Guido quando ti sei scoperto poeta?
Non è chiaro. Ho scoperto un giorno che mi piaceva scrivere andando molto a capo. Succedeva negli anni ‘90 quando cantavo in un gruppo rock e scrivevo testi. Quindi prima mi sono scoperto cantante, anche se non sapevo cantare, e questo era un problema, e scrivevo testi per canzoni per questo gruppo rock, rock demenziale, roba tipo Skiantos. |
|
Mi sono scoperto così. Poi a un certo punto, il gruppo è finito - dopo tanti anni, in realtà -, e ho sentito l’esigenza di continuare a scrivere, e scrivevo in quel modo lì, continuavo a scrivere testi per canzoni anche se non avevano più la musica che li aiutava. I testi sono diventati poesie. Perché vedi la poesia, alla fine, è una composizione che deve avere una sua musicalità senza la musica esterna, insomma una roba del genere... Credo... Mi sono scoperto in questo modo. Non saprei dire esattamente quando, ma ormai tanti anni fa. Direi almeno una quindicina d’anni fa.
Potrebbe sembrare una domanda semplice: cos’è per te la poesia? In realtà tu sai bene, amico mio, che non è una domanda semplice dato che da secoli le grandi teste del mondo se lo chiedono. Io non so cosa sia la poesia, e figurati, non solo non so cosa sia la poesia ma, considerato che io ormai campo di qualcosa che potrebbe essere poesia, spesso che le cose che scrivo vengono criticate, la critica tipica è: “Sì queste sono robe carine, divertenti, ma non è poesia.” quindi figurati te se io so cos’è la poesia. Pensa che ho cercato tantissime volte di dare delle definizioni, anche se le definizioni mi disturbano molto, e credo che alla fine la poesia si a un misto di ritmo, di idee potenti e di emozioni. Un misto stranissimo di musica, ritmo, emozioni e lampi di genio. |
Una cosa difficilissima in realtà. Probabilmente la cosa più difficile al mondo, scrivere una poesia cazzuta. Non lo so. Non lo so. Figurati che non so neanche se la mia sia poesia. Ci dobbiamo rivedere tra dieci anni e magari ti saprò rispondere.
Una volta mi hai detto: “I poeti mi considerano un cabarettista e i cabarettisti mi considerano un poeta” non ti senti un privilegiato a vivere sulla soglia tra due mondi?
In realtà io vivo sulla soglia di almeno quattro o cinque mondi. Innanzitutto però questo verso andrebbe completato: “I poeti non mi considerano un poeta ma mi considerano un cabarettista e i cabarettisti non mi considerano un cabarettista ma un poeta. Gli elettricisti non mi considerano un elettricista e fanno bene.” Io ho un piede in tanti mondi. Ho un piede nella poesia, senz’altro, perché io scrivo poesie in realtà, anche se non so definire cosa sia la poesia. Sono un cabarettista, sono un attore, non sono un elettricista, senza dubbio, ma sono un performer, che è una cosa diversa da essere un attore, anche se non saprei dire esattamente cosa sia un performer. Sono dunque tante cose e questa è la mia fortuna. La mia fortuna rispetto ai poeti, quelli con la P maiuscola, e parlo anche di poeti viventi che ogni tanto incontro, è che io non sono solamente un poeta, sono tante cose. Sono un bastardo e i bastardi, come tu mi insegni, sono meglio dei puri. È una cosa naturale, genetica. I cani bastardi, quelli che si mischiano, sono più intelligenti, vivono di più. Questo vale anche per gli uomini: quelli che si incrociano solo tra di loro, tra cugini, non vengono fuori molto bene.
Una volta mi hai detto: “I poeti mi considerano un cabarettista e i cabarettisti mi considerano un poeta” non ti senti un privilegiato a vivere sulla soglia tra due mondi?
