È un approccio intuitivo, corroborato da una certa dose di conoscenza tecnica e di manualità, unici ingredienti utili a rendere un momento, un istante, un particolare quotidiano elemento universale di esaltazione estetica, di risalto estetico, quello che accompagna l’obiettivo fotografico, sempre in movimento nel vero senso del termine, di Giorgio Melis. La fotografia di Giorgio narra scene di vita cittadina, soprattutto, di frenetico passaggio umano, le automobili che sfrecciano, situazioni di solitudini esistenziali e di sofferenze che si trovano in un inquieto frammento di una notte oscura in non luoghi di periferie suburbane, che diventano poesie e liriche da un’intensità unica e assoluta. Non esiste un confine limitante e limitativo tra la pittoricità, il trionfo di colori e le vibrazioni cromatiche, vive, vivaci, e la fotografia, la ripresa del reale nella sua compattezza tangibile: nell’arte di Giorgio Melis questi due aspetti si compenetrano concedendoci passaggi visionari di fotogrammi di quotidianità sociale e collettiva unici, omaggi alla potenza e alla velocità, trionfi del dinamismo. A 100 anni dalla fondazione del Manifesto di Marinetti, la nascita di una corrente che caratterizzò fortemente la storia del Novecento, Giorgio Melis propone scie di luci illuminanti che sfrecciano davanti ai nostri occhi, immortalate in un tripudio di intensità estetica e compositiva unica, tali da darci la sensazione della narrazione della velocità. Fattori fisici diventano simboli e inducono a provare emozioni e sensazioni, così come si approva e si avverte nella sua produzione un’attenta manualità, un utilizzo sapiente della tecnica quanto naturale, calibrando con destrezza e con accurata consapevolezza i tempi di esposizione e i grandangoli, affinché si possa realizzare con consapevolezza e convinzione l’utilizzo del mezzo tecnico ai fini volti a immortalare esperienze e scene di vita quotidiane. Il simbolo quasi in un’eccezione surreale, visionaria, si rende protagonista di un’opera che potrebbe ricalcare, nella sua pittoricità e nel dinamismo delle figure deformate e deformanti il panorama, spesso cittadino o anche marino, lo tsunami di ombrelloni che si divincolano e si librano nell’aria e nello spazio di una spiaggia assolata, certe rappresentazioni di un Dali, dalla forza evocativa tale da suggerire quel flusso di coscienza e di moto d’animo, illimitabile e infinito, che promana dall’interiorità del soggetto. Irreali quasi appaiono quei posti dimenticati dalla frenesia cittadina e urbana, spettri suburbani, che vengono esaltati, quasi celebrati nella loro metaforica portata, commistioni di elementi che si incontrano e si fondono, confondendosi in un turbinio di variazioni luminose e cromatiche. Tutto questo avviene senza nessun tipo di ritocco e di intervento in fase postproduzionale tale da rendere ancora più risaltante la naturalità e l’immediatezza dello scatto, dell’idea dello scatto, dell’improvviso trasporto che crea l’ispirazione, quell’impatto visivo fuori da ogni dimensione razionale in cui, colpendo la sensibilità dell’autore, la sua interiorità, gli immaginari ideali che ne costituiscono la poetica, fatta di esperienza, vibrano e si ripercuotono tonalità che ricordano certe composizioni pop artistiche, neo pop artistiche, di impatto fortemente elettronico nelle proprie tonalità quasi puntiformie, sembrano composizioni di tele divisioniste, tali da donare una completezza originale all’intera opera. Un grido si ripropone in alcune delle sue opere, un vortice circolare che ingloba come un tunnel proiettato nel vuoto le fantasie cromatiche di cui è composta la natura, molto fisica e chimica in questo aspetto, quell’unico strumento di cui ti doti nel mentre si va a produrre lo scatto, così come testimoniano “Il cammello”, “Drappi nel poetto”, “Autunno”. Tre elementi si incontrano e si confrontano nell’arte di Giorgio Melis: lo spazio, il tempo e l’equilibrio. I concetti vengono, cosi, “applicati alla Fotografia”, una rincorsa continua del soggetto, cercando di anticiparlo, giocando molto con i tempi di posa, perché secondo l’autore “la realtà è ciò che vediamo e riusciamo o a riprodurla fedelmente o a interpretarla”.
Alessandro Rizzo
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da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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