Giovane
e Bella Un film di François Ozon
Articolo di Daniel Montigiani
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Isabelle è una bella diciassettenne come tante. Durante una vacanza al mare, un po’ con il distratto ausilio del caso e un po’ per volontà, fa la conoscenza di un ragazzo con cui in un’isolata sera in riva al mare perde (un po’ indifferentemente) la verginità. Ecco che poi Ozon opera con accurata indifferenza un’ellissi narrativa non indifferente: al suo ritorno a Parigi, la ragazza, per motivi inizialmente sconosciuti e che non saranno mai del tutto chiari e chiariti nonostante il suo racconto-confessione, di nascosto da chiunque e soprattutto dal patrigno, dalla madre e dal fratello, accanto alla sua vita di studentessa liceale, si è costruita un’esistenza parallela di prostituta che entra in contatto con i clienti tramite un profilo anonimo all’interno di siti di incontri. Ma un inaspettato, imprevisto incidente con un cliente porterà gli eventi a proseguire in maniera discretamente diversa.
In un’intervista di qualche anno fa il sempre (più?) prolifico Ozon sosteneva senza alcun particolare tipo di vanto di avere sempre idee, di avere idee praticamente tutti i giorni. Effettivamente, il fatto che nel solo giro di poco più di sei mesi siano usciti due suoi film non può che confermare tale sua frase. |
Ma è allo stesso tempo abbastanza vero che il regista francese è capace di inserire idee anche all’interno del singolo “quadro cinematografico”: in parte come il suo ammirato maestro Rohmer, Ozon riesce non poche volte a “stuzzicare”, a smuovere con una delicatezza dal battito feroce alcuni precisi e insospettabili punti dell’immagine, affinché da questi emergano dettagli che il suo occhio e la sua macchina da presa “addestrano” accuratamente per trasformarli in inquietanti e mai eccessivi comunicatori visivi degli eventi e del carattere dei personaggi. Il fatto, ad esempio, che il regista decida di dare inizio al film con “l’innocente” soggettiva (stilistica) di un “qualcuno” che attraverso un binocolo osserva la protagonista distesa su una spiaggia a prendere il sole rimanda silenziosamente all’idea del voyeurismo, e al voyeurismo vero e proprio dello spettatore.
Chi poi ama fare collegamenti fra i vari film di Ozon, non potrà non notare che se il suo precedente film (Nella casa) terminava con una citazione in campo lunghissimo dell’Hitchcock della Finestra sul cortile, questo Giovane e bella, grazie alla soggettiva stilistica del binocolo, inizia con un rimando allo stesso film (ovvero, insomma, il personaggio interpretato da James Stewart che dalla finestra del proprio appartamento osserva con uno strumento simile i vicini del palazzo). Come dire: riprendo da dove ho finito l’ultima volta.
Chi poi ama fare collegamenti fra i vari film di Ozon, non potrà non notare che se il suo precedente film (Nella casa) terminava con una citazione in campo lunghissimo dell’Hitchcock della Finestra sul cortile, questo Giovane e bella, grazie alla soggettiva stilistica del binocolo, inizia con un rimando allo stesso film (ovvero, insomma, il personaggio interpretato da James Stewart che dalla finestra del proprio appartamento osserva con uno strumento simile i vicini del palazzo). Come dire: riprendo da dove ho finito l’ultima volta.
Sempre rimanendo in tema di capacità di dettagli, è di indubbio fascino a inizio pel- licola anche la ripresa lievemente dall’alto (una probabile semisoggettiva) in cui ve- diamo il corpo della protagonista disteso al sole che viene improvvisamente coperto dall’ombra del braccio e della mano à la Nosferatu di Murnau di un normalissimo corpo di ragazzino, un’immagine che anticipa e sintetizza l’ambiguo e morboso rapporto fra il corpo della ragazza e quello dei suoi clienti (e, perché no, forse anche degli uomini in generale). E ancora, proseguendo con l’analisi tramite il talentuoso metodo del dettaglio, è forse giusto notare anche come in questo film in una certa scena una macchia di sangue non possa fare altro che rap- presentare quello che è (come nel caso di quella sulla mano dopo il primo rapporto completo della ragazza), mentre ecco che in un’altra una macchia simile assume una preziosa valenza metaforica (la ferita sulla fronte della ragazza in seguito al “piccolo” incidente con un cliente in un albergo). |
Di stimabile fattura è anche l’esistenza sullo schermo, la costruzione e l’interpretazione della protagonista, che volontariamente si accomoda con disinvoltura all’interno di una celata-ma-esibita dimensione di ambiguità, con un volto che sembra in realtà averne tanti pur rimanendo spesso con la stessa espressione, con quel comportamento fra il diligentemente annoiato, freddo e un poco ammiccante.
Un personaggio dall’aura sfuggente poiché, nonostante alcuni chiarimenti e spiegazioni, non potremo mai arrivare a comprendere veramente quali sono i motivi che l’hanno portata a crearsi questa sua vita parallela: non certo per soldi (la sua famiglia più che benestante non le fa mancare il denaro, inoltre non spende mai il denaro guadagnato dalla sua “attività segreta”), forse la mancanza del padre (l’inizio del racconto-flashback della ragazza può far pensare a qualcosa di simile) o più probabilmente un modo rischiosamente eccitante di vivere per un’adolescente che pare annoiarsi facilmente, priva di veri interessi e stimoli (anche in questo caso, il suo racconto-flashback può portare a formulare tale ipotesi).
Quasi inutile dire dunque che si tratta “all’incirca” di un – come si dice più volte – bel film o dintorni, ma, come spesso accade in Ozon, con l’eccezione di Sotto la sabbia, tutti questi elementi interessanti non sembrano ben riunirsi e ritrovarsi per volare verso la costruzione di un’opera veramente grande: c’è un po’ la strisciante sensazione di trovarsi di fronte alla stucchevole eccellenza di un compito ben fatto.
Insomma, l’indubbiamente dotato regista francese non sembra nemmeno in questo caso riuscire a far uscire il film dalla sua area e dal suo perimetro per farlo veramente accedere all’aria aperta del territorio di un po’ di vero sublime cinematografico.
Un personaggio dall’aura sfuggente poiché, nonostante alcuni chiarimenti e spiegazioni, non potremo mai arrivare a comprendere veramente quali sono i motivi che l’hanno portata a crearsi questa sua vita parallela: non certo per soldi (la sua famiglia più che benestante non le fa mancare il denaro, inoltre non spende mai il denaro guadagnato dalla sua “attività segreta”), forse la mancanza del padre (l’inizio del racconto-flashback della ragazza può far pensare a qualcosa di simile) o più probabilmente un modo rischiosamente eccitante di vivere per un’adolescente che pare annoiarsi facilmente, priva di veri interessi e stimoli (anche in questo caso, il suo racconto-flashback può portare a formulare tale ipotesi).
Quasi inutile dire dunque che si tratta “all’incirca” di un – come si dice più volte – bel film o dintorni, ma, come spesso accade in Ozon, con l’eccezione di Sotto la sabbia, tutti questi elementi interessanti non sembrano ben riunirsi e ritrovarsi per volare verso la costruzione di un’opera veramente grande: c’è un po’ la strisciante sensazione di trovarsi di fronte alla stucchevole eccellenza di un compito ben fatto.
Insomma, l’indubbiamente dotato regista francese non sembra nemmeno in questo caso riuscire a far uscire il film dalla sua area e dal suo perimetro per farlo veramente accedere all’aria aperta del territorio di un po’ di vero sublime cinematografico.
Daniel Montigiani
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