VI Numero della rivista PASSPARnous
La necessità di divulgare conoscenza e dignità
Numero di Marzo, 2013 - Anno I
Il sesto numero della rivista PASSPARnous tratta il tema della “responsabilità”
La scelta e il
rischio
Vitali idi di marzo .
Editoriale
A cura di Francesco Panizzo Il 15 marzo nasceva Cesare Beccaria, letterato, intellettuale, economista, giurista, che lo storico Franco Venturi ci ricorda come colui che definì il delitto “una violazione del contratto”, e non come “offesa alla legge divina”: un atto, dunque, che appartiene alla coscienza della persona e non alla sfera pubblica. Ma è sempre il 15 marzo di molto tempo prima che nacque un altro Cesare, sì, il famoso che, involontariamente, apre al concetto di delitto in modo tale da renderlo diverso da un atto che “appartiene alla coscienza della persona”: Bruto, congiurando contro e assassinando Giulio Cesare, mostra un altro aspetto del delitto, poiché il regicidio è forse l’atto che più appartiene alla coscienza della sfera pubblica.
Certo, Cesare non è l’unico a essere stato assassinato mentre ricopriva una carica pubblica: ma nel ginepraio delle coincidenze, l’assassinio di Cesare ci fa comprendere come il delitto, soprattutto in questo caso, non sia più contemplato nella sfera personale, pur rimanendo un atto laico, una “violazione del contratto”. |
I due Cesari nascono nello stesso giorno: pretesto che porta questo editoriale a considerarli così interessanti. Le idi di marzo, le vite opposte di due Cesari così diversi, raccontano la doppia storia del rischio e della scelta. Tra rischio e scelta si muove questo cambio di stagione il cui “venticello”, agita diversi settori della nostra società dall’arte alla politica, dalla vita all’economia. Benedetto XVI attua la sua scelta audace, o forse coatta, non si può dire, d’altronde l’esistenza di un individuo è pervasa da scelte, di decisioni pregnanti fra diverse alternative possibili. La storia più ricca di un uomo è pur sempre la storia di un essere umano.
Tra necessità e possibilità che caratterizzano la storia destinale dell’umanità. La necessità è pulsione e la possibilità è temporalità instabile, una perenne disconoscenza della realtà oggettiva che noi cerchiamo di controllare proprio attraverso la pulsione; come a dire “nostro è l’intento, ma l’esito no!”, ricordando la magistrale massima di Laforgue. Il soggetto posto dinanzi ad alternative drastiche è solo, anche oggi, sebbene sembrino trascorsi i tempi in cui era legato a codici di condotta culturale, religiosa e politica molto restrittivi: religioni, caste, istruzione, senso di appartenenza alla propria nazione erano incarnati fin dalla nascita e un individuo aveva poche speranze di poter cambiare qualcosa nella propria vita. “Non hai forza per tentare di cambiare il tuo avvenire per paura di scoprire libertà che non vuoi avere... Ti sei mai chiesto quale funzione hai?”, così cantava Franco Battiato negli anni ‘70.
Un augurio per questo cambio di stagione, l’inizio di un altro risveglio che comporti il rischio, sempre calcolabile ma mai raffigurabile al 100%. Vediamo cosa ci dice il calcolo della valutazione del rischio in economia:
Il rischio è un valore definito dal prodotto:
R = P × Vu × Val
dove;
P è la pericolosità dell’evento in analisi, ovvero la probabilità che un fenomeno accada in un determinato spazio con un determinato tempo di ritorno;
Vu è la vulnerabilità, ovvero l’attitudine di un determinato elemento a sopportare gli effetti legati al fenomeno pericoloso (ad esempio nel caso di rischio sismico la capacità di un edificio a resistere all’effetto dello scuotimento);
Val è il valore che l’elemento esposto al pericolo assume in termini di vite umane, economici, artistici, culturali o altro.
