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Ninotchka
Un film di Ernst Lubitsch
Articolo di Daniel Montigiani
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Greta Garbo non solo è stata una delle poche star a Hollywood nate nel corso degli anni Venti a sopravvivere all’avvento del sonoro, ma è proprio anche grazie alla sua voce che è riuscita a proseguire la sua carriera, addirittura aumentandone il successo. Nel 1930, fra le varie strategie per pubblicizzare il suo primo film parlato Anna Christie, vi era la sintetica ma arguta esclamazione Garbo talks!, la Garbo parla, per la prima volta la Diva mette in mostra la propria voce.
Nel 1939, per Ninotchka di Ernst Lubitsch, una delle strategie pubblicitarie attua una sorta di ripe- tizione con variante, inserendo nelle locandine l’es- clamazione Garbo laughs!, la Garbo (questa volta) ride, per la prima volta, ci informa la Metro Golden Meyer, la Diva si fa sorriso, la diva finalmente (si) permette sorrisi. In verità ciò è parzialmente errato, poiché l’attrice era già stata “vista” ridere qualche anno prima ne La Regina Cristina.
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È però vero che, finalmente, con Ninotchka la
signora di Stoccolma, conosciuta fino a quel momento principalmente
per le sue parti di eroine drammatiche e malinconiche, diviene davvero la proteiforme protagonista di una commedia. La Garbo riesce veramente a suscitare la bellezza di una risata, grazie soprattutto alla sua sentita e altera interpretazione della inizialmente severa russa, convinta comunista Nina che raggiunge tre suoi bislacchi compagni a Parigi per rimettere a posto una situazione di governo e gioielli, ma che finirà per innamorarsi di un “tremendo capitalista” con conseguenze esilaranti.
La Garbo, addirittura, quasi genialmente, attraverso la sua mutante eleganza, riesce qui a far ridere ancor prima che sia lei a mettersi a farlo, anche quando si comporta da donna fin troppo rigida, insensibile, indifferente all’ironia degli altri. La riproposizione nelle sale di Ninotchka in lingua originale con sottotitoli è un’ottima occasione non soltanto per assistere a una delle commedie più sofisticate della “golden
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age” di Hollywood, ma
anche alla non indifferente capacità recitativa della Garbo, alla sua
perfetta interpretazione di un ruolo da commedia. La sceneggiatura perfetta di Billy Wilder e il cinema classico del “Lubitsch touch” si uniscono continuamente per far emergere sotto l’apparentemente innocente veste della commedia un finissimo pugno polemico e aggraziato, riuscendo ad applicare sia al mondo occidentale che a quello sovietico della critica elegantemente feroce ma mai letale, come se provenisse da un velo setoso con i perimetri lievemente bagnati da un sottile acido non troppo corrosivo ma certamente fastidioso.
Ninotchka non smentisce minimamente il pulsare cinematografico di Lubitsch, il quale, con la sua solita classe registica, rispetta in maniera perfettamente, ossessivamente “nauseante” lo sti- le invisibile, lineare, narrativamente perfetto e limpido del cinema classico, senza osare minimanete qualche movimento un poco più “eccentrico” rispetto alla norma, caratteristica che invece aveva a momenti ben utilizzato nell’altro suo classico Partita a quattro.
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Ma il film cerca anche di provocare un
sentimento di “gioiosa e curiosa ansia” nello spettatore, in questo caso
elevato al quadrato. In primis, infatti, lo spettatore attende l’arrivo della Garbo, assolutamente assente nel corso dell’inizio della pellicola. In secondo luogo,
una volta giunta stupendo con un vestito fin troppo severo e antiglamour
insieme a un meraviglioso broncio che porterà avanti per non poco tempo, lo
spettatore torna ad attendere, ma,
questa volta, che la Garbo rida. La
Garbo, pur risultando sempre una sorta di naturale autrice del proprio carisma
altero dato da una misteriosa e irraggiungibile oscurità lunare, viene in
particolar modo all’inizio mostrata attraverso modalità un poco diverse
rispetto al solito.
La sua primissima comparsa, infatti, avviene in maniera quasi clamorosamente distratta, ovvero sul fondo di un campo lungo, nel momento in cui la diva è appena scesa dal treno alla stazione di Parigi.
Subito dopo le viene, sì, dedicato un primo piano in perfetto stile classico dove l’importanza del volto ha il primato e la centralità rispetto allo sfondo, ma con un cappello tutt’altro che elegante che sembra quasi schiacciare buffamente la sua pur sempre splendida e irraggiungibile espressività. Ninotchka, dunque, al di là del suo indubbio valore, ci fa capire come la Garbo, che parli o rida, reciti piuttosto bene. Daniel Montigiani
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Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
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