1952:
un anno chiave nella produzione teatromusicale di John Cage Saggio di Enrico Pastore |
|
Ci sono alcune figure nella storia dell’arte del Novecento che, nonostante il tempo passi, continuano a scandalizzare non solo il pubblico e la critica, ma gli artisti stessi. E questo avviene perché non si riesce a fare i conti con certi loro assunti. Il caso di John Cage è forse il più eclatante ed esemplificativo di tale fenomeno. Il grande compositore americano operò su alcuni gradienti molto sensibili nella pratica artistica e agenti fin dagli albori della civiltà occidentale: non è superfluo ricordare che Cage li sconvolse in maniera irreparabile. Dopo l’azione artistica di John Cage non fu più possibile far finta di niente, dopo John Cage bisognava considerare che un altrove era possibile e comportava un radicale ripensamento del ruolo dell’artista e dell’opera d’arte nella società. Tale ripensamento, neanche a dirlo, non è ancora completamente avvenuto, anzi molto spesso è stato rifiutato con sdegno.
Uno degli assunti su cui ancora oggi non si riesce
veramente a fare i conti è la perdita di con- tatto e controllo con il risultato
del proprio lavoro artistico. Essere non più l’autore di un opera ma il fautore
di un processo il cui risultato non è prevedibile, né controllabile mina alla
base il concetto di essere artista così come è stato tramandato dall’alba della
civiltà occidentale. Non solo Cage agì con cristallina lucidità su questo
versante ma operò con precisione scientifica e chirurgica per sconvolgere gli
ambiti, i generi e le competenze: il musicista non è più solo tale ma anche
attore, performer, cantante etc; la partitura non è più solo una cosa da
leggere ed eseguire ma è l’indicazione procedurale per determinare una serie di
eventi nello spazio e nel tempo; e: tutto ciò che accade in una parentesi
definita di tempo e spazio può essere considerato musica e teatro? Ma cos’è poi
un concerto? E cos’è teatro? È una performance? È
musica o un mostro ibrido teatro musicale che niente ha a che fare con i
confortanti generi quali l’opera o il musical? E a cosa servono, se poi
servono? E poi una lunga serie di vocaboli scomodi con cui fare i conti:
multifocalità, simultaneità, complessità, libertà. Cage incarna l’artista
dedito totalmente alla sperimentazione e che attraverso questa pratica assidua,
quasi ossessiva, ha permesso un infinito allargamento dei confini e delle
possibilità di ciò che chiamiamo arte, oltre a indicarci alcune strade da
percorrere per determinarne nuove funzioni in una società che tende a
disinnescare ogni pratica rivoluzionaria. Parlare di Cage oggi è quindi una
necessità per ricordarci che la pratica artistica deve essere principalmente un
atto rivoluzionario e non consolatorio, un atto che ci mette di fronte alla
verità sconcertante dell’essere e non un momento di sollazzo dopolavoristico.. In
questo articolo parleremo di Cage e di ciò che fece nel 1952, anno zero che
diede iniziò alle più radicali ricerche cageane nel campo del teatro musicale,
cercando di evidenziare i nodi concettuali che influenzarono in maniera
indelebile l’arte americana (e non solo) che seguì.
Se nel considerare l’esperienza teatrale di John Cage partiamo dal 1952 tralasciando le esperienze precedenti con la danza, non è perché si considerano tali esperienze non fondamentali, ma perché solo a partire dal 1952 John Cage compose opere che si possono considerare, per il loro aspetto visivo e non solo musicale, come opere teatrali. L’esperienza con la danza, che prende avvio nei primi anni Trenta prima a Los Angeles con i danzatori residenti all’UCLA, poi a Seattle alla Cornish School per Bonnie Bird, e in seguito con la compagnia di Merce Cunningham, sodalizio questo che durerà fino alla morte del compositore, è comunque il primo scalino che ha condotto Cage verso il teatro1.
Inoltre queste esperienze, per il loro carattere radicalmente innovativo, segneranno indelebilmente il pensiero teatrale di Cage, pensiero che inizia a manifestarsi a partire dal 1952 attraverso opere capitali come Water Music, The Untitled Event e il celeberrimo 4’33”. Prima di trattare nello specifico queste prime opere teatrali di Cage è importante capire, al fine di poter inquadrare correttamente l’analisi, che cosa Cage intendesse per teatro;
D: «Qual è la tua definizione di teatro?»
