Natali Grunska non è una semplice artista, liquidabile come una pittrice dai toni accademici e ripetitivi. Natali evoca una storia, una tradizione, una cultura, quella del suo popolo, quella da dove è nata, quella di una scuola che fa del tripudio narrativo delle esperienze culturali e artistiche base fondante di un percorso vitale di formazione, completa e complessa della personalità di un autore: è la Scuola d’arte di Kiev, dove arte visiva, danza, teatro, cinema si completano e si incontrano, tanto da formare figure eclettiche di visioni poliedriche delle arti contemporanee. In Natali, oggi esposta in una collettiva presso la Galleria M.K. in Blu a Milano, è sorta, così, la passione per l’arte visiva, facendone una scelta non solo artistica formativa, ma, soprattutto, personale. La Scuola di Palech non poteva non fare il proprio ingresso nella costituzione di Natali quale artista: è certa iconografia sacra che diventa protagonista primaria nella produzione dell’autrice, un’iconografia che pretende ed esige un’attenzione al particolare, affrontando e non limitando l’esecuzione a una semplice corrente, ma affrontando la paesaggistica, la ritrattistica, l’espressionismo astratto, la metafora visiva e pittorica, il simbolismo. L’eleganza e la sobrietà di simili icone e soggetti ripresi sono la parte strutturale e particolare dell’intera produzione, definendo, così, una ripresa, in un’ottica che non vuole essere liquidata come semplice ripetizione canonica, ma che vuole raggiungere un’autonomia compositiva e un’autoaffermazione della propria poetica nella ricerca di stili e di tecniche che possano dare visione, generale e strutturale, della complessità di una tradizione, tutta orientale, declinandola nella nostra contemporaneità. Natali è un’artista che non si accontenta e che possiamo dire formale nell’informale, ossia sperimentatrice di nuove prospettive, tecniche quanto iconografiche, artistiche che fanno di lei un esempio di poliedricità coerente con una propria formazione basilare, culturale e artistica, senza che quest’ultima possa essere definibile come limitazione al suo impeto creativo, ma, anzi, come campo di esplorazione universale. Universale rimane l’aspetto comunicativo, il linguaggio estetico compositivo, l’alfabeto concettuale e formale che Natali va a delineare: le sensazioni sono già definite nel tocco di pennellate che l’artista va a configurare, non lasciando spazio allo spettatore di oltrepassare, quasi sconfessandola, la portata concettuale e visiva dell’opera, ma di accompagnarlo in un viaggio di emozioni e di sensazioni che non sono traducibili in stecche limitative e limitanti, ma che spaziano da visioni di un reale a quelle di un metareale, da visioni di plasticità a quelle di qualcosa di intangibile, da visioni concrete a quelle metafisiche. In tutto questo si assapora certa tradizione iconografica, si parla di “ikonopis”, già conosciute nel correre degli anni e dei secoli attraverso le composizioni del vetraggio, su ceramica e su tela di tante opere d’arte di grandi maestri dell’Est europeo. Attenta rimane la rappresentazione del figurativo umano, della sua trasformazione in visione pittorica, l’acrilico è la tecnica maggiore affrontata da Natali, che, attraverso la peculiarità del dettaglio, dei particolari, degli elementi strutturali dell’immagine, ci porta a dare una dimensione all’infinito, all’indefinito, all’evanescente, all’immanente e all’immateriale, con un senso di equilibrio elegante quanto sobrio, di essenziale quanto completo, di cromaticità effimera e impalpabile, tale da donarci il senso di una leggerezza imprendibile, perché diafana e impalpabile, seppure, come nei ritratti femminili, si parta da un concetto figurativo reale, quindi evocazione di elementi che compongono la plasticità della vita comune. L’oro vive come vibrazione di un infinito etereo, aereo quanto incorporeo, tanto da testimoniare il valore e la sapienza dell’autrice nel riproporci certe sensazioni e certe emozioni che possiamo provare nell’apprezzare le contemplazioni di un certo secessionismo classico di un Kilmt, quel certo secessionismo che non vuole sconfessare il passato, ma che cerca di liberare la forza evocativa del colore, delle variazioni tenuti e delicate delle intensità cromatiche, dei chiaroscuri che diventano narrative estetiche senza confine, perché infinite nella loro portata, senza limiti, sconfinanti dalla tela senza essere invasive. Riprendiamo la forza evocativa nel tratto, unico e incisivo, di un Dali’, la visionarietà e il simbolismo scevri da approcci ornamentali, perché è l’atto della creazione che, fine a se stesso, può darci e comunicarci l’essenza della figura e della sua capacità metaforica. Natali è anche scenografa, crea il fondale per la Manifestazione Nazionale Campestre 2009, grazie a una lunga formazione avutasi presso l’Università di Recitazione e Drammaturgia, mentre prosegue con attenzione la sua passione per la body art, ottima la performance tenuta nell’ambito della manifestazione di Miss Italia 2007 in occasione dell’inaugurazione della cantina dei Vip, squarcio artistico, questo, in cui possiamo trovare l’interpretazione di un figurativismo e di un’anatomia che diventano supporti di composizioni dinamiche. Liberty e Art Nouveau si assaporano nella riproposizione di fiabe e scenari favolosi, fantastici, romantici quanto storico e popolari di un immaginario che attraversa nella leggenda tanta narrazione di una terra, del suo passato, dei canti delle persone e delle genti che ne hanno caratterizzato il fondamento culturale e sociale. Natali, che ha già potuto esporre internazionalmente in scenari mondiali quali quello tedesco, russo, polacco e colombiano, affronta con consapevolezza e incontenibile necessità di sperimentazione una particolare e originale stesura della tela, attraverso il gesso fine che, una volta permeata la tela stessa, diventa elemento materico che trattiene e rende plastica ogni pennellata di colore. In questo scorcio possiamo vedere come la sapienza di Natali, più volte insignita da premi e riconoscimenti, il premio della critica “Premio di Decorazione al Circolo della Stampa di Milano”, nel 2007, il “Premio delle Arti 2008”, nell’ambito della Italy Women’s Cup, per aver ideato un’originale etichetta di vino, possa rendere la tecnica funzionale, quindi assecondata, alla realizzazione dell’impatto estetico, immaginifico e compositivo sostanziale dell’opera che va a definire e definirsi nel suo essere effimero e immanente, nelle tonalità come nelle variazioni, e vibrazioni a pieno titolo naturali e semplici, cromatiche.
Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous: k
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da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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