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Rivista d'arte
diretta da F. Panizzo e V. Vacca |
VOX 5
Analisi di VOX-5 (1986), di Trevor Wishart
Analisi di VOX-5 (1986), di Trevor Wishart
Articolo di Roberto Zanata
VOX-5 è un lavoro interamente elettroacustico per 4 canali (ma esiste
anche una sua riduzione stereo che è quella su cui viene condotta questa
analisi) che crea al centro del palcoscenico una “supervoce” le cui
articolazioni si trasfigurano in eventi naturali, immagini della
creazione e della distruzione del mondo, connesse appunto alla “voce di
Shiva”.
All’inizio del mito c’era il nulla e le tenebre. Shiva, con la sua “supervoce” ha poi creato il mondo secondo il principio adami- tico di dare il nome alle cose. Al fine di rendere sonoramente questa immagine simbolica (si pensi in proposito al suggestivo scritto di Marius Schneider La musica primitiva - Adelphi, Mi- lano 1992, in cui si afferma che “gli dei sono canti” e che l’origine del mondo è un’origine sonora, una vibrazione, e che cerca di ricostruire un’ardita cosmologia basata sull’articolazione di una “sostanza sonora” tale da illuminarci sulle speculazioni vediche) Wishart fa uso di molteplici trasformazioni del materiale sonoro basato sulla voce e suoni naturali. |
Si può così ascoltare nella composizione che all’emissione vocale (per lo più sillabica o consonantica) da parte del- la “supervoce” scaturisce ogni volta una nuova creazione sonora e che ogni evento del paesaggio sonoro in cui essa si articola è frutto della generazione della “supervoce” di Shiva.
Wishart sembra convinto che attraverso l’utilizzo di una metafora concreta, piuttosto che con un dire esplicito, si possa raccontare una storia non nel senso comune del termine (nel senso della fabula), ma disvelandone le strutture e le relazioni nel tempo. Ascoltando Vox 5 si ha in effetti la sensazione che ogni primitiva del materiale sonoro sia stata utilizzata per simboleggiare un oggetto nel mondo reale. Ma non solo, mi pare inoltre si possa affermare senza errore che l’intento di Wishart consista nel voler connettere attraverso la creazione dei suoi paesaggi sonori una sorta di collegamento tra mondo virtuale e mondo reale. E perché l’operazione funzioni, diventa altrettanto obbligata la sua scelta di rifarsi a sorgenti sonore facilmente riconoscibili, che non richiedano all’ascoltatore tempi di riconoscimento lunghi o eventuali esitazioni. Si pone a questo punto imprescindibile entrare in media res all’analisi delle fonti sonore che contraddistinguono VOX-5.
- Analisi dei materiali -
VOX-5 include numerose fonti sonore che per chiarezza espositiva possono essere distinte in due classi.
La prima classe è quella che riguarda i materiali vocali utilizzati per creare la “supervoce” di Shiva. Parte di questi materiali vengono combinati attraverso l’uso di fonemi e consonanti. La loro funzione è il più delle volte di “attacco”, ovvero fanno da incipit, in occasione della trasformazione del suono. La durata di questo materiale è per lo più assai breve. All’ascolto si può notare che il materiale vocale ha sempre la funzione di indicatore del punto di partenza di una nuova costruzione all’interno del paesaggio sonoro. La “supervoce” centrale, in altri termini, sembra funzionare da organo regolatore, crea la sensazione di una presenza che racchiude in sé tutto, e dalla quale si staccano pezzi sonori che mutano, girano intorno all’ascoltatore, lasciando però l’impressione di appartenere sempre alla grande vo- ce centrale. Appartiene sempre all’ambito del materiale vocale l’ululato che fa la sua apparizione nella composizione al minuto 1’16 e tutto ciò che può rientrare nella tipologia del “mormorio” o “bisbiglio” (in particolare nella zona del brano che anticipa e segue il suono del ronzio delle api) - cioè il suono di sibilanti, costituenti rumorose dell’emissione vocale, turbolenze, arpeggi di labbra con le dita.
La seconda classe di oggetti sonori che entrano a fare parte del brano VOX-5 sono i suoni che sono esplicitamente ricavati da eventi naturali. In linea di massima essi sono tutti quei suoni che non fanno riferimento a materiali vocali. Il cicaleccio di cornacchie con cui inizia la composizione fornisce un valido esempio, perché a un ascolto attento si può notare che esso viene combinato con molteplici tessiture sonore (turbolenze). A volte lo sentiamo arrivare da lontano, altre volte ci appare come vicino, offrendo in questo modo un campo di profondità del paesaggio sonoro in questione.