In realtà io vivo sulla soglia di almeno quattro o cinque mondi. Innanzitutto però questo verso andrebbe completato: “I poeti non mi considerano un poeta ma mi considerano un cabarettista e i cabarettisti non mi considerano un cabarettista ma un poeta. Gli elettricisti non mi considerano un elettricista e fanno bene.” Io ho un piede in tanti mondi. Ho un piede nella poesia, senz’altro, perché io scrivo poesie in realtà, anche se non so definire cosa sia la poesia. Sono un cabarettista, sono un attore, non sono un elettricista, senza dubbio, ma sono un performer, che è una cosa diversa da essere un attore, anche se non saprei dire esattamente cosa sia un performer. Sono dunque tante cose e questa è la mia fortuna. La mia fortuna rispetto ai poeti, quelli con la P maiuscola, e parlo anche di poeti viventi che ogni tanto incontro, è che io non sono solamente un poeta, sono tante cose. Sono un bastardo e i bastardi, come tu mi insegni, sono meglio dei puri. È una cosa naturale, genetica. I cani bastardi, quelli che si mischiano, sono più intelligenti, vivono di più. Questo vale anche per gli uomini: quelli che si incrociano solo tra di loro, tra cugini, non vengono fuori molto bene.
No, non lo penso. Penso anzi che la poesia che c’è sia sufficiente. Alla gente poi della poesia non gliene frega niente...
Poi dipende anche se parliamo di poesia o di poeticità, che sono due cose diverse. La poesia è rischiosissima: Oltre a essere una delle cose più difficili è anche una cosa rischiosa. La probabilità di scadere nel melenso e nel retorico è molto alta. Di poesia ce ne deve essere poca, ma buona.
Sei un poeta d’amore e di morte, i tuoi amori e le tue tante morti, me ne ricordo una in particolare per colpa di un pandoro: è su quest’asse che si sviluppa la tua poesia?
La mia poesia si sviluppa su un triplice asse.... come potremmo chiamarla? Una triplice alleanza. Ecco. Una triplice alleanza: amore, morte e sesso, che sono poi i tre fondamentali di tutto. Io scrivo molte poesie d’amore. Scrivo molto di sesso e scrivo molto di morte, cercando di condire il tutto con dell’ironia, perché se non usi l’ironia: è finita. Non sono un poeta civile, sono un poeta penale. A dire il vero c’è anche un quarto tema: quello dell’impegno politico e sociale che, per quanto mi riguarda, sta in quello che faccio, più che in quello che dico. Penso che andare in giro per l’Italia a leggere poesie, a far uscire la gente dalle loro case, magari a fargli spegnere la televisione, sia una pratica socialmente utile. Di alta civiltà. Sì. la triplice alleanza: amore, morte e sesso. E non dimentichiamo sparatorie e inseguimenti d’auto.
Tu ami definirti poeta vivente, forse sarebbe più giusto dire che sei un poeta dal vivo, visti i tuoi tanti numerosi reading e le tue partecipazioni a teatro: come e quando nasce il tuo stretto rapporto con la scena e la performance?
Poi dipende anche se parliamo di poesia o di poeticità, che sono due cose diverse. La poesia è rischiosissima: Oltre a essere una delle cose più difficili è anche una cosa rischiosa. La probabilità di scadere nel melenso e nel retorico è molto alta. Di poesia ce ne deve essere poca, ma buona.
Sei un poeta d’amore e di morte, i tuoi amori e le tue tante morti, me ne ricordo una in particolare per colpa di un pandoro: è su quest’asse che si sviluppa la tua poesia?
La mia poesia si sviluppa su un triplice asse.... come potremmo chiamarla? Una triplice alleanza. Ecco. Una triplice alleanza: amore, morte e sesso, che sono poi i tre fondamentali di tutto. Io scrivo molte poesie d’amore. Scrivo molto di sesso e scrivo molto di morte, cercando di condire il tutto con dell’ironia, perché se non usi l’ironia: è finita. Non sono un poeta civile, sono un poeta penale. A dire il vero c’è anche un quarto tema: quello dell’impegno politico e sociale che, per quanto mi riguarda, sta in quello che faccio, più che in quello che dico. Penso che andare in giro per l’Italia a leggere poesie, a far uscire la gente dalle loro case, magari a fargli spegnere la televisione, sia una pratica socialmente utile. Di alta civiltà. Sì. la triplice alleanza: amore, morte e sesso. E non dimentichiamo sparatorie e inseguimenti d’auto.
Tu ami definirti poeta vivente, forse sarebbe più giusto dire che sei un poeta dal vivo, visti i tuoi tanti numerosi reading e le tue partecipazioni a teatro: come e quando nasce il tuo stretto rapporto con la scena e la performance?
Innanzitutto il concetto di poeta vivente è legato a un certo fastidio che mi da l’idea che per leggere i poeti bisogna che siano morti. Per essere letto ad alti livelli in Italia devi essere morto. Muore la Szymborska è le comprano i libri... Muore la Merini e se ne parla. Ecco io vorrei sfatare questo mito. |
Per quanto riguarda invece il poeta dal vivo tutto nasce per due motivi: uno è quello legato al gruppo rock che dicevo prima; l’altro è che io ho iniziato a salire sui palchi a 17 anni, quindi se lo faccio ancora adesso è perché questa cosa mi piace.
Mi piace la dimensione Live, soprattutto con i musicisti. Io sono un esibizionista. Poi bisogna dire una cosa: dieci, dodici, quindici anni fa non esistevano i social network, non esisteva quasi internet, quindi l’unico modo per farmi conoscere da un pubblico era di salire su un palco e leggere le poesie. L’idea poi di farmi pubblicare non mi passava neanche lontanamente per la testa. Quindi la mia passione per il live, per l’incontro con il pubblico, - se parliamo di poesia e lasciamo da parte per un attimo il mio esibizionismo -, dipende dal fatto che era il primo modo che ho scoperto per farmi conoscere. Poi è arrivato internet. Il grande passo è internet.
So della tua ammirazione per Carmelo Bene, uno che è apparso alla Madonna: tu invece hai giocato a carte spesso con Gesù Cristo, a volte avete anche bevuto insieme: è una cosa da poeti apparire e con la voce evocare?
È una cosa da maghi in realtà. Io penso che il poeta sia la cosa più vicina al mago e anche Carmelo Bene aveva questa qualità. Evocare è la parola giusta. Le poesie possono essere avvicinate a degli incantesimi. Il libro di poesie potrebbe essere il libro degli incantesimi. D’altra parte in inglese (e io non so l’inglese ma ho giocato ai giochi di ruolo...), il libro degli incantesimi è chiamato spellbook: il libro delle parole. E il mago cosa fa: fa delle evocazioni. È una delle sue qualità. Io credo che una delle caratteristiche del poeta, e di Carmelo Bene anche, sia proprio l’evocazione. Ad alti livelli puoi evocare Gesù, la Madonna, puoi andarci a cena, prendere un caffè, puoi praticamente fare quello che vuoi. È la magia che ti permette di fare qualsiasi cosa. Puoi controllare le persone addirittura. Nel momento in cui sei davanti a cento persone che pendono dalle tue labbra, tu in quel momento hai un potere spaventoso. Questo è il potere della magia, della poesia intesa come atto magico. Sicuramente l’avrà già detto qualcun altro però, secondo me, è una figata, quando la fai veramente.
Mi piace la dimensione Live, soprattutto con i musicisti. Io sono un esibizionista. Poi bisogna dire una cosa: dieci, dodici, quindici anni fa non esistevano i social network, non esisteva quasi internet, quindi l’unico modo per farmi conoscere da un pubblico era di salire su un palco e leggere le poesie. L’idea poi di farmi pubblicare non mi passava neanche lontanamente per la testa. Quindi la mia passione per il live, per l’incontro con il pubblico, - se parliamo di poesia e lasciamo da parte per un attimo il mio esibizionismo -, dipende dal fatto che era il primo modo che ho scoperto per farmi conoscere. Poi è arrivato internet. Il grande passo è internet.
So della tua ammirazione per Carmelo Bene, uno che è apparso alla Madonna: tu invece hai giocato a carte spesso con Gesù Cristo, a volte avete anche bevuto insieme: è una cosa da poeti apparire e con la voce evocare?
