Codice ISSN: 2281-9223 Rivista d’arte diretta da F. Panizzo - Numero XI mese di Settembre, 2013 - Anno II
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Alchimia
in Accademia La maestria nel dosaggio del sale di Gabriele-Aldo Bertozzi Articolo di Natalia Anzalone “«Non ho finito di poter abitare in quella casa», pensò, sconcertato da quella sintassi, dal senso profondo del verbo “potere”, in un’accezione costante.”
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(G.-A. Bertozzi, Ritorno a Zanzibar, Tullio Pironti Ed., Napoli, 2013, p. 172) |
Figura insolita in Accademia, il professor Gabriele-Aldo Bertozzi, nativo d’Africa, precipitava acidi e zolfo, putrefazioni e sali amari in vibranti entusiasmi che ispiravano, accendevano e scaldavano. Il calore tranquillo e tuttavia gagliardo dell’attenzione assidua, quanto accurata e amorevole, regolava l’apparizione a lui di donne e uomini come uova luminose e prosciugava rapidamente tutto intorno di lui, gli umori flaccidi e le oppressioni plumbee.
È all’Accademia delle Lingue e delle Letterature, nell’adriatica Pescara, “Quel luogo (che) nonostante una strana sensazione di esilio, lo faceva sentire a proprio agio” (p. 80), che Bertozzi marinava gli eventi in acqua e sale, consapevole del rischio di soggiacere al fervore verginale del sale, di rendersi inconsapevole terrorista della notte, freddo e infecondo come la luna.
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“«Quando andrai in paradiso avrai sette vergini», mi ha detto. «Preferirei quattordici ragazze deflorate!»” (p. 60)
Il giusto dosaggio, il pizzico, il tocco, il granello del Sal sapientiae andava appena spruzzato e non doveva ricoprire, e sì farsi fervore bianco, salnitro, polvere esplosiva di un discorso tetragono, rinchiuso in se stesso, denso e pieno di difese, verginale. E, quasi per gioco, dava, in ordine sparso, indicazioni su possibili piste del Grande Viaggio, più di una volta intrapreso, sull’onda di fascini amorosi, mai sinceramente sposati, per tenersi libero, sì, libero come un uccello. “Con la luce sopraggiungono versi violenti di uccelli, animali che considero fiabeschi, poi colori che, continuamente, mutano d’intensità.” (p. 13) “Non il canto delle sirene, ma quei colori ineffabili mi avrebbero perso per sempre.” (p. 6) Ha scelto di “poter abitare” nella ruota paradisiaca dell’Alta Ardeche, nello “splendore di orizzonti infiniti e ancora nuvole dense e buie di temporali minacciosi che oscurano il cielo.” (p. 98)
“… la poésie quitte la plaine pour la montagne.” (G.-A. Bertozzi, «Une heure de littérature nouvelle», Paris, L’Harmattan, 2013, p. 18).
“… la poésie quitte la plaine pour la montagne.” (G.-A. Bertozzi, «Une heure de littérature nouvelle», Paris, L’Harmattan, 2013, p. 18).
Sulle tracce dei poètes absolus, “Absolus par l’imagination, absolus dans l’expression, absolus comme les Reys netos des meilleurs siècles” (P. Verlaine, Les poètes maudits, Paris, Léon Vanier, 1884, p. 5), “de l’infinitif «ab-solvere», lâcher”, e, quindi, sulle tracce dei poeti ‘che allentano’, e ‘che lasciano andare’, egli invita ad ‘avanzare’ affinché il linguaggio non sia più preso alla lettera, che sia esso allentato e, nei suoi travestimenti di nominalismo, attaccato con acidi corrosivi, terre pesanti, uccelli levati in volo: parole-cose, parole-immagini, parole-gesti.
“Le courage extrême coïncide avec l’extrême lâcheté.” (Premier manifeste de la photographie iniste, di G.-A. Bertozzi, 1996) |
Questa “Avanguardia o Colei che avanza”, quasi segretamente, rivela ancora dell’altro; in La lettre du Voyant, Rimbaud così si esprimeva, “J’ai résolu de vous donner une heure de littérature nouvelle”. E su questo punto, Bertozzi ribadisce con impeto, “Je vous prie de remarquer que j’ai dit littérature nouvelle, et non pas poésie nouvelle”, allarmato per i facili fraintendimenti. È un sentire antico e imperituro: a che i minerali e i metalli brillanti dell’Alchimia siano lavorati da tutti! Che ciascuno sia sospinto al “Saut vital” (C. Cros)! Che siano tutti, in quanto esseri divini, “devisous”, dei perturbatori, “voyants, poètes, créateurs”. “Et à l’aurore, armés d’une ardente patience, nous entrerons aux splendides villes” (A. Rimbaud, Una stagione all’Inferno, intr. e trad. di G.-A. Bertozzi, Roma, Newton Compton, 1995, p. 78), “toujours prêts à recom-mencer dans une espace métaphoriquement” (G.-A. Bertozzi, «Une heure de littérature nouvelle», p. 65). |
Sì, sempre pronti a ricominciare… perché l’originario non è qualcosa che è alle spalle, e resta alle spalle, esso piuttosto affiora come una dimensione simultanea nello spazio; e si presenta tutte le volte che un’immagine mentale si trascina con la forza di un fenomeno naturale e tutte le volte che la natura precipita in un’immagine. Il suo movimento è incessante, INInterrotto, la ruota testa-coda dell’Ouro-boros, che non può non indulgere, di nuovo e di rinnovo, al palpabile, all’oleaginoso, al vivido.
Le fasi stesse dell’Alchimia non sono quelle di un processo a una direzione, senza ritorno: Nigredo - Albedo – Rubedo. La seduzione della brillantezza del nero non viene mai superata definitivamente: i processi che producono nerezza, putrefatio e mortificatio, son quelli che scompaginano la coesione di tutti i punti di fissità. Il nero fa vibrare ogni forma di luminosità e, per suo tramite, può sempre essere veduto nell’abituale il mistero. La stessa Rubedo esige l’azzurro argenteo della melanconia, la mente azzurra visionaria, la nostalgia di ciò che si è e si è dimenticato d’essere, per non interrompere la costruzione del corpo glorioso dell’anima ricettiva; “altrimenti si riversa nel firmamento, arrossando il mondo con maniacale coazione missionaria, con la multiplicatio e la exaltatio della conversione, dell’inseguire il denaro e la fama”.
Come dice “la femmina dell’alchimista”, che di Ritorno a Zanzibar è un intero capitolo, “«Ogni alchimista ricerca la sua formula che, d’altronde, potrebbe non essere valida per il collega e che, in ogni modo, non è soggetta a altre interpretazioni se non a quelle di natura alchemica.»” (p. 110).
Natalia Anzalone
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