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PASSPARnous e Alphaville - XIV - Numero
Resistenza,
. Re-iterare l’esistenza
Il quattordicesimo numero della rivista tratta il tema della “resistenza”.
Editoriale a cura di Francesco Panizzo
Per vivere con onore bisogna struggersi, turbarsi, Sembra quasi che l’uomo affermi la sua esistenza e imponga a se stesso il proprio affermarsi, opponendo la propria volontà di permanenza a ciò che, in realtà, vive perennemente nella continua modifica.
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Una modifica che lo coinvolge in una totalità spersonificante. Per quanto per tiene la sfera animale, appare la resistenza come un fenomeno di permanenza che cova in sé il suo opposto. Nella resistenza al sopruso vi è un valore che travalica l’identità: è il valore del sacrificio, ovvero dell’impermanenza dell’Io a favore di un codice morale superiore. È un po’ come se uno sguardo venisse catapultato di fronte a un sole arancione ghigliottinato sul nascere dall’orizzonte oppure visto come fendente focoso che fonde la bianca linea immaginaria di un panorama. Sarà l’alba o il tramonto per l’occhio?
Pensiamo agli irredentisti delle patrie assediate, occupate o stuprate; eroi che covano in sé sia l’alba che il tramonto. Pronti a morire per la vita di un valore e a vivere per una morte di valore. È forse più fertile il terreno dello squilibrio socio culturale a creare paradossi tali da far sorgere gli acuti effetti di una resistenza al sopruso in atto?
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Se nell’Islam dei contrasti culturali interni alle Nazioni coinvolte nella costruzione di uno stile (per dirla con Lacan,) di un Dio globalizzante, dove la donna è isacrificata a subalsubalterna al punto da imporgli di “sposare la verginità” prima che la propria emancipazione, la sudditanza psicologica o politico-culturale è un terzo lato della medaglia, dove il resistere in certe culture si esprime verso altre cariche, fattori endogeni che reagiscono nei confronti della propria natura, o verso un credo che non appartiene a chi fa una scelta radicale di opposizione in fronte a un’altra aderente.
È la resistenza fissata di fronte a un fare edonista, o di fronte a un certo conglomerato patriarcale che da una parte impone castità, dall’altra ne esige il dono in forme quasi mai ortodosse, anche per le più estreme delle proprie leggi. È resistenza alle primarie pulsioni dell’umano quali fonte del principio creativo della vita.
Ma si sa, chi non crea si deprime e un depresso lavora più lentamente ma maggiormente per un sistema che lo ha assoggettato e che ingravida la fede dei propri sudditi per il proprio sussistere e diramarsi. Perché l’uomo sposa un sistema di assoggettamento piuttosto che quello che direttamente gli sarebbe opposto? Forse che emanciparsi possa significare vivere; che vivere sia esprimersi come possibilità di consapevolezza della caducità delle cose, un sentimento del loro cambiamento attraverso il deperimento che caratterizza materia e azioni dello spazio tempo. “L’azione è materia pura” diceva Schopenhauer tra Illuminismo e Risorgimento. Periodi storici dove potevano resistere le folte chiome dei monarchi mozzate se poi issate e ben laccate sulle teste della borghesia nascente. |
Re-iterare l’esistenza quindi? Oppure deperire? Morire?? No, l’idea che si debba affrontare ciò non è attraente. Si deve morire? «No, a questo punto preferisco sacrificarmi per altro/i – così canta il discorso del talentuoso convinto di sfuggire in modo alternativo alla funesta sorte di tutti – forse se mi comporto così bene da non resistere a un diktat sociale verrò premiato con l’immortalità presso i ricordi delle mie gesta e resterò immutato nei libri di chi studierà il mio valore perenne; verrò premiato dallo studioso mentre se ne sta devoto sopra i libri [e umile sotto un crocifisso, appeso monito provocante a mo’ dell’esca, all’estremità di un chiodo quasi fosse una canna di pesca], .. ma avrò il mio “scialle” con il quale potrò celare la vergogna nell’oscurità delle mie adesioni [ad altre forme di anelito alla sudditanza]».
Ma resistere è modificarsi là dove il sacrificio impone le sue leggi. Re-esistere impone il paradosso del suo venir meno: «resisterò nonostante (o proprio per questo motivo) mi si imponga di non potere e per questo accetto soprattutto la eventualità di morire».
L’estrema metamorfosi per non aver accettato la mutazione imponibile dalla Legge. È possibile sfuggire al metamorfosarsi? Resistenza o meno, da una parte l’immaginale di una immagine che sfocia dall’interno per oggettivarsi nel reale (come il bimbo che apprende poiché tratteggia attività all’esterno, nella sfera che lo circonda anche se è da dentro che impara a relazionarsi attraverso proiezioni di reale metabolizzato, che emana attraverso un principio creativo tutto suo), dall’altra il reale che prova a soggettivarsi nell’individuale.
L’estrema metamorfosi per non aver accettato la mutazione imponibile dalla Legge. È possibile sfuggire al metamorfosarsi? Resistenza o meno, da una parte l’immaginale di una immagine che sfocia dall’interno per oggettivarsi nel reale (come il bimbo che apprende poiché tratteggia attività all’esterno, nella sfera che lo circonda anche se è da dentro che impara a relazionarsi attraverso proiezioni di reale metabolizzato, che emana attraverso un principio creativo tutto suo), dall’altra il reale che prova a soggettivarsi nell’individuale.
Resistere può essere un’attività innaturale, come sanno le donne amorevoli che decedono sotto i colpi di violenze che non hanno richiesto. Snaturarsi, forse, per modificare l’esterno e i rapporti che con esso abbiamo. Sacrificarci per una patria o una libertà che spesso non ci servono o a cui non serviamo, quindi il corrispondere finalmente a una naturalezza, quella che risponde alla pulsione di morte più profonda dell’umano. Reiterare l’esistenza, a proposito di albe o tramonti ecco come resiste il sole, lì dove resiste l’umanità, sui tetti delle favelas brasiliane (vedi video). Un litro de luz: una botella de plástico con agua y lejía para iluminar la vida de los más pobres, ma se morisse il sole morirebbe anche la resistenza.. |
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Illuminare, illuminare, illuminare altro non ci resta su cui investire, nella speranza che il governo del bel paese, do’ sole e do’ mare, non prenda troppo a cuore lo slogan e si senta giustificato a comprare l’energia elettrica dai cugini francesi, i quali, sebbene non messi molto meglio dell’Italia, di resistenza ne sanno un qualcosina in più di noi e questo nonostante vi siano condizioni alternative per non dover resistere a queste ingenti spese. Per non dover resistere all'attuale mostro bancario, virtuale e fantasmagorico mondo delle deità soggiogate dai sensi, o meglio, dalle psicosi di un orante troppo volute.
Buona lettura...
Scrivono in PASSPARnous: .
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Ideazione: Francesco Panizzo; responsabili di redazione: Daniel Montigiani, Alessandro Rizzo, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Roberto Zanata, Davide Faraon, Martina Tempestini, Viviana Vacca, Francesco Panizzo; editor: Francesco Panizzo; progetto grafico: Francesco Panizzo.
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