LOCKE
Un film di Steven Knight Articolo di Daniel Montigani
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Si può riuscire a fare un buon film di poco meno di un’ora e mezzo in cui si riprende quasi esclusivamente un uomo che guida la sua automobile? Grazie a Locke di Steven Kinght è possibile avere il piacere di dare una risposta affermativa a questa domanda.
Knight, supportato da un’ottima sceneggiatura, fa sì che pochi elementi come lo spazio ristretto e limitato dell’interno di un’automobile, un uomo al volante (il protagonista Locke) e il telefonino installato fra i comandi attivino un caos di rapporti, relazioni, connessioni, tensioni, disegnino con efficacia nella loro semplicità un disastro pragmatico ed esistenziale. Una sera, il costruttore Locke, dopo essere uscito dal lavoro, comincia in macchina un viaggio da Birmingham a Londra. Scopo: raggiungere in un ospedale della capitale l’occasionale amante di una volta che, senza volerlo, ha messo incinta e che adesso sta per partorire. Ma a tali difficoltà si aggiungono altri strati di complicazioni parallele: mentre Locke guida, riceve le telefonate dell’amante sofferente in ospedale, quelle della moglie e del figlio che lo aspettano a casa, di un collega e del suo datore di lavoro, furioso con lui in seguito alla sua decisione di non essere presente il giorno successivo a una delle più importanti colate di cemento d’Europa, preferendo aiutare la madre del nascituro. La difficile situazione in cui il protagonista è intrappolato viene ben suggerita e amplificata da molte immagini. Nella prima scena, in campo lunghissimo, la piccola sagoma del protagonista che si avvia verso la macchina è inglobata dalla vastità stordente del cantiere in cui lavora, una visione attraverso la quale, forse, il regista vuole anche comunicare un senso di alienazione, la quotidiana operazione di soffocamento del suo lavoro. Locke, inoltre, non sembra tanto padrone della sua auto, quanto succube di questa: nei campi lunghi e lunghissimi di vari porzioni di autostrada, l’uomo sembra viaggiare dentro una sorta di scatola castrante. In più, la macchina da presa, attraverso un montaggio classico, diretto ma deciso, “taglia” la sua presenza, isola a tratti il suo volto, che diviene “preda” di tutto ciò che ha attorno, come finestrini, sedili, la stessa autostrada, le altre macchine. Un costruttore che, dunque, con tragica ironia, si trova intrappolato proprio in mezzo ai prodotti del suo lavoro, dell’industrializzazione, del cemento, uno dei materiali più abili nel trasmettere l’implacabilità, la pesantezza degli ostacoli. C’è anche spazio per un principio di mistero che contribuisce in maniera sottile a rendere più solido il difficile momento in cui Locke si trova: l’uomo, infatti, a momenti si rivolge con risentimento a suo padre, figura (invisibile) completamente nascosta nel buio del sedile posteriore e che non pronuncia mai parola. Ma Knight, come se fosse dispiaciuto di aver sottoposto Locke a tutta questa tensione, dona all’ultima parte del film un piglio di speranza che, nonostante le continue difficoltà, cerca di dar vita a un finale dal respiro più ampio, possibilmente salvifico.
Daniel Montigiani
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Aldo Pardi, Claudia Landolfi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
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