A questa classe appartengono naturalmente molte altre espressioni sonore naturali, fortemente referenziali, contenute nella composizione quali: il suono del vento, il suono della pioggia, il frastuono dei tuoni, il ronzio di uno sciame di api, il nitrito di un cavallo, il pianto di un bambino (metaforicamente l’unico suono umano). È interessante rimarcare, a questo proposito, quanto sostiene Tom Williams quando afferma che a suo avviso non sono contenuti in VOX-5 suoni meccanici (se si eccettua un pianto urlo meccanizzato). Williams fa alcuni esempi di ambiguità metaforica nonché di formazioni-modellature a partire da una fonte sonora (la voce) in un’altra apparentemente diversa: è il caso dello sparo di pistola al minuto 4’08 (che è voce) – maggiormente comprensibile ad un ascolto a velocità molto più lenta. O ancora il caso delle campane, generate per mezzo di uno stiramento della voce.[1]
- VOX-5 tra macro e micro forme
In VOX-5, che dura in tutto sei minuti, possono essere individuate tre macro forme. La prima è quella che va da 0’ a 1’16, che qui per facilità di esposizione chiameremo “drammatizzazione A”. La seconda è quella che va da 1’16 a 4’18, “drammatizzazione B”. La terza, infine, da 4’18 a 6’, “drammatizzazione C”. “Drammatizzazione A” è caratterizzata fondamentalmente dal suono del vento, dal cicaleccio di cornacchie e il tipico suono “bubbles”. “Dram-matizzazione B”, sicuramente la più complessa da analizzare perché assai articolata di tessiture e ricca di materiale sonoro, contenente le trasformazioni sonore più rilevanti. Essa è caratterizzata dalla presenza della parte vocale-discorsiva. “Drammatizzazione C” è caratterizzata dal paesaggio sonoro costituito dal suono della pioggia e dei tuoni. Vediamo ora di prenderle in considerazione una alla volta per individuare le micro forme che ciascuna di essa con- tiene al suo interno.
Wishart sembra convinto che attraverso l’utilizzo di una metafora concreta, piuttosto che con un dire esplicito, si possa raccontare una storia non nel senso comune del termine (nel senso della fabula), ma disvelandone le strutture e le relazioni nel tempo. Ascoltando Vox 5 si ha in effetti la sensazione che ogni primitiva del materiale sonoro sia stata utilizzata per simboleggiare un oggetto nel mondo reale. Ma non solo, mi pare inoltre si possa affermare senza errore che l’intento di Wishart consista nel voler connettere attraverso la creazione dei suoi paesaggi sonori una sorta di collegamento tra mondo virtuale e mondo reale. E perché l’operazione funzioni, diventa altrettanto obbligata la sua scelta di rifarsi a sorgenti sonore facilmente riconoscibili, che non richiedano all’ascoltatore tempi di riconoscimento lunghi o eventuali esitazioni. Si pone a questo punto imprescindibile entrare in media res all’analisi delle fonti sonore che contraddistinguono VOX-5.
- Analisi dei materiali -
VOX-5 include numerose fonti sonore che per chiarezza espositiva possono essere distinte in due classi.
La prima classe è quella che riguarda i materiali vocali utilizzati per creare la “supervoce” di Shiva. Parte di questi materiali vengono combinati attraverso l’uso di fonemi e consonanti. La loro funzione è il più delle volte di “attacco”, ovvero fanno da incipit, in occasione della trasformazione del suono. La durata di questo materiale è per lo più assai breve. All’ascolto si può notare che il materiale vocale ha sempre la funzione di indicatore del punto di partenza di una nuova costruzione all’interno del paesaggio sonoro. La “supervoce” centrale, in altri termini, sembra funzionare da organo regolatore, crea la sensazione di una presenza che racchiude in sé tutto, e dalla quale si staccano pezzi sonori che mutano, girano intorno all’ascoltatore, lasciando però l’impressione di appartenere sempre alla grande vo- ce centrale. Appartiene sempre all’ambito del materiale vocale l’ululato che fa la sua apparizione nella composizione al minuto 1’16 e tutto ciò che può rientrare nella tipologia del “mormorio” o “bisbiglio” (in particolare nella zona del brano che anticipa e segue il suono del ronzio delle api) - cioè il suono di sibilanti, costituenti rumorose dell’emissione vocale, turbolenze, arpeggi di labbra con le dita.
La seconda classe di oggetti sonori che entrano a fare parte del brano VOX-5 sono i suoni che sono esplicitamente ricavati da eventi naturali. In linea di massima essi sono tutti quei suoni che non fanno riferimento a materiali vocali. Il cicaleccio di cornacchie con cui inizia la composizione fornisce un valido esempio, perché a un ascolto attento si può notare che esso viene combinato con molteplici tessiture sonore (turbolenze). A volte lo sentiamo arrivare da lontano, altre volte ci appare come vicino, offrendo in questo modo un campo di profondità del paesaggio sonoro in questione.
