La fotografia di Carlo Tagliaferri, giovane “fotoamatore”, tale si definisce, scorge un elemento che è indifferibile e che non può essere derubricato come semplicemente “macrofotografico”, seppure gran parte della sua produzione si inserisca in questo solco. Carlo è molto giovane, ma ha già la consapevolezza della poetica che promana e che riesce a esprimere attraverso la sua produzione, diversa, molti i ritratti e i paesaggi: ma è nella natura e nella sua vivacità e portata dirompente, sempre sorprendente, che l’autore trova la sua ispirazione più lampante. Carlo agisce nella scoperta, non si sofferma sul convenzionale, ma vuole andare oltre a esso, indagando le bellezze e le strutture che il mondo ci propina, soprattutto se appartenenti a quell’universo, che affascina l’autore: quello degli insetti.
Carlo trova il momento giusto, stando per diverso periodo davanti al soggetto, in cui immortalare l’essere e decifrarne, quasi decriptarne, quei messaggi che provengono dallo stesso, inserito nel contesto generale, la natura, il paesaggio. Carlo è sempre pronto a una ricerca artistica, mai appagato dei risultati raggiunti, e mai soddisfatto di ciò che propone attraverso il suo punto di vista. L’autore ama sperimentare nuove impostazioni tecniche, nuovi tempi di esposizione, nuovi punti di vista, nuove luci, che riesce sempre a combinare con cura e con destrezza, nuove prospettive, affinché possa sempre più incisivamente stimolare lo spettatore nel rivivere quelle emozioni e quelle sensazioni che lui stesso ha provato. L’aspetto evolutivo della sua produzione consiste soprattutto nella sua consapevolezza dell’incompletezza dell’opera raggiunta, cercando di andare oltre al dato oggettivo raggiunto, proponendo un percorso magmatico che incessantemente cerca di toccare, sempre più in profondità, la descrizione di stati d’animo, espressi attraverso la reinterpretazione della natura. In Carlo Tagliaferri la natura non è solamente l’elemento visuale e percettivo tangibile, ma diventa alfabeto immaginifico di moti d’animo che ci propongono nuove dimensioni emotive. È in questo ambito che vorrei, sempre nella macrofotografia della natura, evidenziare quel naturismo che nutre Carlo di sempre maggiori, nuovi e inaspettati, stimoli compositivi. Il naturismo, però, nel giovane autore, si unisce a quella componente che, solo apparentemente, sembrerebbe estranea al mondo della fotografia: l’espressionismo.
L’ottica e il moto d’animo di Carlo si professano come elementi di conduzione e di lettura della sua opera, reinterpretando quasi la realtà, giocando molto sulle luci, sulle ombre, sulla loro calibrazione, sul gioco di riflessi, che si affievoliscono nel procedere della prospettiva, spesso gli stessi fondi sono quasi, e volutamente, sfuocati, proprio per temperarne la portata, dandone una visione quasi onirica, indefinita e, pertanto, luogo astratto di contemplazione. In primo piano si evidenzia, così, lo stesso soggetto immortalato, che diventa quasi espressivo, fortemente incisivo, comunicativo: è qui che si esplica quel lato di riflessione e di riproposizione del reale, andando oltre l’elemento tangibile, evidente superficialmente, ma incamminandosi verso una dimensione più penetrativa e, quindi, emotiva e interiore.
Leggo nella produzione di Carlo una tendenza al pittorialismo: le luci diventano quasi colori, tinte ben calibrate e ben definite, seppure si attenuino in quegli spazi dove occorre che si attenuino, che ci danno la constatazione del lato emotivo interiore dell’autore, donandoci e aprendoci itinerari interpretativi non privi di sensazioni. La mano e l’occhio di Carlo sono fermi in quanto non si trovano filtri mediati interpretativi: è sicura, certa e autorevole la sua ottica e la sua capacità compositiva, perché sinceri e immediati sono il suo punto di vista, gli obiettivi da lui stesso prefissati e da raggiungere e, infine, il significato che vuole attribuire all’opera. L’autore non solo risulta coerente, ma anche convincente e onesto con se stesso soprattutto nella fase di preproduzione dell’opera e di individuazione del soggetto da rappresentare.
Il tempo si ferma nella produzione macrofotografica di Carlo: ed è l’aspetto di eternità che ci porta a leggere l’universalità dell’immagine immortalata, tanto da assaporare quella magia che promana dalla fotografia e che consiste nel saper dare rilievo a un momento, facendolo assurgere a luogo spaziale, emotivo, fisico e astratto: infinito nella sua portata lirica. La produzione macrofotografica di Carlo si suddivide in stagioni, narrando quel percorso che è scenografia della nostra vita, dell’esistenza di un intero cosmo: opera d’arte già di per se, spazio estetico che ci porta a considerare l’armonia della realtà nella quale è inserito.
La fotografia diventa, così, significante di un significato
interiore, in cui la realtà non è altro che “mezzo” e strumento per poterlo
esprimere appieno. Se qualcuno ha ancora il dubbio di ritenere la fotografia
disciplina artistica completa e autorevole può accedere al percorso proposto
dal giovane autore, ricco di narrativa e di liricità, tanto da renderci
consapevoli della potenzialità poetica esplicativa e comunicativa della
fotografia nella sua definizione e nella sua espressione pubblica.
Alessandro Rizzo
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