Anche per questo motivo possiamo così capire perché l’angoscia kierkegaardiana abbia ben ragion d’essere e perché la valenza della messa in crisi sia fondamentale per fare della vita quel gioco importante che la spiazza. Certo, di Dick Fosbury ce ne saranno sempre pochi in un secolo e i premi Nobel sono spesso pilotati per creare possibilità di politically correct. Ma è condizione di ogni singolo soggetto, quella di cercare le scelte opportune fra le tante: azioni che promuovano un buon tasso di rischio e che diventino scomode, a favore di possibilità altre, nella speranza e nella sana pretesa che comportino un’evoluzione.
Almeno questo, è quanto ci viene chiesto di fare ma, a differenza dei tempi passati, ora, ci viene quasi imposto.
Nel passato, come già detto, si viveva nell’imposizione di limiti e codici restrittivi, mentre ora viviamo tutti, astrattamente e concretamente, con l’imposizione, spesso fallace, di doverli superare. Forse, dovremmo solo provarci, ma senza doverci riuscire.
Tra necessità e possibilità che caratterizzano la storia destinale dell’umanità. La necessità è pulsione e la possibilità è temporalità instabile, una perenne disconoscenza della realtà oggettiva che noi cerchiamo di controllare proprio attraverso la pulsione; come a dire “nostro è l’intento, ma l’esito no!”, ricordando la magistrale massima di Laforgue. Il soggetto posto dinanzi ad alternative drastiche è solo, anche oggi, sebbene sembrino trascorsi i tempi in cui era legato a codici di condotta culturale, religiosa e politica molto restrittivi: religioni, caste, istruzione, senso di appartenenza alla propria nazione erano incarnati fin dalla nascita e un individuo aveva poche speranze di poter cambiare qualcosa nella propria vita. “Non hai forza per tentare di cambiare il tuo avvenire per paura di scoprire libertà che non vuoi avere... Ti sei mai chiesto quale funzione hai?”, così cantava Franco Battiato negli anni ‘70.
Un augurio per questo cambio di stagione, l’inizio di un altro risveglio che comporti il rischio, sempre calcolabile ma mai raffigurabile al 100%. Vediamo cosa ci dice il calcolo della valutazione del rischio in economia:
Il rischio è un valore definito dal prodotto:
R = P × Vu × Val
dove;
P è la pericolosità dell’evento in analisi, ovvero la probabilità che un fenomeno accada in un determinato spazio con un determinato tempo di ritorno;
Vu è la vulnerabilità, ovvero l’attitudine di un determinato elemento a sopportare gli effetti legati al fenomeno pericoloso (ad esempio nel caso di rischio sismico la capacità di un edificio a resistere all’effetto dello scuotimento);
Val è il valore che l’elemento esposto al pericolo assume in termini di vite umane, economici, artistici, culturali o altro.
Anche per questo motivo possiamo così capire perché l’angoscia kierkegaardiana abbia ben ragion d’essere e perché la valenza della messa in crisi sia fondamentale per fare della vita quel gioco importante che la spiazza. Certo, di Dick Fosbury ce ne saranno sempre pochi in un secolo e i premi Nobel sono spesso pilotati per creare possibilità di politically correct. Ma è condizione di ogni singolo soggetto, quella di cercare le scelte opportune fra le tante: azioni che promuovano un buon tasso di rischio e che diventino scomode, a favore di possibilità altre, nella speranza e nella sana pretesa che comportino un’evoluzione.
Almeno questo, è quanto ci viene chiesto di fare ma, a differenza dei tempi passati, ora, ci viene quasi imposto.
Nel passato, come già detto, si viveva nell’imposizione di limiti e codici restrittivi, mentre ora viviamo tutti, astrattamente e concretamente, con l’imposizione, spesso fallace, di doverli superare. Forse, dovremmo solo provarci, ma senza doverci riuscire.
Buon risveglio stagionale e buona lettura..
Francesco Panizzo
Francesco Panizzo
Scrivono nella rivista: .
Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Francesco Panizzo.
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