A questa classe appartengono naturalmente molte altre espressioni sonore naturali, fortemente referenziali, contenute nella composizione quali: il suono del vento, il suono della pioggia, il frastuono dei tuoni, il ronzio di uno sciame di api, il nitrito di un cavallo, il pianto di un bambino (metaforicamente l’unico suono umano). È interessante rimarcare, a questo proposito, quanto sostiene Tom Williams quando afferma che a suo avviso non sono contenuti in VOX-5 suoni meccanici (se si eccettua un pianto urlo meccanizzato). Williams fa alcuni esempi di ambiguità metaforica nonché di formazioni-modellature a partire da una fonte sonora (la voce) in un’altra apparentemente diversa: è il caso dello sparo di pistola al minuto 4’08 (che è voce) – maggiormente comprensibile ad un ascolto a velocità molto più lenta. O ancora il caso delle campane, generate per mezzo di uno stiramento della voce.[1]
- VOX-5 tra macro e micro forme
In VOX-5, che dura in tutto sei minuti, possono essere individuate tre macro forme. La prima è quella che va da 0’ a 1’16, che qui per facilità di esposizione chiameremo “drammatizzazione A”. La seconda è quella che va da 1’16 a 4’18, “drammatizzazione B”. La terza, infine, da 4’18 a 6’, “drammatizzazione C”. “Drammatizzazione A” è caratterizzata fondamentalmente dal suono del vento, dal cicaleccio di cornacchie e il tipico suono “bubbles”. “Dram-matizzazione B”, sicuramente la più complessa da analizzare perché assai articolata di tessiture e ricca di materiale sonoro, contenente le trasformazioni sonore più rilevanti. Essa è caratterizzata dalla presenza della parte vocale-discorsiva. “Drammatizzazione C” è caratterizzata dal paesaggio sonoro costituito dal suono della pioggia e dei tuoni. Vediamo ora di prenderle in considerazione una alla volta per individuare le micro forme che ciascuna di essa con- tiene al suo interno.
“Drammatizzazione A”
Si apre (1) con una sorta di respiro ventoso che contiene al suo interno, leggermente mascherato, una serie di doppi “creaks” che ricordano il cigolio di una finestra (2) poi in maggiore evidenza (3) fino ai 20” ma che permangono anche dopo. Sempre fino a circa 20” le frequenze più alte sembrano essere leggermente filtrate. Il fischio del vento compare dopo circa 4”. In sottofondo entra il cicaleccio delle cornacchie a partire dai 14”. Intorno ai 30” (4), in concomitanza del rafforzare del vento, esso diventa più forte e va a impastarsi con il sopraggiungere del suono “bubbles”. Da dove Wishart tragga il suono “bubbles” non è chiaro. Williams, nel già citato articolo, ipotizza che derivi dall’elaborazione di un’espressione vocale. Ma i dubbi, restano. Enigmatica rimane, a mio avviso, anche la scelta di Wishart dell’utilizzo metaforico del suono “bubbles”, che farebbe pensare, almeno per questo caso specifico, al risultato di un processo compositivo più uditivo che mimetico.
È poco prima del primo minuto (5) che il cicaleccio delle cornacchie e il suono “bubbles” si mixano con maggiore evidenza alla tessitura del vento, portandoci con un crescendo dinamico fino all’inizio della “drammatizzazione B” che inizia a 1’16 con la prima esclamazione vocale.
“Drammatizzazione B”
Si apre con un’esclamazione di tipo voce-campana (phase vocoder) a cui segue immediatamente una sorta di ululato che, anche nella versione stereo qui presa in esame, si sviluppa spazialmente (1) per 17” nel movimento tra i due canali (l’intensità maggiore è nel canale destro). Prosegue con due attacchi consonantici molto brevi che schiudo- no, con una dissolvenza in entrata e una dissolvenza in uscita, una fascia rumorosa (turbinio) (2) realizzata con lo stiramento della voce, un inviluppo vocale centrale con modalità di sincope e coda sibilante (simile a bisbiglio) fino a 2’00.
Tra i 2’00 e i 2’07 (3) Wishart attacca 4 volte con dei brevi fonemi sul sottofondo di un vociare di folla. L’effetto drammaticamente è notevole, con grande valenza icastica, in quanto la “supervoce” realizza un efficace straniamento del paesaggio sonoro. Il climax si raggiunge subito dopo con il turbinio del vociare della folla, ora in maggiore risalto (4), che viene poi frenato a 2’14 per far entrare nuovamente la “supervoce” (5) che intona un nuovo fonema che presto culmina in un altro sibilante morphizzato con il ronzio delle api (6), e che si dissolve fino all’unico momento di silenzio della composizione a 2’38 in un nuovo bisbiglio (7). La trasformazione dei due suoni distinti voce-ronzio-voce avviene attraverso un passaggio impercettibile dall’uno all’altro. Il brano riparte a 2’40 con la ripresa del suono voce-campana (phase vocoder) in funzione di ostinato (8). Ciò ci porta, siamo a 3’03, allo sviluppo più complesso della parte centrale (9) di VOX-5 che si conclude a 4’18 - per la cui analisi ci serviremo di questa immagine a parte.
