Rivista d’arte diretta da F. Panizzo e V. Vacca - Codice ISSN: 2281-9223 - Numero XII mese di Ottobre, 2013 - Anno II
Sezione Filosofia Alphaville Sezione diretta da Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
. Per una Ecosofia del futuro
Il dodicesimo numero della rivista PASSPARnous presenta la “Sezione Filosofia”.
Continuare a fare filosofia, innanzitutto. «Se non vuole ritrovarsi senza le condizioni “materiali” per potersi esercitare, la filosofia, oggi più che mai, deve monitorare costantemente, da un lato, i processi di soggettivazione che si sviluppano all’interno dell’economia politica vigente, e dall’altro, l’influenza che su di essi hanno le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, quali strumenti di veicolazione e produzione dei saperi».
La lucidità coraggiosa con cui inizia il libro di Paolo Vignola, L’attenzione altrove. Sintomatologie di ciò che ci accade, indica un sentimento di autentica urgenza del libro stesso, della sua necessità; starà al lettore confermare la sua effettiva necessità. Un’arte della sintomatologia come tecnica che si prenda cura del sapere e dei processi di soggettivazione, che si prenda cura del logos, attraverso il pathos. A partire dalle sintomatologie del passato (la “sintomatologia della décadence” di Nietzsche e Il disagio della civiltà di Freud) Vignola cerca di delineare lo statuto, le zone d’intervento e le pratiche della sintomatologia (con due avvertenze: si fa qui solo un primo passo costituente verso tale delineamento della sintomatologia che comunque, proprio per il suo funzionamento, non diventerà mai una “sintomatologia generale”); tale sintomatologia consiste nell’«immergere il pensiero nel disagio» di quelle facoltà genericamente umane («come il linguaggio, la memoria, l’attenzione, la relazionalità, gli affetti e la creatività») oggetto di sfruttamento ed estrazione di valore da parte della bioeconomia contemporanea.
La lucidità coraggiosa con cui inizia il libro di Paolo Vignola, L’attenzione altrove. Sintomatologie di ciò che ci accade, indica un sentimento di autentica urgenza del libro stesso, della sua necessità; starà al lettore confermare la sua effettiva necessità. Un’arte della sintomatologia come tecnica che si prenda cura del sapere e dei processi di soggettivazione, che si prenda cura del logos, attraverso il pathos. A partire dalle sintomatologie del passato (la “sintomatologia della décadence” di Nietzsche e Il disagio della civiltà di Freud) Vignola cerca di delineare lo statuto, le zone d’intervento e le pratiche della sintomatologia (con due avvertenze: si fa qui solo un primo passo costituente verso tale delineamento della sintomatologia che comunque, proprio per il suo funzionamento, non diventerà mai una “sintomatologia generale”); tale sintomatologia consiste nell’«immergere il pensiero nel disagio» di quelle facoltà genericamente umane («come il linguaggio, la memoria, l’attenzione, la relazionalità, gli affetti e la creatività») oggetto di sfruttamento ed estrazione di valore da parte della bioeconomia contemporanea.
La sintomatologia sociale è strumento trandisciplinare (il campo d’indagine di quest’arte meticcia che è la sintomatologia cerca di tenere assieme la sfera soggettiva e relazionale con le istituzioni sociali e comprende le lingue, i linguaggi, l’uso delle tecnologie, le emozioni, l’immaginario, l’inconscio, il desiderio, il welfare, il servizio pubblico e la scuola) che si preoccupa della salute «della dimensione collettiva e interpersonale, dei legami e degli ambienti sociali che permettono lo sviluppo delle qualità cognitive e affettive», dei sintomi di deficit o disorder dell’attenzione, dello sfruttamento della dimensione cognitiva e relazionale, della cura e dei servizi alla persona. Contro ogni velleità di “curare” i sintomi collettivi, si tratta di attraversare tali sintomi, di pensarli come una chance.