R:«Io cerco di dare definizioni che non escludano. Direi semplicemente che teatro è qualcosa che impegna sia l’occhio che l’orecchio […] Io voglio dare del teatro una definizione così semplice perché, in tal modo, la stessa vita di ogni giorno può essere vista come teatro.»
D«Un concerto è un’attività teatrale?»
R«Sì, anche un pezzo tradizionale suonato da un’orchestra tradizionale.»2
Questo pensiero si concretizza in maniera chiara già con Water Music prima opera in cui l’elemento visivo si fa importante, tanto da poterla considerare la prima opera teatrale di Cage.3 Water Music fu concepita durante la primavera del 1952 ed eseguita per la prima volta alla New School for Social Research di New York il 2 maggio 1952 da David Tudor.4 La partitura di Water Music indica che è possibile cambiare il titolo della composizione utilizzando la data di esecuzione o l’indirizzo della sala dove ha luogo il concerto.5 Il pezzo è concepito per un solo esecutore, un pianoforte, tre fischietti, una ciotola d’acqua, due recipienti, una radio, un mazzo di carte da gioco, una barchetta di legno, quattro oggetti per la preparazione del pianoforte ed è consigliato un cronometro. La partitura è costituita da dieci fogli più un foglio aggiuntivo contenente le informazioni necessarie per la lettura della partitura. Ciascun foglio è costituito da due mezzi sistemi di venti secondi ciascuno per una durata di quaranta secondi. La durata totale del pezzo è di sei minuti e quaranta secondi. La partitura di Water Music utilizza un sistema di notazione non convenzionale: per ciascun avvenimento è indicato il tempo cronometrico e spesso gli avvenimenti sono descritti attraverso l’uso della parola. Sono indicati convenzionalmente solo le singole note o i cluster da eseguirsi con il pianoforte. La partitura è il primo elemento teatrale. Essa infatti può essere montata su un pannello visibile sia dal pubblico che dall’esecutore.6
La distribuzione degli avvenimenti sonori e visivi nel tempo è ottenuta tramite l’utilizzo di operazioni casuali. Lo stesso Cage spiega così il metodo adottato:
Se nel considerare l’esperienza teatrale di John Cage partiamo dal 1952 tralasciando le esperienze precedenti con la danza, non è perché si considerano tali esperienze non fondamentali, ma perché solo a partire dal 1952 John Cage compose opere che si possono considerare, per il loro aspetto visivo e non solo musicale, come opere teatrali. L’esperienza con la danza, che prende avvio nei primi anni Trenta prima a Los Angeles con i danzatori residenti all’UCLA, poi a Seattle alla Cornish School per Bonnie Bird, e in seguito con la compagnia di Merce Cunningham, sodalizio questo che durerà fino alla morte del compositore, è comunque il primo scalino che ha condotto Cage verso il teatro1.
Inoltre queste esperienze, per il loro carattere radicalmente innovativo, segneranno indelebilmente il pensiero teatrale di Cage, pensiero che inizia a manifestarsi a partire dal 1952 attraverso opere capitali come Water Music, The Untitled Event e il celeberrimo 4’33”. Prima di trattare nello specifico queste prime opere teatrali di Cage è importante capire, al fine di poter inquadrare correttamente l’analisi, che cosa Cage intendesse per teatro;
D: «Qual è la tua definizione di teatro?»
R:«Io cerco di dare definizioni che non escludano. Direi semplicemente che teatro è qualcosa che impegna sia l’occhio che l’orecchio […] Io voglio dare del teatro una definizione così semplice perché, in tal modo, la stessa vita di ogni giorno può essere vista come teatro.»
D«Un concerto è un’attività teatrale?»