Si apre (1) con una sorta di respiro ventoso che contiene al suo interno, leggermente mascherato, una serie di doppi “creaks” che ricordano il cigolio di una finestra (2) poi in maggiore evidenza (3) fino ai 20” ma che permangono anche dopo. Sempre fino a circa 20” le frequenze più alte sembrano essere leggermente filtrate. Il fischio del vento compare dopo circa 4”. In sottofondo entra il cicaleccio delle cornacchie a partire dai 14”. Intorno ai 30” (4), in concomitanza del rafforzare del vento, esso diventa più forte e va a impastarsi con il sopraggiungere del suono “bubbles”. Da dove Wishart tragga il suono “bubbles” non è chiaro. Williams, nel già citato articolo, ipotizza che derivi dall’elaborazione di un’espressione vocale. Ma i dubbi, restano. Enigmatica rimane, a mio avviso, anche la scelta di Wishart dell’utilizzo metaforico del suono “bubbles”, che farebbe pensare, almeno per questo caso specifico, al risultato di un processo compositivo più uditivo che mimetico.
È poco prima del primo minuto (5) che il cicaleccio delle cornacchie e il suono “bubbles” si mixano con maggiore evidenza alla tessitura del vento, portandoci con un crescendo dinamico fino all’inizio della “drammatizzazione B” che inizia a 1’16 con la prima esclamazione vocale.
“Drammatizzazione B”
Si apre con un’esclamazione di tipo voce-campana (phase vocoder) a cui segue immediatamente una sorta di ululato che, anche nella versione stereo qui presa in esame, si sviluppa spazialmente (1) per 17” nel movimento tra i due canali (l’intensità maggiore è nel canale destro). Prosegue con due attacchi consonantici molto brevi che schiudo- no, con una dissolvenza in entrata e una dissolvenza in uscita, una fascia rumorosa (turbinio) (2) realizzata con lo stiramento della voce, un inviluppo vocale centrale con modalità di sincope e coda sibilante (simile a bisbiglio) fino a 2’00.
Tra i 2’00 e i 2’07 (3) Wishart attacca 4 volte con dei brevi fonemi sul sottofondo di un vociare di folla. L’effetto drammaticamente è notevole, con grande valenza icastica, in quanto la “supervoce” realizza un efficace straniamento del paesaggio sonoro. Il climax si raggiunge subito dopo con il turbinio del vociare della folla, ora in maggiore risalto (4), che viene poi frenato a 2’14 per far entrare nuovamente la “supervoce” (5) che intona un nuovo fonema che presto culmina in un altro sibilante morphizzato con il ronzio delle api (6), e che si dissolve fino all’unico momento di silenzio della composizione a 2’38 in un nuovo bisbiglio (7). La trasformazione dei due suoni distinti voce-ronzio-voce avviene attraverso un passaggio impercettibile dall’uno all’altro. Il brano riparte a 2’40 con la ripresa del suono voce-campana (phase vocoder) in funzione di ostinato (8). Ciò ci porta, siamo a 3’03, allo sviluppo più complesso della parte centrale (9) di VOX-5 che si conclude a 4’18 - per la cui analisi ci serviremo di questa immagine a parte.
Un nuovo attacco di voce-campana (phase vocoder) da il via a una
molteplicità di espressioni vocali-consonantiche (1-2-3) che sgranano e
si impastano con il turbinio del vociare della folla culminando a 3’20
in un nuovo ululato all’interno del quale (4) sembrano ricomparire (non
facilmente identificabili) tra la voce-campana (phase vocoder), in un
accelerando, anche sorgenti sonore precedentemente ascoltate, fino al
pianto-urlo meccanizzato a 3’52. A seguire un altrettanto complessa
tessitura sonora (5) in cui compaiono in una serie breve di gesti che
combinano trasfor- mazioni dalla voce al nitrito di un cavallo, il gemito
di un infante, lo sparo di una pistola, un arpeggiare di labbra e
probabilmente altro. E siamo arrivati alla fine della “drammatizzazione
B” a 4’18.
“Drammatizzazione C”.
