Codice ISSN: 2281-9223 Rivista d’arte diretta da F. Panizzo - Numero XI mese di Settembre, 2013 - Anno II
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La scrittrice palermitana Concetta Brancato ha scritto tre monologhi al femminile rivisitando le figure di Ecuba, Alcesti e Proserpina. Tre monologhi che verranno rappresentati il 22 settembre, in occasione della "Settimana delle culture", al teatro Massimo di Palermo.
Tenendo presente questo contesto allora mi chiedo: quale insegnamento Ecuba, Alcesti, Proserpina possono darci oggi? E quale idea di famiglia ci trasmettono queste tre signore? Prendiamo Ecuba. Diviene moglie di Priamo, ha rapporti erotici con un dio come Apollo (forse un bell’imbusto del tempo) e poi dopo essere diventata schiava di Ulisse si trasforma in cagna. Intanto Priamo, per assecondare il suo diletto sessuale, istituisce la poligamia. Ecuba è, dunque, una figura straordinaria di concubina. Una concubina che diviene la regina della casa di Priamo. Anche oggi, se non m’inganno, ci sono esempi straordinari di concubine che diventano regine della casa di qualche signorotto o di qualche politico.
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Ma, allora, la concubina che cosa è? È la madre non vergine. E i suoi figli che destino avranno? Un ben triste destino come ci racconta Euripide.
È possibile, quindi, che una casa, una famiglia, si reggano su una concubina? Su una cagna? Questa tragedia ci narra come per una famiglia che si fondi su questa fantasia la rovina è certa. Anzi prescritta.
Veniamo ad Alcesti, la moglie di Admeto. Admeto è descritto da Euripide come un codardo che non vuole sacrificarsi, (forse uno sfaccendato alle dipendenze di mamma e papà come c’è ne sono tanti oggi). Nemmeno i genitori di lui vogliono sacrificarsi al posto del figlio incapace. Hanno altro a cui pensare. Magari erano degli imprenditori agricoli o forse commercianti da cui dipendeva il destino di una comunità. Sicuramente erano due rispettabili signori. E molto responsabili.
Al loro posto si sacrifica Alcesti, suicidandosi. Alcesti, dunque, è la donna che rinuncia al suo statuto intellettuale per farsi soggetto di un uomo incapace. Dopo un breve soggiorno nel regno dei morti (il regno del rimpianto e dei ricordi), Eracle la riporta sulla Terra nella casa di Admeto. Naturalmente, ciò che le rimane è il lutto perpetuo, la malinconia. Alcesti, infatti, non fa altro che compiangere se stessa. E qui Euripide si avvicina più alla satira che alla tragedia.
Veniamo ad Alcesti, la moglie di Admeto. Admeto è descritto da Euripide come un codardo che non vuole sacrificarsi, (forse uno sfaccendato alle dipendenze di mamma e papà come c’è ne sono tanti oggi). Nemmeno i genitori di lui vogliono sacrificarsi al posto del figlio incapace. Hanno altro a cui pensare. Magari erano degli imprenditori agricoli o forse commercianti da cui dipendeva il destino di una comunità. Sicuramente erano due rispettabili signori. E molto responsabili.
Al loro posto si sacrifica Alcesti, suicidandosi. Alcesti, dunque, è la donna che rinuncia al suo statuto intellettuale per farsi soggetto di un uomo incapace. Dopo un breve soggiorno nel regno dei morti (il regno del rimpianto e dei ricordi), Eracle la riporta sulla Terra nella casa di Admeto. Naturalmente, ciò che le rimane è il lutto perpetuo, la malinconia. Alcesti, infatti, non fa altro che compiangere se stessa. E qui Euripide si avvicina più alla satira che alla tragedia.
Occorre allora chiedersi: su quali basi si edifica una famiglia dove, da una parte, c’è un marito incapace e, dall’altra, una donna che vive con la testa rivolta all’indietro? Veniamo a Proserpina che è la versione romana della dea greca Persefone o Kore. Il ratto di Proserpina è un mito notissimo che appartiene alla tradizione pagana siciliana. Proserpina è una bellissima giovane. Un tale di nome Plutone, forse un rude contadino superstizioso e crudele, la vede aggirarsi nei paraggi di Enna. Se ne innamora e la rapisce. Plutone fa di Proserpina la regina della sua casa. Una casa particolare quella di Plutone, una casa senza tempo: la casa dei morti affaccendati. Proserpina diviene così regina di quell’inferno e per ricambiare tale onore rende la vita infernale a Plutone. I due litigano, si coprono di insulti, si battono. Esausti alla fine arrivano a un compromesso.
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Ogni sei mesi lei ritorna da mamma per rigenerarsi e lui può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Lungo il filo di questa mia particolare parodia del mito di Proserpina, allora mi chiedo e ti chiedo: quale famiglia si può costruire con una donna infernale, capricciosa e bizzarra? E quale il destino di questa famiglia? Ecco Concetta, io credo che queste tre figure di donna siano una fantasia maschile intorno al tempo e all’Altro. Intorno all’idea di risparmiare e di economizzare il tempo e di padroneggiare l’Altro. Infatti questi tre tipi di donna rappresentano la donna conosciuta. Una donna senza malinteso e senza enigma della differenza sessuale.
Per quanto mi riguarda credo che oggi un’idea di famiglia passi attraverso l’impresa. Un’impresa dove il tempo interviene a scandire una giornata strutturata dai giochi e dalle invenzioni del narcisismo.
Enrico Ratti
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