È una cosa da maghi in realtà. Io penso che il poeta sia la cosa più vicina al mago e anche Carmelo Bene aveva questa qualità. Evocare è la parola giusta. Le poesie possono essere avvicinate a degli incantesimi. Il libro di poesie potrebbe essere il libro degli incantesimi. D’altra parte in inglese (e io non so l’inglese ma ho giocato ai giochi di ruolo...), il libro degli incantesimi è chiamato spellbook: il libro delle parole. E il mago cosa fa: fa delle evocazioni. È una delle sue qualità. Io credo che una delle caratteristiche del poeta, e di Carmelo Bene anche, sia proprio l’evocazione. Ad alti livelli puoi evocare Gesù, la Madonna, puoi andarci a cena, prendere un caffè, puoi praticamente fare quello che vuoi. È la magia che ti permette di fare qualsiasi cosa. Puoi controllare le persone addirittura. Nel momento in cui sei davanti a cento persone che pendono dalle tue labbra, tu in quel momento hai un potere spaventoso. Questo è il potere della magia, della poesia intesa come atto magico. Sicuramente l’avrà già detto qualcun altro però, secondo me, è una figata, quando la fai veramente.
Sei mai stato tentato dalla prosa, dal romanzo?
Sì. In passato ho scritto dei racconti. Poi scrivere prosa e scrivere racconti sono proprio due mondi diversi. È come correre i 100 e i 10000 metri. Ma neanche... è come fare il nuoto e la corsa. Due cose diverse. Sono stato tentato in passato, in giovine età ho scritto dei racconti che però non mi hanno convinto e non mi convincono tutt’ora. |
|
Adesso sto tentando la prosa seria perché ho un contratto con una casa editrice che mi ha proposto di scrivere della prosa.
Ci sto provando con fatica abnorme. Come dicevo prima, - a me piacciono le metafore sporti- vei-, dopo anni e anni di poesia, io mi sento un centometrista al quale, a un certo punto, viene chiesto di correre la maratona. Ed è un casino. I miei muscoli non sono fatti per quello. Devo fare in modo di allenarmi e di farcela. E il passo verso la prosa è importante. Non dico: dovuto... ma è una cosa che proprio mi piacerebbe provare.
Le tue performance vivono di commistioni continue: con la musica soprattutto, ma anche con il teatro, una volta sola insieme ma quella volta fu la tua prima con costume di scena, da Papa per altro, un Papa che parlava francese: ha i mai avuto il desiderio di collaborare più strettamente con quest’arte, magari scrivendo per il teatro?
Questa è una domanda interessante. Ultimamente, oltre a questa cosa grossa che mi è stato chiesto di scrivere della prosa, più persone mi hanno chiesto cose per il teatro. Gente di teatro ha notato che parte della mia produzione è teatrale. Soprattutto negli ultimi libri io ho scritto molti dialoghi, per lo più tra uomo e donna, e in quanto dialoghi ben si adattano al teatro e alla recitazione. Ultimamente quindi sta succedendo che delle compagnie mi stanno chiedendo la possibilità di utilizzare questi dialoghi, - alcuni lo hanno anche già fatto – dal teatro amatoriale a quello professionistico.
Devo dire però che al momento attuale non è ancora nato niente di grosso, però a me piacerebbe molto. Mi piacerebbe vedere cosa succede. Mi è già capitato di vedere leggere le mie poesie da attori e nove su dieci non mi son piaciuti. Però mi piacerebbe vedere dei bravi attori che interpretano, recitano i miei dialoghi, ecco, questa sarebbe una cosa che mi incuriosirebbe molto. Sarei disposto a lavorare per il teatro in questo senso.
Strettissimo il tuo rapporto con la musica e i cantautori, penso a Sirianni, a Negrin, da dove nasce il tuo feeling con la musica?
Come ho detto prima ho iniziato a fare il cantante anche se non ne avevo le capacità. Poi ho cercato di imparare a suonare uno strumento. Ho provato a suonare il sassofono, poi la chitarra, l’armonica. Certo devo dire il mio lavoro con i musicisti e i cantautori è parte essenziale di quello che faccio. A partire da Il Grande Fresco, lo spettacolo con le canzoni di Federico Sirianni e le chitarre di Matteo Negrin, a Sbronzi all’alba senza sigarette con Andrea Gattico e Mayumi Suzuki, gran parte delle mie performance devono molto alla collaborazione con i musicisti. Ed è una cosa di cui io non potrei fare a meno.