Questa sezione finale di VOX-5 è principalmente costituita da un paesaggio sonoro in cui è predominante l’effetto mimetico del suono della pioggia e del frastuono di tuoni. Il primo tuono a 4’18 è piuttosto amplificato e artefatto con un verosimile taglio delle frequenze più basse e più alte. Subito dopo avvertiamo, nella dissolvenza del frastuono, la pioggia e intorno a 4’30 il secondo frastuono (1) che assume un connotato più realistico a 4’39. Proprio quasi a voler disilluderci da un semplicistico sviluppo narrativo-metaforico (ripetiamo che l’attività compositiva di Wishart non è volta alla fabula ma alla produzione di strutture sonore e alla volontà di modificare il suono non solo dal suo esterno ma anche dal suo interno), a questo punto ascoltiamo, immediatamente dopo il secondo frastuono, un nuovo eco della “supervoce-vocoder”.
A seguire, siamo circa a 4’48 un’evoluzione della “supervoce-vocoder” (con reminiscenze di ululato) in un glis- sando mixato alla pioggia, per poi farla riemergere più nitidamente nella sua timbrica vocoder a 5’03 con una coda di vibrato [fine di (1)]. Il terzo frastuono di tuono (2), a circa 5’20, è nuovamente più mimetico e il suo inviluppo ce lo fa apparire come se arrivasse da più lontano (3). Seguono 30 secondi (4) che, secondo una testimonianza che Williams[2] dice di aver raccolto dallo stesso Wishart, potrebbe rappresentare una sorta di cometa sonora risultato di massiccio stiramento di una precedente espressione del tipo voce-campana. Il brano si chiude a 6’00 con un breve e leggero intensificarsi in crescendo del suono-frastuono pioggia-tuono (5-6).
Manipolazione e strutturazione degli eventi sonori in Vox-5
VOX-5 deve gran parte delle sue manipolazioni sonore alla scoperta e all’utilizzo da parte di Wishart del phase vocoder originariamente sviluppato da M.Dolson. Il phase vocoder è un processo matematico per convertire un segnale campionato in una rappresentazione spettrale tempo-variante. Esso è computazionalmente efficiente quando viene implementato con la trasformata rapida di Fourier (FFT). In campo musicale esso viene impiegato come uno strumento di analisi e ri-sintesi del suono e la sua funzione principale è quella di manipolare lo scale del tempo e dell’altezza di un suono.
“Drammatizzazione C”.
Questa sezione finale di VOX-5 è principalmente costituita da un paesaggio sonoro in cui è predominante l’effetto mimetico del suono della pioggia e del frastuono di tuoni. Il primo tuono a 4’18 è piuttosto amplificato e artefatto con un verosimile taglio delle frequenze più basse e più alte. Subito dopo avvertiamo, nella dissolvenza del frastuono, la pioggia e intorno a 4’30 il secondo frastuono (1) che assume un connotato più realistico a 4’39. Proprio quasi a voler disilluderci da un semplicistico sviluppo narrativo-metaforico (ripetiamo che l’attività compositiva di Wishart non è volta alla fabula ma alla produzione di strutture sonore e alla volontà di modificare il suono non solo dal suo esterno ma anche dal suo interno), a questo punto ascoltiamo, immediatamente dopo il secondo frastuono, un nuovo eco della “supervoce-vocoder”.
A seguire, siamo circa a 4’48 un’evoluzione della “supervoce-vocoder” (con reminiscenze di ululato) in un glis- sando mixato alla pioggia, per poi farla riemergere più nitidamente nella sua timbrica vocoder a 5’03 con una coda di vibrato [fine di (1)]. Il terzo frastuono di tuono (2), a circa 5’20, è nuovamente più mimetico e il suo inviluppo ce lo fa apparire come se arrivasse da più lontano (3). Seguono 30 secondi (4) che, secondo una testimonianza che Williams[2] dice di aver raccolto dallo stesso Wishart, potrebbe rappresentare una sorta di cometa sonora risultato di massiccio stiramento di una precedente espressione del tipo voce-campana. Il brano si chiude a 6’00 con un breve e leggero intensificarsi in crescendo del suono-frastuono pioggia-tuono (5-6).
Manipolazione e strutturazione degli eventi sonori in Vox-5
VOX-5 deve gran parte delle sue manipolazioni sonore alla scoperta e all’utilizzo da parte di Wishart del phase vocoder originariamente sviluppato da M.Dolson. Il phase vocoder è un processo matematico per convertire un segnale campionato in una rappresentazione spettrale tempo-variante. Esso è computazionalmente efficiente quando viene implementato con la trasformata rapida di Fourier (FFT). In campo musicale esso viene impiegato come uno strumento di analisi e ri-sintesi del suono e la sua funzione principale è quella di manipolare lo scale del tempo e dell’altezza di un suono.
È lo stesso Wishart[3]
ha darci una mano indicando due delle principali tecniche da lui
utilizzate nell’atto compositivo: la manipolazione dello spettro e
l’interpolazione spettrale. In entrambi i casi, le sorgenti sonore o i
suoni stessi sono prima analizzati con il phase vocoder e poi
ri-sintetizzati. Le trasformazioni possono dipendere dal tempo o dalla
frequenza, in virtù di inviluppi che determinano lo spostamento dello
spettro, ottenendo delle azioni di mor- phing e streching sullo spettro
sonoro.
