Questa prima performance è un segmento di un insieme più vasto dal titolo intrigante: Tentativi vergini di oscenità. Questo estratto riguardava l’oscenità del potere accostato a un tutorial sull’eliminazione ecologica delle talpa dai giardini. Ma c’è anche un accostamento alla regina Elisabetta che si accosta a Totò Riina detto La Regina. Oscenità del potere lecito e illecito avvinti in un abbraccio mortale. La danzatrice è il fool, colui che può dire la verità in pubblico perché protetto dalla sua follia. E così nasce una danza ironica, un po’ barocca, fatta di inchini e riverenze mentre si diffonde la voce del figlio di Provenzano che invoca dignità per il padre malato. Finito lo spettacolo ho avuto modo di approfondire con Erika alcune tematiche soprattutto quello dell’osceno che l’autrice utilizza ispirandosi a Carmelo Bene. Osceno come Ob-scaenus, fuori scena, ciò che esiste ma non si vede e quindi si porta in luce. L’osceno come nascosto che emerge e imbarazza perché inguardabile. Eppure di tutta questa laidezza di intrecci tra stato e mafia quel che appare evidente è che più che ob-scaena siano proprio in piena luce. Anzi viene in mente proprio Baudrillard quando dice: “...le cose visibili non trovano fine nell’oscurità e nel silenzio – svaniscono nel più visibile del visibile: l’oscenità”. In questo paese dove il corrotto e il corruttibile appare su tutti i media l’osceno impera, è protagonista, non è l’occulto della scena politica italiana. È questa l’impressione che fa mancare a questo lavoro di un po’ di forza. Il difetto più grande di questa performance è che sia uno spettacolo a tesi con finale di speranza (prima o poi ci leveremo le talpe dal giardino e in maniera ecologica senza far loro del male) e non un’esperienza di cui si possa trarre ciò che si vuole. È tutto molto comprensibile e chiaro, fin troppo. Carmelo Bene diceva: “Il teatro che si capisce è la prima garanzia di non esser teatro [...] Il teatro deve essere incomprensibile”. Forse la sua tesi è un po’ estrema, ma penso che in fondo il teatro debba suscitare immagini e domande più che fornire morali o risposte.
Per quanto gravato da alcuni difetti, il lavoro contiene anche numerosi aspetti valevoli e interessanti: l’ironia con cui si tratta il tema politico soprattutto quando si intrecciano storie di mafia e reali di Inghilterra; una ben modulata orchestrazione dei temi musicali, di danza, recitazione, immagine; la natura fortemente ibrida del lavoro tra teatro, teatrodanza, performance, happening che impedisce in fondo di catalogarlo; l’incidenza del reale nella costituzione della piéce. Essendo un work in progress, o comunque un lavoro a puntate, confido nella capacità dell’artista di emendare alcuni difetti migliorando un concept di assoluto interesse. Enrico Pastore
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