La sintomatologia filosofica è unateoria tecnica «in grado di lavorare» dall’interno non solo una particolare prospettiva filosofica, ma lo statuto stesso della filosofia, una tecnica che produce degli effetti “di manutenzione” nei confronti del pensiero teorico e del rapporto tra teoria e realtà sociale (laddove la tecnica teorica funziona invece come schema trascendentale kantiano al fine di analizzare i sintomi di disagio del vivere). La sintomatologia filosofica si prende cura del sapere cercando di «dare forma ai sintomi teorici»; quest’attività può contribuire a ridisegnare «le componenti di un concetto o addirittura, le finalità del fare filosofia». Dov’è che il concetto perde la sua presa rispetto al reale, la sua consistenza? Forse quando la filosofia non riesce più a desiderare di nuovo il reale, concentrandosi a livello teoretico su fiction televisive? La denegazione di Freud sta nell’aver sottolineato la necessità di mostrare il disagio della civiltà e contemporaneamente nell’aver ristretto l’area di intervento alla psiche individuale, in quanto, secondo Freud, in una massa tutta ugualmente ammalata verrebbe meno la possibilità di far emergere un sintomo sullo sfondo di un ambiente considerato “normale”. La mossa necessaria è allora quella di studiare i sintomi di disagio manifestati dalla civiltà in modo da accostare la figura del medico a quella del filosofo. La novità della sintomatologia nel modo in cui è suggerita da Vignola sta nel fatto che all’interno di essa l’analisi del processo di civilizzazione porta a rilevare disagi concreti causati da procedure di normalizzazione reali e concrete, mentre all’interno dell’intera storia della filosofia (Platone) ci si era limitati a fare una metafora tra la società e l’organismo.
Prendersi cura del logos attraverso il pathos, dare forma al variegato corredo di sintomi che si manifestano in una data epoca: la sintomatologia delineata in questo testo è un’impresa di salute che, attraverso il suo Critica e clinica, Deleuze ha riscoperto essere anche e soprattutto letteraria. L’impresa letteraria come autentica avventura verso una salute impersonale (e quindi collettiva), verso una salute politica, una salute di domani. Se la filosofia si è posta il problema delle emozioni, delle sofferenze, non si è mai presa cura effettivamente del disagio ma ha sempre preferito deviare verso la questione dell’essere e del nulla, del sapere o dell’opinione, delle trappole del linguaggio, espellendo i sintomi dal proprio discorso. Il filosofo Nietzsche è sintomatologo in quanto scrittore, in quanto la letteratura ha il gusto per il pathos e la passione per i sintomi, «sui quali indugiare al punto da con-fondersi con essi».L’autentica tecnica teorica che Vignola tenta di configurare inizia quindi innanzitutto con la sospensione dei riferimenti concettuali e metodologici di qualsiasi corrente di pensiero filosofico per osservare la realtà con lenti comparative, quelle stesse lenti che hanno consentito a Nietzsche di vedere nella stupidità un sintomo di un modo “basso” di pensare e di creare una grande salute politica per il domani nonostante (anzi, grazie alla)la sua malattia. Ecco che uno strumento importante per l’arte della sintomatologia consiste nella comparazione differenziale (basti ripensare al celebre “pathos della distanza”), poiché è nel confronto che si produce (la) differenza, che (ci) si differenzia e «la stupidità è sintomo di un processo comparativo in atto».Ciò significa tra l’altro distinguere la stupidità che la filosofia deve sempre contemplare da vicino e che rende lo choc della differenza (Differenza e ripetizione) e la stupidità sistemica (Stiegler), «da intendersi come individualità gregaria di massa, prodotta dalla telecrazia, dal marketing, dalla cultura mediatica o mediatizzata, dal populismo di ogni sorta). Su questo punto Vignola segue i lavori di de Conciliis, in cui l’individualità, anche sulla scia di Simondon, è il risultato di un processo di reciprocità relazionale e «l’individuo si “individua” nella misura in cui percepisce altri esseri».
La sintomatologia filosofica è unateoria tecnica «in grado di lavorare» dall’interno non solo una particolare prospettiva filosofica, ma lo statuto stesso della filosofia, una tecnica che produce degli effetti “di manutenzione” nei confronti del pensiero teorico e del rapporto tra teoria e realtà sociale (laddove la tecnica teorica funziona invece come schema trascendentale kantiano al fine di analizzare i sintomi di disagio del vivere). La sintomatologia filosofica si prende cura del sapere cercando di «dare forma ai sintomi teorici»; quest’attività può contribuire a ridisegnare «le componenti di un concetto o addirittura, le finalità del fare filosofia». Dov’è che il concetto perde la sua presa rispetto al reale, la sua consistenza? Forse quando la filosofia non riesce più a desiderare di nuovo il reale, concentrandosi a livello teoretico su fiction televisive? La denegazione di Freud sta nell’aver sottolineato la necessità di mostrare il disagio della civiltà e contemporaneamente nell’aver ristretto l’area di intervento alla psiche individuale, in quanto, secondo Freud, in una massa tutta ugualmente ammalata verrebbe meno la possibilità di far emergere un sintomo sullo sfondo di un ambiente considerato “normale”. La mossa necessaria è allora quella di studiare i sintomi di disagio manifestati dalla civiltà in modo da accostare la figura del medico a quella del filosofo. La novità della sintomatologia nel modo in cui è suggerita da Vignola sta nel fatto che all’interno di essa l’analisi del processo di civilizzazione porta a rilevare disagi concreti causati da procedure di normalizzazione reali e concrete, mentre all’interno dell’intera storia della filosofia (Platone) ci si era limitati a fare una metafora tra la società e l’organismo.
Prendersi cura del logos attraverso il pathos, dare forma al variegato corredo di sintomi che si manifestano in una data epoca: la sintomatologia delineata in questo testo è un’impresa di salute che, attraverso il suo Critica e clinica, Deleuze ha riscoperto essere anche e soprattutto letteraria. L’impresa letteraria come autentica avventura verso una salute impersonale (e quindi collettiva), verso una salute politica, una salute di domani. Se la filosofia si è posta il problema delle emozioni, delle sofferenze, non si è mai presa cura effettivamente del disagio ma ha sempre preferito deviare verso la questione dell’essere e del nulla, del sapere o dell’opinione, delle trappole del linguaggio, espellendo i sintomi dal proprio discorso. Il filosofo Nietzsche è sintomatologo in quanto scrittore, in quanto la letteratura ha il gusto per il pathos e la passione per i sintomi, «sui quali indugiare al punto da con-fondersi con essi».L’autentica tecnica teorica che Vignola tenta di configurare inizia quindi innanzitutto con la sospensione dei riferimenti concettuali e metodologici di qualsiasi corrente di pensiero filosofico per osservare la realtà con lenti comparative, quelle stesse lenti che hanno consentito a Nietzsche di vedere nella stupidità un sintomo di un modo “basso” di pensare e di creare una grande salute politica per il domani nonostante (anzi, grazie alla)la sua malattia. Ecco che uno strumento importante per l’arte della sintomatologia consiste nella comparazione differenziale (basti ripensare al celebre “pathos della distanza”), poiché è nel confronto che si produce (la) differenza, che (ci) si differenzia e «la stupidità è sintomo di un processo comparativo in atto».Ciò significa tra l’altro distinguere la stupidità che la filosofia deve sempre contemplare da vicino e che rende lo choc della differenza (Differenza e ripetizione) e la stupidità sistemica (Stiegler), «da intendersi come individualità gregaria di massa, prodotta dalla telecrazia, dal marketing, dalla cultura mediatica o mediatizzata, dal populismo di ogni sorta). Su questo punto Vignola segue i lavori di de Conciliis, in cui l’individualità, anche sulla scia di Simondon, è il risultato di un processo di reciprocità relazionale e «l’individuo si “individua” nella misura in cui percepisce altri esseri».
Vignola ripercorre alcune opere che disegnano una loro sintomatologia a partire dall’osservazione dei sintomi esperiti dai singoli soggetti o dall’osservazione degli accadimenti storici come sintomi della società (L’anti-Edipo, Spettri di Marx, Pensami stupido!La filosofia come terapia dell’idiozia di Eleonora de Conciliis) e mette in gioco alcuni autori che più di altri riescono a rilevare i sintomi della società contemporanea: Canguilhem propone un’idea di salute dinamica e produttiva di nuove norme, Simondonci mostra il motivo per il quale dovremmo prenderci cura della salute dei processi di individuazione.