Molti sono gli esempi di trasformazioni di questo tipo che si possono ascoltare in Vox-5:
- da cicaleccio di cornacchie in suono “bubbles”
- da espressioni vocali sibilanti in voce
- da voce a suono di campana
- da fonemi in nitrito di cavallo e vociare di folla
- da espressioni vocali sibilanti in ronzio di api
- da gemito di bambino ad arpeggio di labbra con le dita
- da voce a nitrito di cavallo a frastuono di tuono
Tutti i suoni voce-campana (phase vocoder) sono il risultato di un’analisi e ri-sintesi, con stiramento delle parziali più alte del suono, dell’emissione di un non facilmente identificabile gruppo consonantico-vocale costituito da un attacco deciso seguito da una vocale aperta. L’ostinato con cui si ripresenta questo suono è sempre differente per quanto suoni sempre in modo molto simile. Esso sembra fare da cartina di tornasole nella strutturazione dell’intero brano. Compare, come abbiamo visto, in funzione di attacco, all’inizio della “drammatizzazione B” (1’16). Ricompare, dopo la trasformazione senza soluzione di continuità, dalla voce sibilante in ronzio delle api (2’40), con un serie di attacchi meno sostenuti ma poi stirato con un effetto eco ravvicinato per circa 8 secondi, ovvero fino alla precisa metà della composizione (3’00). È importante ricordare che lo spettro di un suono di campana è, per sua natura, non armonico, e quindi uno dei pochi che la voce umana non può imitare. Wishart dovette quindi ingegnarsi per creare una manipolazione speciale che gli consentisse di variare il tipo di interpolazione utilizzato nel processo di stiramento per favorire la fuoriuscita di parziali non armoniche successivamente stirate nel tempo dopo il loro attacco vocale. Da cui il timbro che qui abbiamo definito come “voce-campana”.
Un ulteriore stiramento della voce lo troviamo come incipit della “drammatizzazione C” (4’18) in un nuovo attacco questa volta timbricamente individuabile come frastuono di tuono. Sembra insomma che, in un’aura esoterica di manipolazione della voce, si vada articolando la struttura di Vox-5 come se ci trovassimo in presenza di una proporzione del tipo [“drammatizzazione A-B”: “drammatizzazione A-C”= “drammatizzazione A-C”: “dram-matizzazione B-C”], che non è poi altro che quel tipo di proporzione denominata “sezione aurea” riconosciuta come esteticamente piacevole e spesso utilizzata come punto di riferimento di elementi pittorici, architettonici, nonché musicali.
Di conseguenza, mi pare di poter dire ragionevolmente come l’obiettivo strutturale di Wishart non sia quello di creare trasformazioni matematicamente coerenti, ma semmai acusticamente coerenti. Come lo stesso Wishart[4] puntualizza, non è mixando due suoni che la cosa funziona. Il nostro cervello è molto bravo a decifrare una mol- titudine di suoni percepiti dal nostro orecchio simultaneamente. Il problema principale sta invece nell’insorgere simultaneo di sincronicità e parallelismi di microfluttuazioni di componenti all’interno di una sorgente sonora. Mi pare evidente, anche in seguito ai ripetuti ascolti di Vox-5, che Wishart lavori a strutturare il materiale sonoro a partire dalla modificazione delle espressioni vocali al loro interno e non al loro esterno. E il phase vocoder, con la possibilità di intervenire nello spettro con interpolazioni di piccole dimensioni (e non semplicemente per inter-polazione di due oggetti sonori), gli offrì appunto la capacità di analizzare all’interno i suoni per poi ri-sintetizzarli con modificazioni di compressione e decompressione temporale (time stretching) e variazione di altezza (pitch shifting). Il risultato finale è la realizzazione di una composizione che si tiene perfettamente insieme sia da un punto di vista sonoro strutturale che sonoro drammaturgico.
Wishart secondo S.Emmerson: “Red Bird” e “Vox-5”
Emmerson, nel suo articolo dedicato alla relazione tra linguaggio e materiali nella musica elettroacustica[5], in cui espone la sua metodologia di analisi e studio di questo tipo di musica (i cui principi cardine sono legati alle coppie concettuali “discorso uditivo”, ovvero le proprietà di articolazione sintattico-musicale, distinto dal “discorso mimetico”, e “sintassi astratta” dei materiali sonori e “sintassi estratta” dai materiali sonori), considera il lavoro di Wishart (soprattutto se riferito ai brani “Red Bird” e “Vox-5”) un valido esempio di “discorso mimetico” in cui “sintassi astratta” e “sintassi estratta” si combinano perfettamente.
