X Numero di PASSPARnous
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Editoriale a cura di Francesco Panizzo
La crudeltà,
immediatezza mediata
. da consapevolezza |
È un certo fuoco che sposta, “tantricherella”, ogni metaforfosi incerta, incide sulla stabilità d’ayurvedici “vata”; questi, lo stesso “pita”, il fuoco, alimentano. Quanto brucia questo umore rivoluzionario e trasformista, prima che l’indolenza o l’apatia divengano il frutto o il belletto inzuppati d’aconito napello, rinuncia dell’anima sensazionale? Brucia, forse, non tanto da scongiurare le ossidazioni cellulari che porterebbero la morte del degente, il soggetto ospitante, sotto le grinfie de “lo nero periglio che vien da lo mare”, o da lo male, forse, così, come lo chiamava Giuseppe Berto, in quella beckettiana, amara serenata che è il suo Il male oscuro. Quindi giunto da un mondo misterico o, più semplicemente, cancro, chissà, magari di questo Godot, alla soglia, è arrivata prima l’ombra imperiosa come un tartaro buzzatiano all’orizzonte. E non è quel bubbone, quel “tumore cotto”, anche detto, “escara di scorticato” che il medesimo Artaud urla dal suo Vang Gogh. Il suicidato della società. Dico urla, quanto barbaglia, dai brandelli di carne tritata in scrittura che pulsa, asettica per nulla, della parodia al potente scagliata dalle pagine dell’Eliogabalo, l’anarchico incoronato. Impossibile non pregare Artaud quando si vorrebbe esporre ancora qualcosa sulla crudeltà. Ma come attualizzare la visione lucida, la critica autentica e l’analisi politica così audace e appassionata: «La crudeltà è la coscienza, la lucidità esposta». Chiosa così Derrida dalla prefazione a Il teatro e il suo doppio del regista, attore francese. Un irreversibile rivoluzionario del teatro, ma anche dell’ordine costituito dei poteri. Lo spettatore andrà al Teatro Jerry come se dovesse entrare in reparto chirurgia per un’operazione o dal dentista. Ma è il concetto di teatro che oggi diviene molto più amplificato e traslato se pensiamo, per esempio, che tra fare il cittadino e fare il politico è una preponderante scelta di ruoli, in un gioco teatrale ormai speso sotto gli occhi di molti.
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“Perché il teatro della crudeltà
è si un teatro del sogno ma del sogno crudele, vale a dire assolutamente necessario e determinato, di un sogno calcolato, controllato, in contrapposizione a quello che Artaud considerava il disordine empirico del sogno spontaneo.” – Jacques Derrida – |
C’è però della umanità che decide, ogni giorno, di fare un atto crudele, contro se stessa magari, o addirittura, contro i propri simili, entrando, una sera, quasi per sbaglio, al Teatro Jerry dell’oggi. Micro ed enormi miracoli, la messa in crisi primigenia, se non rappresentata, e in nudo sudore germinante.
«Non importa proprio niente, lo dico chiaro e forte, che il potere passi dalle mani della borghesia in quelle del proletariato. Non sta in questo per me la rivoluzione. Essa non consiste in una semplice trasmissione dei poteri. Una rivoluzione che ha messo al vertice delle sue preoccupazioni la necessità della produzione e che perciò insiste nel fare affidamento sul progresso meccanico, come mezzo per migliorare la condizione operaia, è per me una rivoluzione di castrati.»[1]
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Come dargli torto? Certo, ci trovavamo fra le due guerre, allora di queste parole, dove la caducità della vita si avvertiva molto più di quanto si possa fare oggi.
Insomma, dai tagli delle teste dei crudelissimi Alexander in parata vittoriosa verso il foro, ai tagli di popolazioni dati dalla peste, fino alla peste artaudiana, quindi ai tagli di Fontana e ora ai tagli di stipendio. Crudeltà per sacrifici a 360 gradi? “La crudeltà è la coscienza, la lucidità esposta”, come rincalza Derrida. Un pragmatismo che diviene cultura, qualcosa che unisce i saperi in un unico arricchimento intelligente e contro l’apatia data dalla storicizzabilità di un momento o dalle sue gerarchie di potere, è la scelta crudele di offrire lucidità esposta ed espressione, anziché fortificare gerarchie di poteri per pochi e miseria (soprattutto umana, per molti).
Insomma, dai tagli delle teste dei crudelissimi Alexander in parata vittoriosa verso il foro, ai tagli di popolazioni dati dalla peste, fino alla peste artaudiana, quindi ai tagli di Fontana e ora ai tagli di stipendio. Crudeltà per sacrifici a 360 gradi? “La crudeltà è la coscienza, la lucidità esposta”, come rincalza Derrida. Un pragmatismo che diviene cultura, qualcosa che unisce i saperi in un unico arricchimento intelligente e contro l’apatia data dalla storicizzabilità di un momento o dalle sue gerarchie di potere, è la scelta crudele di offrire lucidità esposta ed espressione, anziché fortificare gerarchie di poteri per pochi e miseria (soprattutto umana, per molti).
Note:
[1] A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino 2000, pp. 14-15. Scrivono nella rivista: .
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Buona lettura..
Francesco Panizzo |
Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Francesco Panizzo.
Le immagini di copertina sono foto di alcuni quadri del pittore Claudio Massini
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