Le tue performance sono seguitissime: cos’è che fa innamorare così tanto il pubblico della tua poesia? La poesia dunque non è morta? C’è ancora speranza?
Questa è una domanda difficile. Anzi sono due domande. Per rispondere alla prima diciamo che, come ho detto prima, io ho la fortuna di usare una chiave ironica, alle volte comica, e fare ridere una persona è una dei più grossi doni che tu possa fare. Anche nel rapporto amoroso, trovare una fidanzata che ti faccia ridere è una cosa rara e bellissima. Poi io da qualche anno sono diventato un sex symbol e questo fa innamorare le donne di me, e le donne, come tu sai, sono le più grandi lettrici e anche ai miei reading c’è sempre il 70/80 % di donne. Il poeta piace alle donne. Da sempre.
Anche se io non sono bello ma sono un sex symbol.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, ti dirò che la poesia non è mai morta. È in coma da moltissimo tempo. Ma non ne sono neanche sicuro, perché io poi non sono mica uno storico. Io penso che la poesia in questo momento non stia bene, come non sta bene la televisione, la letteratura, il cinema. Non è un gran bel periodo. D’altra parte se hai qualcosa di buono da proporre sei fortunato, perché ti fai notare, rispetto a periodi in cui c’è più roba di alto livello in giro. La poesia non è morta e per fortuna c’è gente che cerca di mantenerla viva, alcuni sperimentando.
L’importante è essere aperti mentalmente e non pensare mai, come dice Geda, lo scrittore torinese, che la poesia deve essere questo o quello. Quando si è aperti mentalmente tutto diventa possibile. Saranno poi i posteri a dirci se quello che stavamo facendo era buono o era una merda. Certo ci sono anche i viventi, più i posteri, e saranno loro a dirci se quello che stavamo facendo è poesia, arte cultura o merda.
Biografia di Guido Catalano scritta da Guido Catalano:
Guido Catalano nasce a Torino nel 1971 ed è ancora vivo. Ultimamente ha fatto gli esami del sangue e risulta quasi astemio anche se non ha senso. Normalmente non si esprime in terza persona ma in questo caso gli sembrava più fine. Ha scritto sei libri di poesie, l’ultimo dei quali si intitola Piuttosto che morire m’ammazzo per i simpatici tipi di Miraggi Edizioni. Per vivere si esibisce in strabilianti reading in tutta l’Italia. Ne fa oltre centocinquanta l’anno, il che a pensarci bene è una cosa pazzesca. Ancor più pazzesco è che non sia ancora diventato ricco e che, come si diceva all’inizio, sia ancora vivo.
Ci sto provando con fatica abnorme. Come dicevo prima, - a me piacciono le metafore sporti- vei-, dopo anni e anni di poesia, io mi sento un centometrista al quale, a un certo punto, viene chiesto di correre la maratona. Ed è un casino. I miei muscoli non sono fatti per quello. Devo fare in modo di allenarmi e di farcela. E il passo verso la prosa è importante. Non dico: dovuto... ma è una cosa che proprio mi piacerebbe provare.
Le tue performance vivono di commistioni continue: con la musica soprattutto, ma anche con il teatro, una volta sola insieme ma quella volta fu la tua prima con costume di scena, da Papa per altro, un Papa che parlava francese: ha i mai avuto il desiderio di collaborare più strettamente con quest’arte, magari scrivendo per il teatro?
Questa è una domanda interessante. Ultimamente, oltre a questa cosa grossa che mi è stato chiesto di scrivere della prosa, più persone mi hanno chiesto cose per il teatro. Gente di teatro ha notato che parte della mia produzione è teatrale. Soprattutto negli ultimi libri io ho scritto molti dialoghi, per lo più tra uomo e donna, e in quanto dialoghi ben si adattano al teatro e alla recitazione. Ultimamente quindi sta succedendo che delle compagnie mi stanno chiedendo la possibilità di utilizzare questi dialoghi, - alcuni lo hanno anche già fatto – dal teatro amatoriale a quello professionistico.