Secondo Emmerson, in questi brani i materiali sonori hanno caratteristiche referenziali precise al mondo reale, in una posizione filosofica realista paragonabile al Nono della Fabbrica Illuminata (che Emmerson prende in consi-derazione per esemplificare il caso di una composizione come risultato della combinazione di discorso uditivo e mimetico a partire da una sintassi astratta). A differenza di Nono, Wishart svilupperebbe però l’idea di trasformazione dell’immagine sonora: in “Red Bird” le parole di una voce “diventano” un canto di uccello e il tic-tac di un orologio lo schianto di una porta di prigione, come in “Vox-5” il sibilante bisbiglio diventa ronzio di api.
Emmerson cita, a tal proposito, Wishart quando scrive - “[...] il “dramma” si gioca interamente nella trasforma- zione di elementi sonori di un paesaggio simbolico […] anche laddove i suoni sono astratti, possono sempre essere associati a simboli sonori riconoscibili, dai quali si distanziano grazie a procedure di trasformazione”. In altri termini, Wishart sembra indicarci che dal suo punto di vista è importante stare in una sorta di procedura compositiva dialettica tra “sintassi astratta” e “sintassi estratta” per indurre l’immaginazione a considerare la possibilità dei tanti diversi punti di vista effettivamente possibili (un’altra parentela, seppur ancora lontana e in un contesto differente, con gli infiniti possibili di Nono?). Ciò sarebbe realizzabile, scrive ancora Wishart, “con una tecnica di permutazione vicina a quelle utilizzate da compositori serialisti, ma differente in un aspetto fondamentale: si tratta di un processo aperto, uno strumento euristico per definire diverse modalità di riflettere intorno a certe possibilità espressive, non di materiali specifici o di una tecnica di organizzazione strutturale”.
L’impianto strutturale compositivo, in conclusione, non deve definire per Wishart le reali procedure di mani- polazione del suono, che devono essere lasciate libere di esperirsi e sperimentarsi in fase di lavoro, ma soltanto le trasformazioni globali delle immagini sonore volute. In definitiva, gli oggetti sonori interrelati creano un sistema semiotico, un originale ambiente sonoro, che non parte dalla forma ma dai materiali e dalla ricerca della natura intrinseca dei suoni.
Molti sono gli esempi di trasformazioni di questo tipo che si possono ascoltare in Vox-5:
- da cicaleccio di cornacchie in suono “bubbles”
- da espressioni vocali sibilanti in voce
- da voce a suono di campana
- da fonemi in nitrito di cavallo e vociare di folla
- da espressioni vocali sibilanti in ronzio di api
- da gemito di bambino ad arpeggio di labbra con le dita
- da voce a nitrito di cavallo a frastuono di tuono
Tutti i suoni voce-campana (phase vocoder) sono il risultato di un’analisi e ri-sintesi, con stiramento delle parziali più alte del suono, dell’emissione di un non facilmente identificabile gruppo consonantico-vocale costituito da un attacco deciso seguito da una vocale aperta. L’ostinato con cui si ripresenta questo suono è sempre differente per quanto suoni sempre in modo molto simile. Esso sembra fare da cartina di tornasole nella strutturazione dell’intero brano. Compare, come abbiamo visto, in funzione di attacco, all’inizio della “drammatizzazione B” (1’16). Ricompare, dopo la trasformazione senza soluzione di continuità, dalla voce sibilante in ronzio delle api (2’40), con un serie di attacchi meno sostenuti ma poi stirato con un effetto eco ravvicinato per circa 8 secondi, ovvero fino alla precisa metà della composizione (3’00). È importante ricordare che lo spettro di un suono di campana è, per sua natura, non armonico, e quindi uno dei pochi che la voce umana non può imitare. Wishart dovette quindi ingegnarsi per creare una manipolazione speciale che gli consentisse di variare il tipo di interpolazione utilizzato nel processo di stiramento per favorire la fuoriuscita di parziali non armoniche successivamente stirate nel tempo dopo il loro attacco vocale. Da cui il timbro che qui abbiamo definito come “voce-campana”.
Un ulteriore stiramento della voce lo troviamo come incipit della “drammatizzazione C” (4’18) in un nuovo attacco questa volta timbricamente individuabile come frastuono di tuono. Sembra insomma che, in un’aura esoterica di manipolazione della voce, si vada articolando la struttura di Vox-5 come se ci trovassimo in presenza di una proporzione del tipo [“drammatizzazione A-B”: “drammatizzazione A-C”= “drammatizzazione A-C”: “dram-matizzazione B-C”], che non è poi altro che quel tipo di proporzione denominata “sezione aurea” riconosciuta come esteticamente piacevole e spesso utilizzata come punto di riferimento di elementi pittorici, architettonici, nonché musicali.
