Codice ISSN: 2281-9223 Rivista d’arte diretta da F. Panizzo e V. Vacca - Numero XII mese di Ottobre, 2013 - Anno II
La poesia gira in folle:
Sylvia Plath
Articolo e traduzioni di Martina Tempestini |
|
Stasis in darkness Then the substanceless blue Pour of tor and distances (1962). - Sylvia Plath, Ariel -
|
Percorrendo il tema dell’amarezza e della sua bellezza, il pensiero è andato a Sylvia Plath poeta, alla strega, alla fattucchiera che intona formule incantatorie, che crea immagini non di cera o di argilla, bensì di parole. E proprio in virtù della tonalità e dell’ascendente che esse assumono al nostro orecchio, si ha l’impressione che la sua poesia si imponga come un’opera al nero – questione di toni e suoni e di potere dei suoni di racchiudere le percezioni della mente e del corpo in una orchestra acustica di intensità magica.
La malìa consiste infatti nella sua inequivocabile capacità di manipolare parole, che infilza con aghi, spilli, punteruoli: accenti, punti esclamativi o interrogativi, rappresentazioni simboliche dell’angoscia, ripetizioni rituali che hanno il sapore reattivo di creazioni contro ogni sorta di fobia, prodotto di creatività che gira in folle ma non a vuoto. |
Anzi, vorticando i versi prendono velocità, la mente si lancia in un volo talvolta indecifrabile, ma comunque alto, forte, sicuro. Vibrano sonorità inaudite, ritmi astratti, algebre esatte. Le parole e le immagini sprofondano nella carne, la feriscono; eppure dall’orlo della ferita qualcosa sgorga. Indipendente, un significante spezza il significato e si incarna in una lingua – che proprio come un corpo – ordina, comanda.
Ma il poeta che sappia trasferire nella voce umana la potenza dell’ombra non è detto che per questo l’addomestichi. La poesia non addomestica niente; non rende migliori, né chi la scrive né chi la legge dopo. È puro piacere. È pura emozione. Dà godimento. Spaventa. Fa tremare i polsi. È questione di respiro. Sylvia Plath ha il mito della purezza, si vorrebbe bianca, vergine, dura; tuttavia è ben consapevole che la purezza da sola non basta. Pure, le poesie non respirano. I polmoni non si riempiono d’aria, il cuore non batte. Ogni esistenza, che si voglia autentica, deve fare i conti con i propri demoni; è dal bruciante ed estenuante conflitto con gli spiriti demoniaci che l’atto di creazione ha inizio.
|
Il demone (o il genio) che guida Sylvia Plath è senza dubbio l’amore. L’unico vincolo alla realtà, ciò che dispiega il senso del suo stare al mondo e la tiene ancorata alle creature, alle cose, ai paesaggi. Ma Amore, si sa, è una divinità bifronte, l’altra sua faccia è l’odio. La notte oscura dell’anima sbocca allora all’inferno, l’anima cade nell’odio – non c’è niente da amare, l’ascesa verso la redenzione precipita nella ribellione. L’odio, sì. Come si fa a negarlo? E con l’odio la rabbia? È la reazione alla delusione, la percezione che la corrispondenza tanto attesa tra la sfera simbolica e la risposta del reale è fallita, niente combacia. Non ci sono sconti al male di vivere, sembra dirci la Plath. Scrivere non redime. Il buio è nella materia. Il nero è nelle cose. Il male è nella creazione. Solo la morte può condurci alla purezza, alla luce. È così che l’ombra esce dallo specchio e divora il corpo e lei, che aveva sempre sentito il bisogno di sentirsi reale, si scuce, si dis-crea.
Personalmente credo che la vita difende altra vita, e combatte. Ecco, in nome di questa lotta il cuore e la mente del poeta cercano poesia, che è vita. Uno schizzo di sangue che sgorga e non si arresta.
Personalmente credo che la vita difende altra vita, e combatte. Ecco, in nome di questa lotta il cuore e la mente del poeta cercano poesia, che è vita. Uno schizzo di sangue che sgorga e non si arresta.
Edge
The woman is perfected. Her dead Body wears the smile of accomplishment, The illusion of a Greek necessity Flows in the scrolls of her toga, Her bare Feet seem to be saying: We have come so far, it is over. Each dead child coiled, a white serpent, One at each little Pitcher of milk, now empty. She has folded Them back into her body as petals Of a rose close when the garden Stiffens and odors bleed From the sweet, deep throats of the night flower. The moon has nothing to be sad about, Staring from her hood of bone. She is used to this sort of thing. Her blacks crackle and drag. 5 February 1963 |
Limite
La donna è ora perfetta. Il suo corpo morto indossa il sorriso della compiutezza, l’illusione di una necessità greca sgorga tra le pieghe della toga, i suoi piedi nudi sembrano dire: siamo arrivati fino a qui, è finita. Bambini morti si sono avvolti, bianco serpente, ognuno attorno alla sua piccola brocca di latte, ora vuota. Lei li ha presi di nuovo dentro sé, petali di rosa che si schiudono quando il giardino si infittisce e sanguinano profumi dalle dolci gole profonde del fiore notturno. Ha niente per cui essere triste la luna dal suo cappuccio d’osso spettatrice, Abituata a questo genere di cose i suoi neri crepitano e tirano. 5 febbraio 1963 |
|
Martina Tempestini
|
Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportages diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Viviana Vacca e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Francesco Panizzo Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati