Ettore Petrolini
Tra teatro e cinema parlante Diesis, bemolli d’inestimabile eredità. Articolo di Francesco Panizzo “In fondo son convinto che scomparso
un attore tutto scompare con lui e siccome io amo la longevità, penso che se io mi defungo quando mi si udrà o vedrà o leggerà, sarò io a tornare e mi sembrerà di rivivere. E se fossi convinto che quando parleranno di me io tornerò a sentire? Vi sembrerà poco anche se fosse una illusione?”1 |
«Qui strada libera! E che strada!
Cosa non si può diventare in teatro! Innanzi tutto giornalista, poi critico, e infine cinematografo.»2 Chi volesse imprendere una ricerca sul fenomeno Petrolini non avrebbe problemi a reperire molto sulla sua vita e sulla sua arte teatrale, tanto meno sulle vicissitudini riguardanti la sua ironia che, come è noto ai suoi stimatori, non sarà mai sprecata e questo perfino in letto di morte nonché su se medesimo.3 Se però si volesse prendere in considerazione l’aspetto cinematografico e si pensasse di trovare altrettanta opulenza bibliografica non si avrebbero pari opportunità. Eppure il comico che già nel 1907 ha “petrolinizzato l’America”, una volta approdatovi e dal vivo, avrebbe lasciato un grande segno anche più tardi nel mondo del cinema. La sua scomparsa in età prematura ha limitato la sua partecipazione al mondo del cinema, un mondo al quale aveva aderito con entusiasmo e che riteneva mezzo tecnologico importante per poter raggiungere un numero sempre maggiore di spettatori ai quali la sua carriera ha devotamente posto grandi attenzioni. In vero, fenomeni come Petrolini non riuscirono a impedire, anzi aumentarono, quelle oziose ugge di quel mondo della critica che voleva la pellicola e la σκηνή4 avverse fra loro, ovvero quelle critiche, tutt’oggi vive, rivolte alla questione del teatro “ripreso” dal cinema come livellamento del valore del cinema stesso. È il caso di critiche omaggi come quella di Alberto Fratelli proprio a Blasetti, lo stesso regista del Nerone (il cui interprete era proprio Petrolini), in questo caso al suo successo Sole: “Il primo grande errore della cinematografia italiana è stato quello di non aver mai veduto l’opera cinematografica in funzione dell’obbiettivo e dello schermo, ma in funzione dell’immaginario palcoscenico a due dimensioni.”5 Come ci ricorda lo scrittore e regista Bèla Balázs (1884 – 1949): “[…] il cinema deve essere un’arte a sé, con una propria estetica, che deve distinguersi da tutte le altre arti”6, […] il materiale dell’arte cinematografica è fondamentalmente diverso da quello del teatro”7. Se «Alcuni arrivano addirittura a sostenere la perfetta sostituibilità dello spettacolo teatrale col film»8, molto tempo prima lo stesso Balázs approfondirà puntuale sulla differenza tra teatro e cinema. Una differenza divenuta ora l’abusata discussione sulle caratteristiche che ne identificano la separazione. Lo sceneggiatore ungherese porrà il linguaggio del teatro come una manifestazione che veicola contenuti attraverso la parola; per quanto riguarda il cinema invece, porrà l’accento su quello che definirà un unico contenuto, ora non più visto come accompagnamento del testo ma come il dominio dell’estetica cinematografica: la gestualità. Una delucidazione ormai accettata dal mondo della critica e che diviene motivo di interesse presso gli esperti del settore. Articolo estrapolato dall’introduzione al libro F. Panizzo, Ettore Petrolini. Tra teatro e cinema parlante, Edizioni Psychodream, Firenze 2013, scaricabile da questo link: www.psychodreamtheater.org/ebook.html
Francesco Panizzo
Note:
1 Testo a dedica iniziale del film Antropologia di Petrolini, A. Blasetti, Campogalliani, Roma 1952. 2 G. Bertero, Petrolini, L’uomo che deride, cit., p. 81. 3 Nota e molto citata in molte biografie riguardanti Petrolini l’ultima battuta egalataci quando vide entrare il prete per l’estrema unzione che, avendo con sé l’olio santo, li fece esclamare: “Adesso si che son fritto!”. 4 5 A. Fratelli, La tribuna, 18 giugno 1929. Dal greco: scena, termine con cui attualmente si definisce il sipario qui inteso come sineddoche di teatro e con gioco di rimando metaforico alla velata consistenza della ellicola cinematografica e a quella verosimilmente custode di arte quale è il sipario. 6 B. Balázs, Der Sichtbare Mensch oder die kultur des Film (1924), (trad. it., L’uomo visibile, a c. di L. Quaresima, Lindau, Torino 2008, p. 135). 7 Ibidem. 8 F. Deriu, Lo schermo e la scena, Marsilio, Venezia 1999, p. 87. Scrivono in PASSPARnous:
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Un teatro
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