Devo dire però che al momento attuale non è ancora nato niente di grosso, però a me piacerebbe molto. Mi piacerebbe vedere cosa succede. Mi è già capitato di vedere leggere le mie poesie da attori e nove su dieci non mi son piaciuti. Però mi piacerebbe vedere dei bravi attori che interpretano, recitano i miei dialoghi, ecco, questa sarebbe una cosa che mi incuriosirebbe molto. Sarei disposto a lavorare per il teatro in questo senso.
Strettissimo il tuo rapporto con la musica e i cantautori, penso a Sirianni, a Negrin, da dove nasce il tuo feeling con la musica?
Come ho detto prima ho iniziato a fare il cantante anche se non ne avevo le capacità. Poi ho cercato di imparare a suonare uno strumento. Ho provato a suonare il sassofono, poi la chitarra, l’armonica. Certo devo dire il mio lavoro con i musicisti e i cantautori è parte essenziale di quello che faccio. A partire da Il Grande Fresco, lo spettacolo con le canzoni di Federico Sirianni e le chitarre di Matteo Negrin, a Sbronzi all’alba senza sigarette con Andrea Gattico e Mayumi Suzuki, gran parte delle mie performance devono molto alla collaborazione con i musicisti. Ed è una cosa di cui io non potrei fare a meno.
Le tue performance sono seguitissime: cos’è che fa innamorare così tanto il pubblico della tua poesia? La poesia dunque non è morta? C’è ancora speranza?
Questa è una domanda difficile. Anzi sono due domande. Per rispondere alla prima diciamo che, come ho detto prima, io ho la fortuna di usare una chiave ironica, alle volte comica, e fare ridere una persona è una dei più grossi doni che tu possa fare. Anche nel rapporto amoroso, trovare una fidanzata che ti faccia ridere è una cosa rara e bellissima. Poi io da qualche anno sono diventato un sex symbol e questo fa innamorare le donne di me, e le donne, come tu sai, sono le più grandi lettrici e anche ai miei reading c’è sempre il 70/80 % di donne. Il poeta piace alle donne. Da sempre.
Anche se io non sono bello ma sono un sex symbol.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, ti dirò che la poesia non è mai morta. È in coma da moltissimo tempo. Ma non ne sono neanche sicuro, perché io poi non sono mica uno storico. Io penso che la poesia in questo momento non stia bene, come non sta bene la televisione, la letteratura, il cinema. Non è un gran bel periodo. D’altra parte se hai qualcosa di buono da proporre sei fortunato, perché ti fai notare, rispetto a periodi in cui c’è più roba di alto livello in giro. La poesia non è morta e per fortuna c’è gente che cerca di mantenerla viva, alcuni sperimentando.
L’importante è essere aperti mentalmente e non pensare mai, come dice Geda, lo scrittore torinese, che la poesia deve essere questo o quello. Quando si è aperti mentalmente tutto diventa possibile. Saranno poi i posteri a dirci se quello che stavamo facendo era buono o era una merda. Certo ci sono anche i viventi, più i posteri, e saranno loro a dirci se quello che stavamo facendo è poesia, arte cultura o merda.
Biografia di Guido Catalano scritta da Guido Catalano:
Guido Catalano nasce a Torino nel 1971 ed è ancora vivo. Ultimamente ha fatto gli esami del sangue e risulta quasi astemio anche se non ha senso. Normalmente non si esprime in terza persona ma in questo caso gli sembrava più fine. Ha scritto sei libri di poesie, l’ultimo dei quali si intitola Piuttosto che morire m’ammazzo per i simpatici tipi di Miraggi Edizioni. Per vivere si esibisce in strabilianti reading in tutta l’Italia. Ne fa oltre centocinquanta l’anno, il che a pensarci bene è una cosa pazzesca. Ancor più pazzesco è che non sia ancora diventato ricco e che, come si diceva all’inizio, sia ancora vivo.
|
Enrico Pastore
|
Scrivono in PASSPARnous: o
|
Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico
Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio
Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
LE SEZIONI di PASSPARnous:
|
Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportage diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Martina Tempestini Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati