Apparizioni rubrica diretta da Francesco Panizzo
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Rivista d'arte
diretta da F. Panizzo e V. Vacca |
Le plus urgent ne me paraît pas tant de défendre une culture dont l’existence n’a jamais sauvé un homme du souci de mieux vivre et d’avoir faim, que d’extraire de ce que l’on appelle la culture, des idées dont la force vivante est identique à celle de la faim. |
Sul lato crudele della canicola: la poesia di Michel Houllebecq Un adagio di Edoardo Sanguineti lancia i suoi strali nel futuro: “Non esiste giustificazione possibile, oggi, per una nozione di letteratura, se non l’idea della cru- deltà: che significa, ancora e sempre «rigueur, ap- plication et décision implacable, détermination ir- réversible, absolue». Si finge di credere, o si crede davvero — che è assai peggio — che l’orizzonte di questa idea sia specificamente ed esclusivamente |
Ma si sa, o si dovrebbe sapere, anche, che proprio per mezzo di una simile specificazione (ed esclusione, in realtà), questa idea viene resa innocente – ed è già, per noi, un’idea che ha la forza della fame, e che non si riesce adeguatamente a reprimere, in effetti, ma soltanto a distorcere, nella cultura d’oggi. Per non rendere innocente la crudeltà è necessario non attuare pratiche di idee tecniche, ma sottolinearne la lucidità. Lucidità che diventa un appetito di vita, di rigore cosmico, tale da rendere possibile il passaggio da un profit d’acteur a un profit de joisseur.
Artistico. Per la creazione di uno spazio – quello letterario della crudeltà – in cui la parola è in grado di porsi come dimensione cinico-violenta, apertura di uno spazio di significazione che incide nel mondo prima delle cose stesse.
Artistico. Per la creazione di uno spazio – quello letterario della crudeltà – in cui la parola è in grado di porsi come dimensione cinico-violenta, apertura di uno spazio di significazione che incide nel mondo prima delle cose stesse.
Ma la crudeltà
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e la dimensione crudele della parola – incontra anche la dimensione della stanchezza. E del riposo. Un’intermittenza gelida fa riposare il cinismo crudele di Configuration du dernier rivage (Flam-marion, pag. 100, euro 15, Bompiani lo pubblicherà il prossimo anno) dello scrittore francese Michel Houellebecq: sospeso tra l’ultima spiaggia e la distesa grigia che dà il titolo alla prima delle cinque parti dell’opera, il grigio (le grise) di Houllebecq intossica e stordisce. Weekend lungo in zona 6; Memorie di un pene; I paraggi del vuoto; Plateau: sono le sezioni, piccoli poemi desolati secondo la notazione dell’autore che rendono vano il tentativo della luce di penetrare le trame soffocanti delle cose. I versi sono brevi, perlopiù in rima, la lunghezza delle poesie variabile. La presenza di aforismi isolabili dal contesto è tale che wikiquote ne farà la sua nuova miniera: H. non crede alla reincarnazione, o piuttosto non vuole saperlo; la conoscenza sarebbe incapace di portare sofferenza: essa si rivela invece insignificante; «L’universo ha la forma di un semicerchio che si muove con regolarità in direzione del vuoto». Ci sono un paio di «odi», Absences de durée limitée e HMT, divise in più parti e della durata di qualche pagina, al-
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cune contaminazioni con lo stile diaristico e alcune poesie, fulminanti e caustiche, che non superano i quattro versi, specie in Memorie di un pene.
Quando non si hanno più erezioni, spiega il pene in versi che ricordano
Philip Larkin e le sue Finestre alte
(Einaudi), tutto diventa opzionale, restano solo piaghe e sofferenze ad
affliggere il corpo. Eppure, è proprio in quel momento che tutto diventa «d’un
sol colpo più reale».
Reale come il sole che, ogni giorno, si alza per ripiombare
sulla città. E su chi è sopravvissuto alla litania di morte della notte, ai
suoi tarli. Ancora una volta, «oggi avrà luogo», come una maledizione, come una
condanna.
Così i versi di Houellebecq ci accolgono, alla prima pagina. E quelle che seguono non fanno che ripiegarsi su questa inalienabile (alienante) certezza. All’infinito, verrebbe da dire, ma spiacente qui tutto è finito. È la luce del giorno a svelare, dal sorgere al suo scemare, il dramma: sul metrò, al supermercato, in discoteca, per le strade di una città affollata eppure irrimediabilmente fantasma. La canicola acceca nel suo dramma semplice: “l’appartenenza” del- l’uomo al suo corpo, ai limiti e alle necessità (il sesso, la fame, lo stesso respiro) che esso gli impone. Il corpo ostacolo e insieme filtro e mezzo di comunicazione col mondo, o meglio con gli oggetti che lo popolano, che lo delimitano anzi come blocchi di cemento. Le parole crudeli sono soprattutto musicali, capaci di inanellarsi come le strofe d’un canta-storie nonostante il gelo con cui ti prendono lo stomaco.
Piace pensare – a chi, nonostante tutto, ricerca la possibilità di un’isola – che sia abbastanza crudele anche la voce di Michel Houellebecq.
Così i versi di Houellebecq ci accolgono, alla prima pagina. E quelle che seguono non fanno che ripiegarsi su questa inalienabile (alienante) certezza. All’infinito, verrebbe da dire, ma spiacente qui tutto è finito. È la luce del giorno a svelare, dal sorgere al suo scemare, il dramma: sul metrò, al supermercato, in discoteca, per le strade di una città affollata eppure irrimediabilmente fantasma. La canicola acceca nel suo dramma semplice: “l’appartenenza” del- l’uomo al suo corpo, ai limiti e alle necessità (il sesso, la fame, lo stesso respiro) che esso gli impone. Il corpo ostacolo e insieme filtro e mezzo di comunicazione col mondo, o meglio con gli oggetti che lo popolano, che lo delimitano anzi come blocchi di cemento. Le parole crudeli sono soprattutto musicali, capaci di inanellarsi come le strofe d’un canta-storie nonostante il gelo con cui ti prendono lo stomaco.
Piace pensare – a chi, nonostante tutto, ricerca la possibilità di un’isola – che sia abbastanza crudele anche la voce di Michel Houellebecq.
Viviana Vacca
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