È quasi un ritorno a un certo simbolismo astratto, figurativo dai tratti onirici e gotici, almeno Cenere e materia: l’arte si esprime attraverso il simbolo e l’onirico è quasi un ritorno a un certo simbolismo astratto, figurativo dai tratti onirici e gotici, almeno si può celebrare in questo senso, la poetica che innerva e ispira la produzione artistica di Anna Facchini, artista bresciana, giovane ma già definita in uno stile che rende la sua opera identificabile a livello autorale. Difficile poter già, nella fase ancora primaria di un percorso artistico, attribuire un’opera a una figura artistica singola e soggettiva: quando avviene questo significa che il livello di autorevolezza e di autonomia compositiva è già, in parte, avvenuto nella persona dell’autore. Anna Facchini ha uno stile e una tecnica che la rendono particolare e originale, riconoscibile.
Tutto questo avviene, soprattutto nell’occhio dello spettatore, senza nessun tipo di anticipazione, quasi la produzione fosse di per se scontata nella sua portata, del messaggio intrinseco e della procedura compositiva della medesima: la proposta artistica di Anna Facchini ci stupisce, affermando in forme e canoni, quasi alfabeti dell’inconscio, sempre rinnovati messaggi e significati, che diventano liricamente significanti, chiari e definiti, quasi incommensurabili, pur non rendendo l’opera veicolo di letture univoche e assolute. La produzione di Anna lascia margine e spazio alla libera interpretazione dell’osservatore. Si apre nelle dinamiche chiaroscurali di una pittura che diventa plastica e materica, Anna utilizza una tecnica mista che fa dell’uso della cenere, oltre all’acrilico, strumento già di per se tangibile nei suoi effetti, una particolarità tutta propria, funzionale a dare una visione quasi onirica, misteriosa, confusa nella sua collocazione logistica: paesaggio inquietante fatto di atmosfere fosche e indefinite nei contorni degli elementi, tutti naturali, quasi silvani, che lo compongono, molto nordici nella loro apparenza. Il figurativo, immagini di persone, icone solo accennate come visioni surreali, metaempiriche, quasi metafisiche, diventa espressione astratta di un’indagine interiore della solitudine e dello smarrimento umano, la caducità della vita, la totale individualità, quindi fragilità esistenziale, difronte all’infinito, difronte alla natura che imperversa e si pone nella sua universalità, visione quasi senza spazio e senza tempo, un infinito che è eterno, reso tale da una stesura, quasi tridimensionale, della pittura e della materia che la compone, abbattendo quei limiti che la tela pone, dando una sensazione di illimitatezza e prosecuzione della rappresentazione. Le figure non hanno un volto chiaro, delineato, riconoscibile: sono figure asessuate, possiamo dire, senza un’identità, dando, così, potenzialità a quella sensazione di smarrimento e di ricerca di una verità esistenziale, mai reperibile. La caducità dell’umano genere e la sua vulnerabilità si affrontano nelle pieghe simboliche e metaforiche di una cenere che diventa, insieme alla tempera a olio, insieme all’acrilico, elemento visibile, toccabile, tangibile di una vita destinata a tornare cenere, una corporeità che vede nelle pieghe dell’animo quell’anelito di eternità, quel desiderio di immortalità che contrasta qui, la complessità delle forme come vengono proposte, anche nella loro composizione materica, con la finitudine esistenziale. Un’angoscia attraversa il vagare, incerto e fumoso, della figura umana, simbolo, tutto si apprezza di quel simbolismo che fonde la tecnica composita utilizzata dall’autrice con l’impatto estetico, in una sintonia armonica, seppure conturbante nella sua esplicazione visivo raffigurativa, con il messaggio, il contenuto, dell’opera, che l’autrice vuole trasmettere, qui l’aspetto espressionista astratto della sua produzione. Anna Facchini ha costruito un sodalizio naturale quanto spontaneo con Alessandro Pagnoni, scultore, che tratteremo in un articolo nel presente numero, con il quale ha realizzato una collettiva presso la Galleria Plaumann di Milano, curata da Anna Mola, Lignum et cinis. Il titolo dell’esposizione diventa testimonianza di un connubio, estetico e figurativo, percorsi nel percorso, una narrazione che unisce due generi apparentemente solitari e indipendenti ma che, in realtà, possono accompagnare la contemplazione e l’osservazione in un itinerario, della mente e dei sensi, unico. Diverse sono le età che i due autori propongono attraverso la forma d’arte da loro utilizzata per esprimere, essenzialmente, un viaggio esistenziale. Dall’Età dell’oro, così si titola la serie di figure infantili scolpite nel legno, che è elemento vitale, quindi simbolo di energia ancora infusa in corpi che si nutrono di una certa spensieratezza e ingenuità andando, poi, a scontrarsi, subentra la produzione simbolista, astratta e figurativa, di Anna Facchini, coll’inquietudine, il senso di inadeguatezza, la continua competizione, il sentimento bellicoso di rivalità e la ricerca infinita di equilibrio che, esistenzialmente, porta il soggetto a scontrarsi nell’ignoto, nella vulnerabilità dell’individuo, nella sua solitaria disperazione, nell’angoscia di voler qualcosa senza riuscire a reperirlo. si può celebrare in questo senso, la poetica che innerva e ispira la produzione artistica di Anna Facchini, artista bresciana, giovane ma già definita in uno stile che rende la sua opera identificabile a livello autorale. Difficile poter già, nella fase ancora primaria di un percorso artistico, attribuire un’opera a una figura artistica singola e soggettiva: quando avviene questo significa che il livello di