Rivista d’arte diretta da F. Panizzo - Codice ISSN: 2281-9223 - Numero di Settembre, 2013 - Anno II
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Sezione Filosofia Alphaville Sezione diretta da Viviana Vacca e Silverio Zanobetti
Rubrica Conferenze e tavole rotonde
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. Per una Ecosofia del futuro
L’undicesimo numero della rivista PASSPARnous presenta la “Sezione Filosofia”.
FILOSOFIA E PERFORMANCE. Come due ali che risuonano una accanto all’altra e che permettono una certa resistenza all’aria che permette il volo, tra le due parole non c’è opposizione, non si incontrano mai, l’incontro asintotico avviene sempre sul punto dell’orizzonte verso cui si sta momentaneamente planando.
FILOSOFIA E PERFORMANCE. Tramite questo coraggioso accostamento il Festival Crisalide, giunto alla sua ventesima edizione, ha scelto di impegnarsi in pratiche di vita che consentano di vivere e pensare altrimenti. Un Festival poco festoso, la cui sobrietà è compensata dalla ricchezza dell’intreccio tra pensiero filosofico, performing arts, danza, teatro e musica live in cui lo strumento compositivo e concertistico diventa il computer.
FILOSOFIA E PERFORMANCE. L’incontro tra due vie parallele, un incontro asintotico. Come mette in evidenza Sara Baranzoni nella sua introduzione al volume che raccoglie gli atti della Giornata di studi dell’edizione 2012[1], la filosofia stessa è performativa in quanto pratica creativa di produzione del pensiero. Filosofia e scena performativa si incontrano, non tanto perché la prima imponga una forma alla seconda sulla quale si assumerebbe il compito di riflettere, bensì in quanto entrambe mettono in gioco nel loro farsi le proprie condizioni di possibilità, la propria capacità di “fare la differenza” in vista di problemi che devono essere ben posti, che non esistono in modo indipendente dai concetti che li esprimono.
FILOSOFIA E PERFORMANCE. Tramite questo coraggioso accostamento il Festival Crisalide, giunto alla sua ventesima edizione, ha scelto di impegnarsi in pratiche di vita che consentano di vivere e pensare altrimenti. Un Festival poco festoso, la cui sobrietà è compensata dalla ricchezza dell’intreccio tra pensiero filosofico, performing arts, danza, teatro e musica live in cui lo strumento compositivo e concertistico diventa il computer.
FILOSOFIA E PERFORMANCE. L’incontro tra due vie parallele, un incontro asintotico. Come mette in evidenza Sara Baranzoni nella sua introduzione al volume che raccoglie gli atti della Giornata di studi dell’edizione 2012[1], la filosofia stessa è performativa in quanto pratica creativa di produzione del pensiero. Filosofia e scena performativa si incontrano, non tanto perché la prima imponga una forma alla seconda sulla quale si assumerebbe il compito di riflettere, bensì in quanto entrambe mettono in gioco nel loro farsi le proprie condizioni di possibilità, la propria capacità di “fare la differenza” in vista di problemi che devono essere ben posti, che non esistono in modo indipendente dai concetti che li esprimono.
La ventesima edizione, appena conclusa in questi giorni a Forlì, ha dimostrato come sia ancora possibile creare spazi in cui “fare filosofia”, come scrivevano Deleuze e Guattari in Che cos’è la filosofia?, attraverso la costituzione di un laboratorio filosofico (pensato e coordinato da Paolo Vignola) che, fin dal titolo (Critica della ragion creativa), mette in chiaro il problema ancora tutto da costituire[2]: pensare una certa creatività che è comune all’ambito artistico, filosofico, scientifico e contrapporla alla creatività commerciale che trova nel marketing il miglior alleato.
In Che cos’è l’atto di creazione Deleuze distingue la creatività priva di critica (quella del marketing in cui la creatività è diventa parola d’ordine) dalla creatività nietzschiana (la vera critica è creazione e la vera creazione è immediatamente critica dell’ordine esistente). La creatività nasce dallo choc e non ha niente a che vedere con il ri-conoscimento.
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Al mattino il laboratorio prevedeva un ampio spazio per il confronto interno tra i partecipanti (Riccardo Baldissone, Vincenzo Cuomo, Eleonora de Conciliis, Alberto Martinengo, Alessia Solerio), uno spazio in cui produrre del pensiero “dal vivo”ma “al chiuso”, senza pubblico; lo spazio pomeridiano era invece aperto al pubblico.