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All’interno di un’analisi del capitalismo attuale in cui è la materia-forza e la materia tempo (in quanto materia-flusso: il riferimento è all’“uomo indebitato” di Lazzarato) a essere il supporto della soggettivazione, si ha la necessità di pensare una politica della vita che lavori all’interno della biopolitica, perché il sintomatologo si deve spingere fin dentro la carne della biopolitica (intesa come «regime di realtà, ossia il campo entro il quale si misurano tutte le forze e i rapporti sociali, tutti i processi di soggettivazione così come tutti i biopoteri e i loro dispositivi di sfruttamento […] e captazione […]».
La “cura di sé” di Foucault viene messa in relazione produttiva da Vignola con il lavoro su di sé indotto dal capitalismo di servizi; laddove la cura di sé era una pratica verso l’altro e già da subito una pratica sociale (la cura di sé implica anche una curadelle relazioni con gli altri), oggi si trasforma in una pratica solipsistica di make up in cui è in gioco il benessere personale più che la salute collettiva.
Nella parte centrale del testo Vignola cerca di definire, attraverso una strumentazione concettuale che trova in Canguilhem, Simondon e Foucault le sue fonti più importanti, una teoria della salute che permetta al sintomatologo di individuare tali sintomi e di valutarli come “semplicemente” e felicemente anomali oppure come patologici. Le tre fasi di individuazione del vivente in Simondon servono per configurare un soggetto incompatibile con se stesso, la cui individualizzazione contribuisce all’approdo verso la sfera d’azione transindividuale, all’individuazione collettiva. La dimensione transindividuale imprime al problema sintomatologico un’urgenza lato sensu politica. Stiegler e le sue ritenzioni terziare vengono messi in gioco da Vignola nel momento in cui si sottolinea l’importanza della tecnica in generale e delle tecnologie digitali in quanto ambiente in grado di associare o (come accade più spesso oggi) dissociare diversi individui psichici e collettivi.
L’individuazione del sintomo aiuta a individuarsi e quindi è già un buon modo per lottare contro l’attuale processo di dis-individualizzazione collettiva. La sintomatologia di Vignola applica appunto uno sguardo clinico su quelle facoltà come il linguaggio, le facoltà affettive, i rapporti sociali e l’attenzione che sono catturatenel momento in cui si parla eufemisticamente di flessibilità (e si intende precarietà) e che devono essere comunque messe in gioco nella trattazione dei problemi relativi all’effetto (deficit di attenzione) delle tecnologie digitali sul nostro cervello. La società di sicurezza di Foucault e la società di controllo di Deleuze sono il contesto propizio all’interno del qualesi tenta di normalizzare le anomalie salutari, di disinnescare il desiderio e il pensiero attraverso la promozione di differenze dalle quali estrarre valore.
Viene poi analizzata la presa di coscienza di Deleuze intorno alle nuove modalità di ricaptazione capitalistica e alla costitutiva fragilità del desiderio nella sua dimensione collettiva; consapevolezza che segna il passaggio da L’anti-Edipo e Millepiani a L’immagine tempo eFoucault, due testi nei quali è possibile rintracciare alcune possibilità al fine di riportare l’attenzione altrove «rispetto agli oggetti e agli eventi prodotti dal marketing e veicolati dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Riportare l’attenzione altrove (in Sloterdijk l’antropotecnica è, nel senso rilevato da Vignola, «palestra dell’altrove» contro il dis-apprendimento diffuso nell’epoca della “economia dell’attenzione”) si trova ad essere la condizione del pensiero in generale e di quello filosofico in particolare.
Cosa significa portare l’attenzione altrove? La risposta sta in queste lucide pagine che non si sbizzarriscono nel solito hobby delle citazioni importanti, bensì si concentrano su quei filosofi e pensatori che hanno descritto i sintomi di quel che ci accade (o che accadeva), soprattutto nel momento in cui ciò che accade attacca la salute degli ambienti sociali, la salute nella sua dimensione collettiva, ovvero quella dimensione che permette lo sviluppo delle qualità cognitive e affettive.