autorevolezza e di autonomia compositiva è già, in parte, avvenuto nella persona dell’autore. Anna Facchini ha uno stile e una tecnica che la rendono particolare e originale, riconoscibile. Tutto questo avviene, soprattutto nell’occhio dello spettatore, senza nessun tipo di anticipazione, quasi la produzione fosse di per se scontata nella sua portata, del messaggio intrinseco e della procedura compositiva della medesima: la proposta artistica di Anna Facchini ci stupisce, affermando in forme e canoni, quasi alfabeti dell’inconscio, sempre rinnovati messaggi e significati, che diventano liricamente significanti, chiari e definiti, quasi incommensurabili, pur non rendendo l’opera veicolo di letture univoche e assolute. La produzione di Anna lascia margine e spazio alla libera interpretazione dell’osservatore. Si apre nelle dinamiche chiaroscurali di una pittura che diventa plastica e materica, Anna utilizza una tecnica mista che fa dell’uso della cenere, oltre all’acrilico, strumento già di per se tangibile nei suoi effetti, una particolarità tutta propria, funzionale a dare una visione quasi onirica, misteriosa, confusa nella sua collocazione logistica: paesaggio inquietante fatto di atmosfere fosche e indefinite nei contorni degli elementi, tutti naturali, quasi silvani, che lo compongono, molto nordici nella loro apparenza. Il figurativo, immagini di persone, icone solo accennate come visioni surreali, metaempiriche, quasi metafisiche, diventa espressione astratta di un’indagine interiore della solitudine e dello smarrimento umano, la caducità della vita, la totale individualità, quindi fragilità esistenziale, difronte all’infinito, difronte alla natura che imperversa e si pone nella sua universalità, visione quasi senza spazio e senza tempo, un infinito che è eterno, reso tale da una stesura, quasi tridimensionale, della pittura e della materia che la compone, abbattendo quei limiti che la tela pone, dando una sensazione di illimitatezza e prosecuzione della rappresentazione. Le figure non hanno un volto chiaro, delineato, riconoscibile: sono figure asessuate, possiamo dire, senza un’identità, dando, così, potenzialità a quella sensazione di smarrimento e di ricerca di una verità esistenziale, mai reperibile. La caducità dell’umano genere e la sua vulnerabilità si affrontano nelle pieghe simboliche e metaforiche di una cenere che diventa, insieme alla tempera a olio, insieme all’acrilico, elemento visibile, toccabile, tangibile di una vita destinata a tornare cenere, una corporeità che vede nelle pieghe dell’animo quell’anelito di eternità, quel desiderio di immortalità che contrasta, qui la complessità delle forme come vengono proposte, anche nella loro composizione materica, con la finitudine esistenziale. Un’angoscia attraversa il vagare, incerto e fumoso, della figura umana, simbolo, tutto si apprezza di quel simbolismo che fonde la tecnica composita utilizzata dall’autrice con l’impatto estetico, in una sintonia armonica, seppure conturbante nella sua esplicazione visivo raffigurativa, con il messaggio, il contenuto, dell’opera, che l’autrice vuole trasmettere, qui l’aspetto espressionista astratto della sua produzione. Anna Facchini ha costruito un sodalizio naturale quanto spontaneo con Alessandro Pagnoni, scultore, che tratteremo in un articolo nel presente numero, con il quale ha realizzato una collettiva presso la Galleria Plaumann di Milano, curata da Anna Mola, Lignum et cinis. Il titolo dell’esposizione diventa testimonianza di un connubio, estetico e figurativo, percorsi nel percorso, una narrazione che unisce due generi apparentemente solitari e indipendenti ma che, in realtà, possono accompagnare la contemplazione e l’osservazione in un itinerario, della mente e dei sensi, unico. Diverse sono le età che i due autori propongono attraverso la forma d’arte da loro utilizzata per esprimere, essenzialmente, un viaggio esistenziale. Dall’Età dell’oro, così si titola la serie di figure infantili scolpite nel legno, che è elemento vitale, quindi simbolo di energia ancora infusa in corpi che si nutrono di una certa spensieratezza e ingenuità andando, poi, a scontrarsi, subentra la produzione simbolista, astratta e figurativa, di Anna Facchini, coll’inquietudine, il senso di inadeguatezza, la continua competizione, il sentimento bellicoso di rivalità e la ricerca infinita di equilibrio che, esistenzialmente, porta il soggetto a scontrarsi nell’ignoto, nella vulnerabilità dell’individuo, nella sua solitaria disperazione, nell’angoscia di voler qualcosa senza riuscire a reperirlo. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous: k
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo. |
Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
LE ALTRE SEZIONI di PASSPARnous:
|
Sezione
Revue Cinema diretta da Daniel Montigiani Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportages diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Francesco Panizzo Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Fai clic qui per effettuare modifiche.
Vuoi entrare nella redazione di Edizioni Psychodream,
o collaborare con Psychodream Theater?
Direttore: Francesco Luigi Panizzo | [email protected]
Per affiliazioni pubblicitarie | [email protected]
Per collaborazioni e progetti | [email protected]
Tutti i contenuti di questo sito possono essere utilizzati da altri media e siti internet, giornali o televisioni con la clausola
di esporre a citazione, tramite il seguente link, la Edizioni Psychodream oppure la pagina di riferimento.
Per info: ooooooooooooooooooooooooo
[email protected]
[email protected]
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati