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Architectural Workshop
Architectural Workshop
Letting the
flowers blossom
Articolo di Miso Rasic
Come ci dice il titolo, Letting the flowers blossom (lasciando che il fiore fiorisca) così anche lo spazio urbano, come ogni realtà, deve avere un suo tempo di maturazione e di sviluppo, inoltre, deve adattarsi all’am-biente circostante, ma alla fine nessuno può garantire il successo della sua realtà (infatti, dove possiamo verificare il risultato positivo di uno spazio urbano?). Non è raro anche però che questo spazio, dopo aver trovato e vissuto il suo momento migliore, una volta esaurito e sfinito completamente, diventa successivamente abbandonato, distrutto, dimenticato.
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Detto questo,
sappiamo allora che non esistono solo le guerre che portano
distruzione, come è stato nel caso di Mostar (di cui si onorano le
celebrazioni del ventennale dalla distruzione), anche perché
inconsapevolmente noi gente comune combattiamo certune guerre tutti i
giorni, contro noi stessi, contro la società, contro tutto e contro
tutti, mai sapendo perché.
Alla fine trovandoci davanti una rovina cittadina, non conosciamo più la sua derivazione, ma percepiamo solo la nullità dello spazio vuoto. Ma il degrado non dipende solo dal fatto dello spazio; il suo divenire dipende dai suoi habitants, dalla loro integrazione in società e soprattutto dalla voglia che ciò accada.
Da qui si apre una discussione che ci porta alla città di Prato, il comune italiano conosciuto per la sua enorme crescita in periodo di industrializzazione e che comprese e comprende in sé tantissimi immigrati, talmente tanti che oggi è la seconda città in Italia (subito dopo Milano) per numero di cittadini cinesi.
“La ‘Prato multietnica’ conta, secondo la media dei dati ufficiali e ufficiosi, circa ventimila cittadini cinesi, sia regolari che clandestini[1].”
Questo fenomeno ha creato un difficile processo di integrazione basandosi, soprattutto, a considerare più importanti certe questioni commerciali. La “Chinatown” di Prato si trova in Via Pistoiese ma con tantissime rami- ficazioni nella zona circostante. Questa zona è stata luogo di esplorazione e innovazione per i diversi studenti di architettura stranieri: cinesi, neozelandesi e italiani. I quali a loro volta hanno proposto diverse idee di sistemazione e integrazione della comunità cinese nella vita quotidiana pratese. Progettando e pensando soprattutto a ciò, vi sono diverse biblioteche, centri culturali e tutto quello che è necessario per far sentire la comunità cinese accettata e ambientata. Incrociamo le dita e speriamo che questo esperimento possa davvero diventare una possibilità di migliorare questo tipo di dimensioni della realtà, almeno in campo dell’architettura.
Alla fine trovandoci davanti una rovina cittadina, non conosciamo più la sua derivazione, ma percepiamo solo la nullità dello spazio vuoto. Ma il degrado non dipende solo dal fatto dello spazio; il suo divenire dipende dai suoi habitants, dalla loro integrazione in società e soprattutto dalla voglia che ciò accada.
Da qui si apre una discussione che ci porta alla città di Prato, il comune italiano conosciuto per la sua enorme crescita in periodo di industrializzazione e che comprese e comprende in sé tantissimi immigrati, talmente tanti che oggi è la seconda città in Italia (subito dopo Milano) per numero di cittadini cinesi.
“La ‘Prato multietnica’ conta, secondo la media dei dati ufficiali e ufficiosi, circa ventimila cittadini cinesi, sia regolari che clandestini[1].”
Questo fenomeno ha creato un difficile processo di integrazione basandosi, soprattutto, a considerare più importanti certe questioni commerciali. La “Chinatown” di Prato si trova in Via Pistoiese ma con tantissime rami- ficazioni nella zona circostante. Questa zona è stata luogo di esplorazione e innovazione per i diversi studenti di architettura stranieri: cinesi, neozelandesi e italiani. I quali a loro volta hanno proposto diverse idee di sistemazione e integrazione della comunità cinese nella vita quotidiana pratese. Progettando e pensando soprattutto a ciò, vi sono diverse biblioteche, centri culturali e tutto quello che è necessario per far sentire la comunità cinese accettata e ambientata. Incrociamo le dita e speriamo che questo esperimento possa davvero diventare una possibilità di migliorare questo tipo di dimensioni della realtà, almeno in campo dell’architettura.
According to the long-time Florentine tradition on intercultural dialogue - dating back to the Grand Tour of the 17th century - the cooperation between Florence and Auckland focuses on key-issues like cultural heritag, learning from the past, gardens and landscape and sustainability as terms of reference for a contemporary vision. A relationship of cooperation and exchange has existed between UNIFI and Unitec since 2006. This has involved collaboration and student exchange and is ongoing. Shandong Jianzhu University and Unitec have a relationship dating back to 2005 involving teaching, research and movement of students from China to New Zealand. During the years 2012-2013 the cooperation beetween Unitec and UNIFI had many aspects but commonly involves the delivery of parallel workshops on the same themes. The resulting dynamic confrontation between different solutions for the same sites, as is illustrated by the exercises shown here on Prato’s Chinatown, provides inspiratinal contrast and highly productive cross-fertilization of ideas (once again, letting a hundred flowers blossom?).
The collaboration stresses the following themes:
- The presence of the preexisting city as being itself project-forming .
- The city as work of art.
- A determination not to embalm the city but to learn from it.
- A belief that urban fabric is a living heritage.
- The question of how the city grows, what is replaced, what remains?
- An impulse to be inspired more by existing theory than by frenetic experimentation.
- A intention to learn from the history of Italian towns and to understand how they work.
The collaboration stresses the following themes:
- The presence of the preexisting city as being itself project-forming .
- The city as work of art.
- A determination not to embalm the city but to learn from it.
- A belief that urban fabric is a living heritage.
- The question of how the city grows, what is replaced, what remains?
- An impulse to be inspired more by existing theory than by frenetic experimentation.
- A intention to learn from the history of Italian towns and to understand how they work.
English text by Prof. Francesco Collotti and Prof. Tony van Raat
Collaborators of workshop:
Chris Keenan, Luca Piantini, Angelo Formichella, Serena Acciai, Giovanni Calabrese, Caterina Steiner, Giacomo Dallatorre, Niccolò Campanini and Annalisa Scarnera.
Chris Keenan, Luca Piantini, Angelo Formichella, Serena Acciai, Giovanni Calabrese, Caterina Steiner, Giacomo Dallatorre, Niccolò Campanini and Annalisa Scarnera.
Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportages diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Viviana Vacca e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Martina Tempestini Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
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