Il confronto “al chiuso” aveva la funzione di evitare la ridondanza (che impone parole d’ordine) dell’evento spettacolare, della conferenza, della Lectio magistralis in cui c’è semplicemente un consumo di significanti tra conferenziere e ascoltatore che si risolvono sempre in un rapporto frontale, autoritario e gerarchico tra conferenziere e ascoltatore: |
il confronto al chiuso è condizione di una vera presa sul reale e consente confronti aspri su quella zona di confine tra arte, filosofia e saperi teorici che oggi è messa sotto attacco da dispositivi di potere (legati all’economia politica) che captano la produzione di pensiero e di pensiero critico. Come ogni conversazione che si rispetti ogni partecipante conosceva i percorsi teorici dell’altro: il discorso si apriva al rischio di una incompatibilità comunque eloquente o alla possibilità di una creazione (da bricoluear) di dispositivi concettuali, sempre alla ricerca di armi nella società del controllo, al di là di ogni disperazione. Allo stesso modo le conferenze pomeridiane, seppur già a grandi linee definite, avrebbero dovuto risentire (nel senso di accusare) nel loro contenuto della conversazione avvenuta la mattina e realizzata al chiuso. Durante il pomeriggio era previsto uno spazio per il confronto con il pubblico e un’ora di confronto con gli studenti iscritti al Laboratorio in cui si doveva mettere in discussione ciò che era stato fatto al mattino e al pomeriggio.
L’immagine del pensiero è espressione di una vera critica teoretica ai classici pregiudizi della filosofia, alla sua idea di cosa significhi pensare. Il riferimento è a Differenza e ripetizione: Gilles Deleuze è sempre stata una presenza costante nel percorso teoretico e scenico di Crisalide. Per distruggere una certa immagine del pensiero è necessario un atto creativo, se non fosse che la parola creatività è precisamente ciò che oggi viene captato e ricaptato dai poteri dell’economia politica, insinuando un vero e proprio disagio della creatività.
Al limite tra teoretico ed estetico si pone una questione: che cosa ci impedisce di comprendere l’essenza di un atto di creazione?
La presentazione del Laboratorio filosofico a cura di Paolo Vignola:
L’immagine del pensiero è espressione di una vera critica teoretica ai classici pregiudizi della filosofia, alla sua idea di cosa significhi pensare. Il riferimento è a Differenza e ripetizione: Gilles Deleuze è sempre stata una presenza costante nel percorso teoretico e scenico di Crisalide. Per distruggere una certa immagine del pensiero è necessario un atto creativo, se non fosse che la parola creatività è precisamente ciò che oggi viene captato e ricaptato dai poteri dell’economia politica, insinuando un vero e proprio disagio della creatività.
Al limite tra teoretico ed estetico si pone una questione: che cosa ci impedisce di comprendere l’essenza di un atto di creazione?
La presentazione del Laboratorio filosofico a cura di Paolo Vignola:
Il disagio della creatività
L’intervento, il cui titolo richiama espressamente Il disagio della civiltà di Freud, mira preliminarmente a esibire i sintomi di indebolimento, di perdita di senso e di mercificazione di una delle facoltà più caratteristiche dell’essere umano, oggi sempre più richiesta in ogni ambito lavorativo, così come in tutte le situazioni quotidiane: la creatività, da qualche anno a questa parte la più redditizia parola d’ordine del marketing. Proprio facendo riferimento al testo freudiano, ma rovesciandone uno dei pilastri deontologici – e cioè la pretesa normalità della società rispetto al nevrotico o allo psicotico – l’obiettivo filosofico diviene quello di dare forma ai sintomi rilevati per poter indagare lo stato di salute della civiltà stessa attraverso la messa in questione della sua sedicente intelligenza, così come della creatività e della socialità. Queste qualità, infatti, anche grazie alle tecnologie digitali, oggi sembrano proiettare l’umanità verso stadi evolutivi inediti ma, al tempo stesso, presentano sintomi di disagio tali da mettere a rischio le loro stesse condizioni di esistenza. Grazie soprattutto al supporto di Gilles Deleuze e di Bernard Stiegler, sintomatologizzare il disagio della creatività è allora il primo passo indispensabile per rifondare un pensiero critico in grado di cogliere le poste in gioco sociali, dunque etiche e politiche, della civiltà che, con tutti i suoi disagi, si sta ambientando nel milieu digitale.
● Le idee di sviluppo di queste tematiche createsi
durante le appassionanti conversazioni del Laboratorio sono infinite. Saranno
sviluppate nel corso dei prossimi numeri di Alphaville,
concentrando l’attenzione su alcuni testi dei
partecipanti al laboratorio stesso.
Note:
[1] Aa.Vv., How shall I act? Per una filosofia della realtà. Giornata di Studi, a cura di S. Baranzoni, Kainós Edizioni. [2] La cultura è l’apprendimento nella costituzione di problemi: «Il problema appartiene all’ordine dell’evento non solo perché i casi di soluzione insorgono come eventi reali, ma proprio perché le condizioni del problema implicano eventi, sezioni, ablazioni e aggiunzioni» in G. Deleuze, Differenza e ripetizione, trad. it. di G. Guglielmi, Raffaello Cortina, Milano 1997, p. 245. |
Silverio Zanobetti
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Le Rubriche di Alphaville
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Previsto per il mese di ottobre..
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Scrivono nella rivista: .
Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Silverio Zanobetti, Fabio Treppiedi, Roberto Zanata, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Natalia Anzalone, Enrico Ratti, Marco Bachini, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Francesco Panizzo.
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