La “cura di sé” di Foucault viene messa in relazione produttiva da Vignola con il lavoro su di sé indotto dal capitalismo di servizi; laddove la cura di sé era una pratica verso l’altro e già da subito una pratica sociale (la cura di sé implica anche una curadelle relazioni con gli altri), oggi si trasforma in una pratica solipsistica di make up in cui è in gioco il benessere personale più che la salute collettiva.
Nella parte centrale del testo Vignola cerca di definire, attraverso una strumentazione concettuale che trova in Canguilhem, Simondon e Foucault le sue fonti più importanti, una teoria della salute che permetta al sintomatologo di individuare tali sintomi e di valutarli come “semplicemente” e felicemente anomali oppure come patologici. Le tre fasi di individuazione del vivente in Simondon servono per configurare un soggetto incompatibile con se stesso, la cui individualizzazione contribuisce all’approdo verso la sfera d’azione transindividuale, all’individuazione collettiva. La dimensione transindividuale imprime al problema sintomatologico un’urgenza lato sensu politica. Stiegler e le sue ritenzioni terziare vengono messi in gioco da Vignola nel momento in cui si sottolinea l’importanza della tecnica in generale e delle tecnologie digitali in quanto ambiente in grado di associare o (come accade più spesso oggi) dissociare diversi individui psichici e collettivi.
L’individuazione del sintomo aiuta a individuarsi e quindi è già un buon modo per lottare contro l’attuale processo di dis-individualizzazione collettiva. La sintomatologia di Vignola applica appunto uno sguardo clinico su quelle facoltà come il linguaggio, le facoltà affettive, i rapporti sociali e l’attenzione che sono catturatenel momento in cui si parla eufemisticamente di flessibilità (e si intende precarietà) e che devono essere comunque messe in gioco nella trattazione dei problemi relativi all’effetto (deficit di attenzione) delle tecnologie digitali sul nostro cervello. La società di sicurezza di Foucault e la società di controllo di Deleuze sono il contesto propizio all’interno del qualesi tenta di normalizzare le anomalie salutari, di disinnescare il desiderio e il pensiero attraverso la promozione di differenze dalle quali estrarre valore.
Viene poi analizzata la presa di coscienza di Deleuze intorno alle nuove modalità di ricaptazione capitalistica e alla costitutiva fragilità del desiderio nella sua dimensione collettiva; consapevolezza che segna il passaggio da L’anti-Edipo e Millepiani a L’immagine tempo eFoucault, due testi nei quali è possibile rintracciare alcune possibilità al fine di riportare l’attenzione altrove «rispetto agli oggetti e agli eventi prodotti dal marketing e veicolati dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Riportare l’attenzione altrove (in Sloterdijk l’antropotecnica è, nel senso rilevato da Vignola, «palestra dell’altrove» contro il dis-apprendimento diffuso nell’epoca della “economia dell’attenzione”) si trova ad essere la condizione del pensiero in generale e di quello filosofico in particolare.
Cosa significa portare l’attenzione altrove? La risposta sta in queste lucide pagine che non si sbizzarriscono nel solito hobby delle citazioni importanti, bensì si concentrano su quei filosofi e pensatori che hanno descritto i sintomi di quel che ci accade (o che accadeva), soprattutto nel momento in cui ciò che accade attacca la salute degli ambienti sociali, la salute nella sua dimensione collettiva, ovvero quella dimensione che permette lo sviluppo delle qualità cognitive e affettive.
Silverio Zanobetti
Note:
Paolo Vignola, L’attenzione altrove. Sintomatologie di quel che ci accade, Orthotes, 2013,pp. 174, ISBN 978-88-97806-35-6
Paolo Vignola, L’attenzione altrove. Sintomatologie di quel che ci accade, Orthotes, 2013,pp. 174, ISBN 978-88-97806-35-6
Le Rubriche di Alphaville
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Previsto per il mese di ottobre..
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Dislocare lo sguardo,
aprire il paesaggio Articolo di Natalia Anzalone Democrito, o
del filosofo che ride Articolo di Marco Bachini |
Al borderline
della profilazione Articolo di Rosella Corda |
Scrivono nella rivista: .
Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faron, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Francesco Panizzo.
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