La scultura,
seppure sia materica, può apportarci e inoltrarci verso mondi inesplorati,
visiona- ri quanto onirici, metafisici e simbolici. È quanto si può percepire
dalla produzione di Davide Genna, che ci conduce attraverso installazioni e verso
alfabeti altri rispetto a quelli a cui noi siamo abituati.
Le sue immagini sono narrative di un inconscio, simboli di un’esistenza, messaggi metaempirici, che ci assicurano la scoperta di dimensioni e panorami mai avvallati, esplorati. L’arte plastica di Davide Genna è definibile come esplorazione. Il disordine, così come il flusso penetrante e penetrativo di un inconscio che si fa materia, è il lato quasi visionario dell’opera di Davide Genna. Si evidenziano contrasti, continui e quasi tumultuosi, la dinamicità è insita nella fissità dell’installazione, in questo si respira parte di quella contraddizione esplosiva della sua arte e della sua estetica, che ci portano a verificare, nel senso letterale del termine, un ordine geometrico e razionale, quasi una necessità, un bisogno insito nella poetica compositiva dell’autore, quasi consapevolezza di una mancanza, di un’assenza presente nell’impeto visionario, istintuale, dell’essere umano, all’interno di un ripetersi, quasi neo pop artistico, di un elemento, di un colore, di una cromaticità, che ci raffigura quel turbinio esistenziale a noi interno.
Il contrasto si celebra, così, sempre negli alterchi simbolismo e fisicità: è in questa valenza, in questo spettro, in questo cuneo estetico e contenutistico che si inserisce quello che si considera essere dramma esistenziale, volendo irrompere e rompere quegli steccati del prefigurato e prefigurativo, del predestinato e prestabilito, inoltrandosi nell’interminabile valle del possibile in quanto impossibile, quindi dimensione simbolica, metafisica, ideale.
Davide Genna lavora sul recupero, il riutilizzo dei materiali: non è, la sua, una semplice scelta “etica”, ma è una valenza di un significante che si definisce, pur non defi- nendosi in una liquidità interpretativa esatta, attraverso la lettura di quell’alfabeto metafisico e simbolico, che si nutre dell’ossessiva, quasi compulsiva, ripetitività dell’elemento, fonda-mentale per un’ipnosi e un richiamo dell’in-conscio e del subconscio. Davide Genna non si può separare nel suo impeto visionario e ideale dalla realtà, perché degli elementi che essa offre, la sua produzione si nutre: la tendenza è sempre quella di trovare nella composizione una “reductio ad unum”, un anelito di armonia e di equilibrio che non può, però soddisfare, ingabbiando, il flusso esistenziale magmatico, che si esprime anche attraverso l’utilizzo, sempre diverso e sempre innovativo, di tecni- che differenti.
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In questo si misura il lato trasgressivo, fuori dagli schemi, quasi rottura con il passato e con il convenzionale formale, dell’opera di Davide Genna, che non si ferma mai, ma procede incessantemente, e spontaneamente, verso una continua ricerca, immediata in quanto naturale, illimitata in quanto interiore. La cromaticità stessa ci porta nelle sue opere a ricercare una ricomposizione del disordine e della confusione istintiva, che si raffigura nelle sue installazioni e sculture: sfumature, che inondano e coinvolgono in un abbraccio delicato e soffuso gli elementi materici che promanano dalle sue opere, sono quasi sempre spiccanti e verticali rispetto la superficie, ci suggeriscono quel desiderio di “concordantia discordantium canonum”, ossia di riconduzione in una lettura più armonica l’impetuoso, e inevitabile, disordine diversificante di un alfabeto poetico, interiore, esistenziale e, quindi, irrefrenabile.
Il pensiero si nutre, così, di realtà,
mentre l’immagine viene suggerita dal visibile: ideale e concreto, fisicità e
oniricità, materico e immateriale, tangibile ed effimero, concreto e immanente,
sono i contrasti poetici, allo stesso tempo stilistici e contenutistici, di un’estetica
che diventa simbolo, narrazione di un’esistenza mai compiuta, né completa. La
produzione di Davide Genna è inattesa e imprevedibile, come inattesi e
imprevedibili sono i percorsi che ci propone: un’arte brut e nouveau si può considerare la sua,
seppure sia un’arte che soffre di incasellamenti e di categorie, in una
tridimensionalità che definisce chiaramente un’idea e un concetto in continuo
divenire.
Alessandro Rizzo
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