Di conseguenza, mi pare di poter dire ragionevolmente come l’obiettivo strutturale di Wishart non sia quello di creare trasformazioni matematicamente coerenti, ma semmai acusticamente coerenti. Come lo stesso Wishart[4] puntualizza, non è mixando due suoni che la cosa funziona. Il nostro cervello è molto bravo a decifrare una mol- titudine di suoni percepiti dal nostro orecchio simultaneamente. Il problema principale sta invece nell’insorgere simultaneo di sincronicità e parallelismi di microfluttuazioni di componenti all’interno di una sorgente sonora. Mi pare evidente, anche in seguito ai ripetuti ascolti di Vox-5, che Wishart lavori a strutturare il materiale sonoro a partire dalla modificazione delle espressioni vocali al loro interno e non al loro esterno. E il phase vocoder, con la possibilità di intervenire nello spettro con interpolazioni di piccole dimensioni (e non semplicemente per inter-polazione di due oggetti sonori), gli offrì appunto la capacità di analizzare all’interno i suoni per poi ri-sintetizzarli con modificazioni di compressione e decompressione temporale (time stretching) e variazione di altezza (pitch shifting). Il risultato finale è la realizzazione di una composizione che si tiene perfettamente insieme sia da un punto di vista sonoro strutturale che sonoro drammaturgico.
Wishart secondo S.Emmerson: “Red Bird” e “Vox-5”
Emmerson, nel suo articolo dedicato alla relazione tra linguaggio e materiali nella musica elettroacustica[5], in cui espone la sua metodologia di analisi e studio di questo tipo di musica (i cui principi cardine sono legati alle coppie concettuali “discorso uditivo”, ovvero le proprietà di articolazione sintattico-musicale, distinto dal “discorso mimetico”, e “sintassi astratta” dei materiali sonori e “sintassi estratta” dai materiali sonori), considera il lavoro di Wishart (soprattutto se riferito ai brani “Red Bird” e “Vox-5”) un valido esempio di “discorso mimetico” in cui “sintassi astratta” e “sintassi estratta” si combinano perfettamente.
Secondo Emmerson, in questi brani i materiali sonori hanno caratteristiche referenziali precise al mondo reale, in una posizione filosofica realista paragonabile al Nono della Fabbrica Illuminata (che Emmerson prende in consi-derazione per esemplificare il caso di una composizione come risultato della combinazione di discorso uditivo e mimetico a partire da una sintassi astratta). A differenza di Nono, Wishart svilupperebbe però l’idea di trasformazione dell’immagine sonora: in “Red Bird” le parole di una voce “diventano” un canto di uccello e il tic-tac di un orologio lo schianto di una porta di prigione, come in “Vox-5” il sibilante bisbiglio diventa ronzio di api.
Emmerson cita, a tal proposito, Wishart quando scrive - “[...] il “dramma” si gioca interamente nella trasforma- zione di elementi sonori di un paesaggio simbolico […] anche laddove i suoni sono astratti, possono sempre essere associati a simboli sonori riconoscibili, dai quali si distanziano grazie a procedure di trasformazione”. In altri termini, Wishart sembra indicarci che dal suo punto di vista è importante stare in una sorta di procedura compositiva dialettica tra “sintassi astratta” e “sintassi estratta” per indurre l’immaginazione a considerare la possibilità dei tanti diversi punti di vista effettivamente possibili (un’altra parentela, seppur ancora lontana e in un contesto differente, con gli infiniti possibili di Nono?). Ciò sarebbe realizzabile, scrive ancora Wishart, “con una tecnica di permutazione vicina a quelle utilizzate da compositori serialisti, ma differente in un aspetto fondamentale: si tratta di un processo aperto, uno strumento euristico per definire diverse modalità di riflettere intorno a certe possibilità espressive, non di materiali specifici o di una tecnica di organizzazione strutturale”.
L’impianto strutturale compositivo, in conclusione, non deve definire per Wishart le reali procedure di mani- polazione del suono, che devono essere lasciate libere di esperirsi e sperimentarsi in fase di lavoro, ma soltanto le trasformazioni globali delle immagini sonore volute. In definitiva, gli oggetti sonori interrelati creano un sistema semiotico, un originale ambiente sonoro, che non parte dalla forma ma dai materiali e dalla ricerca della natura intrinseca dei suoni.
Note:
[1] T. Williams, An alysis of Trevor Wishart's Vox 5, Journal of Electroacoustic Music, Vol 7, 9. [2] T. Williams, An alysis of Trevor Wishart's Vox 5, Journal of Electroacoustic Music, Vol 7, 9. [3] T. Wishart, The Composition of Vox-5, Computer Musica Journal Vol.12, N. 4 (1988). [4] T. Wishart, The Composition of Vox-5, Computer Musica Journal Vol.12, N. 4 (1988). [5] S. Emmerson, The language of the electroacustic music, Hampshire: Mac Millian Press (1986). |
Roberto Zanata
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