo di confrontarsi, condividere idee, ricercare nuove modalità di fruizione e di interazione tra le discipline, riconciliandosi con il tempo dell’ascolto e della riflessione.
Il primo laboratorio, M(onadic)A, si è tenuto presso il monastero di Vallaspra in Abruzzo nel 2011. La seconda tappa, “Meccanica” è stata realizzata, in collaborazione con il comune di Narcao, presso l’ex villaggio minerario “Rosas”.
“Noos” è il prodotto tangibile del terzo laboratorio MOA realizzato in collaborazione con il comune di Gesico.
Considerato il punto di partenza e Ia particolarità dei progetti, siamo soddisfatti dei risultati e della crescita, anche numerica, del gruppo ottenuti in solo poco più di due anni di attività. In particolare ci sentiamo incoraggiati a proseguire sulla strada per la creazione di una “rete” di collaborazione “orizzontale” che possa portare avanti progetti come “Noos” sulla base di esperienze cooperative alternative a esperienze di “committenza”.
R.Z.: In che cosa consiste l’opera multimediale Noos e come si articola?
Alla base del progetto “Noos” vi è la ricerca di dialogo tra le forme artistiche coinvolte: videoarte, grafica e animazione, musica acustica e acusmatica. Il soggetto dell’opera verte attorno alle suggestioni oniriche derivate da un rito sciamanico praticato in Sardegna durante il periodo nuragico: l’incubazione. Il rituale consisteva nel dormire per lungo tempo in un’area sacra allo scopo di sperimentare in sogno rivelazioni sul futuro oppure liberarsi da mali fisici o mentali. Al centro della narrazione – priva di testo e costruita interamente sul rapporto tra immagini e musica- si trova un personaggio che compie un viaggio nel proprio inconscio (“noos” in greco indica la mente), spinto dal desiderio di esplorare il mondo che si cela oltre il velo della veglia. Dietro questo velo sono raccolte e amplificate le angosce, gli istinti e la psicologia che appartengono all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. L’opera si articola, dunque, a partire dal susseguirsi dei momenti di veglia e di sonno attraverso l’occhio soggettivo del protagonista.
In questa lunga sequenza tra sonno e veglia accade che si abbia un “rovesciamento” sul piano della narrazione. Tutto ciò che appartiene alla realtà è stato affidato all’animazione ed è saturo di riferimenti geometrici e allucinati. Al contrario, il sogno, si trova ad essere il momento più statico, plausibile ma, per questo, straniato.
Maura Capuzzo: Per alcuni dei compositori coinvolti, come la sottoscritta, questo laboratorio è stata la prima esperienza nel campo dell’interazione fra la musica, il video e l’animazione. Personalmente il presupposto di dover interagire con l’animazione ha fortemente influenzato l’articolazione formale, la scelta del materiale; ha fatto sì che parte delle decisioni che ho dovuto prendere, come compositore, fossero legate al rapporto che si è voluto creare con l’animazione. Il mio lavoro, inoltre; doveva prendere in considerazione quello che gli altri compositori avevano creato per le parti precedenti la mia e quello che avrebbero creato per quelle seguenti, oltre che il momento “drammaturgico” che mi era stato affidato.
R.Z.: Che tipo di procedura avete seguito per articolare l’opera?
Marcello Liverani: Il laboratorio III è durato, nel suo insieme, quasi un intero anno. Questa lunga gestazione ha permesso di mettere in atto una procedura “dialettica” nell’articolazione dell’opera.
L’iter si è svolto inizialmente tramite un blog sul quale venivano caricati filmati, suoni e documenti. Da questa “fucina virtuale” si è arrivati all’incontro fisico avutosi a Gesico la prima settimana di giugno. In questa occasione abbiamo preso alcune decisioni importanti e apportato modifiche sostanziali all’opera.
In effetti la procedura non ha seguito un processo creativo “da un punto A a un punto B” ma, piuttosto, si sono avuti numerosi feedback con interventi e suggerimenti da parte dei compositori verso il video e viceversa. L’incontro avvenuto a Gesico è stato documentato in un video. Il motivo per cui riteniamo utile la produzione di questi video è dato dall’importanza che diamo alla fruizione dell’arte non solo durante lo spettacolo finale ma anche durante l’elaborazione e le prove.
R.Z.: Come pensate venga accolto questo lavoro e quali feedback vi aspettate?
Marcello Liverani – Maura Capuzzo: Presenteremo questo lavoro presso luoghi e occasioni piuttosto differenti tra loro: per il momento sono previsti un concerto presso il centro S’Ulivariu a Gesico e presso il Festival Spaziomusica di Cagliari nell’ottobre 2013. Inoltre è prevista una replica presso il festival GERMI a Roma ( in dicembre) in cui l’opera verra proiettata come “fixed media”. Pensiamo che l’interazione tra le arti rappresenti una importante, se non l’unica, strada da percorrere. In particolare riteniamo che, opere come questa, vadano nella direzione di cercare di restituire una chiave di lettura a un pubblico sempre più orientato all’immagine. Non sappiamo come questo lavoro verrà accolto e sarà sicuramente un esperimento affascinante osservare la risposta del pubblico in occasioni disomogenee.
R.Z.: Progetti per il futuro?
Marcello Liverani – Maura Capuzzo: Ci piacerebbe poter continuare e ampliare il nostro lavoro di creazione di una rete “orizzontale” tra artisti. Per questo motivo stiamo progettando un “Laboratorio IV” che si articoli attraverso due o tre progetti differenti coinvolgendo un maggior numero di persone. Ci piacerebbe, inoltre, rendere duraturo il rapporto instaurato con il territorio. Continueremo nella direzione sino a oggi percorsa per diversi motivi: in primo luogo riteniamo che, oggi più che mai, l’arte necessiti di un tempo di fruizione diverso e fuori dal “mercato”. In secondo luogo riteniamo che, in questo periodo di “modernità liquida”, il nascere di movimenti come il nostro sia indicatore di una nuova esigenza di cercare modi differenti di lavorare e cooperare.
MOA Ensemble
Roberta Cassinelli, clarinetto e clarinetto basso; Enrica Marini, violino; Stefano Colombelli, contrab-basso; Michele Sanna, chitarra elettrica ed effetti; Christian Cassinelli, tastiere ed elettronica.
Musice di: Nicoletta Andreuccetti, Antonio Bonazzo, Maura Capuzzo, Christian Cassinelli, Carlo Ciceri, Marcello Liverani, Alessandro Milia, Cesare Saldicco, Michele Sanna, Roberto Vetrano.
Video: Lien Nollet;
Animazione e graphic video: OFFICINE COLORBLIND;
Direzione artistica, Marcello Liverani e Roberto Vetrano;
Coordinamento sul territorio, Christian Cassinelli.
Scrivono nella rivista
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Roberto Zanata
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Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faron, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Francesco Panizzo.
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