R«Sì, anche un pezzo tradizionale suonato da un’orchestra tradizionale.»2
Questo pensiero si concretizza in maniera chiara già con Water Music prima opera in cui l’elemento visivo si fa importante, tanto da poterla considerare la prima opera teatrale di Cage.3 Water Music fu concepita durante la primavera del 1952 ed eseguita per la prima volta alla New School for Social Research di New York il 2 maggio 1952 da David Tudor.4 La partitura di Water Music indica che è possibile cambiare il titolo della composizione utilizzando la data di esecuzione o l’indirizzo della sala dove ha luogo il concerto.5 Il pezzo è concepito per un solo esecutore, un pianoforte, tre fischietti, una ciotola d’acqua, due recipienti, una radio, un mazzo di carte da gioco, una barchetta di legno, quattro oggetti per la preparazione del pianoforte ed è consigliato un cronometro. La partitura è costituita da dieci fogli più un foglio aggiuntivo contenente le informazioni necessarie per la lettura della partitura. Ciascun foglio è costituito da due mezzi sistemi di venti secondi ciascuno per una durata di quaranta secondi. La durata totale del pezzo è di sei minuti e quaranta secondi. La partitura di Water Music utilizza un sistema di notazione non convenzionale: per ciascun avvenimento è indicato il tempo cronometrico e spesso gli avvenimenti sono descritti attraverso l’uso della parola. Sono indicati convenzionalmente solo le singole note o i cluster da eseguirsi con il pianoforte. La partitura è il primo elemento teatrale. Essa infatti può essere montata su un pannello visibile sia dal pubblico che dall’esecutore.6
La distribuzione degli avvenimenti sonori e visivi nel tempo è ottenuta tramite l’utilizzo di operazioni casuali. Lo stesso Cage spiega così il metodo adottato:
«In quel momento mi stavo occupando di operazioni casuali e di una tabella che mi permetteva di determinare quale suono dovesse balzare fuori, a che momento, quanto forte, etc. Così non feci altro che mettere in questa tabella cose che non avrebbero prodotto solamente suoni ma anche azioni interessanti da vedere. Da qualche parte avevo preso il concetto che il mondo è fatto di acqua, terra, fuoco, etc, e l’acqua mi sembrò un elemento sul quale era utile concentrarsi, così misi nella tabella delle possibilità che includevano, non esclusivamente ma in larga parte, l’acqua.»7
|
L’utilizzo delle operazioni casuali consente a Cage di relazionarsi con il materiale da lui scelto in maniera non controllata dai suoi gusti e dai suoi desideri. La scelta di adottare le operazioni casuali è legata alla volontà del compositore di cortocircuitare l’azione dell’ego, lasciando che il materiale esista di per se stesso, senza che nessun significato altro possa venire imposto. Le operazioni casuali, in questo caso, hanno anche la funzione di distribuire in maniera non omogenea gli eventi impedendo che questi si susseguano secondo un qualsiasi ordine prestabilito e imitando, secondi i dettami del filosofo indiano Ananda Coomaraswamy, la natura nel suo modo di operare. Gli eventi nella realtà, non si susseguono secondo un ritmo prestabilito, ma casualmente, senza ordine né misura, semplicemente esistendo. Il tempo viene dunque scandito dal semplice scorrere dei secondi: una parentesi temporale nella quale gli eventi si alternano ai silenzi. L’ingresso della vita nel teatro è inoltre garantito dall’utilizzo della radio. Cage indica in partitura alcune frequenze su cui sintonizzarsi durante l’esecuzione, ma il potere del compositore finisce qui: nulla si può sapere rispetto alla programmazione delle stazioni radio né se su quelle frequenze esista una stazione radio che trasmetta qualcosa. L’inserimento della radio quindi garantisce l’ingresso di elementi imponderabili e non ripetibili nell’esecuzione, spesso con effetti assai comici.8 La notazione temporale con i semplici rilievi cronometrici indica precisamente (al decimillesimo di secondo) quando gli eventi devono accadere ma sono alquanto imprecisi sulla loro durata.9 Per esempio a pagina due della partitura è indicato che a trenta secondi dall’inizio si debba suonare un richiamo per anatre nella ciotola piena d’acqua :«a lungo quanto regge il respiro ma senza passare il cinquantaduesimo secondo». Alcune decisioni sono quindi a carico dell’esecutore che può decidere, anche se in parte, le durate di alcune azioni, oppure le dinamiche, o gli oggetti per la preparazione del pianoforte. Si può quindi concludere che Water Music indica il primo passo di Cage verso l’indeterminazione o, per usare le sue stesse parole, “potremmo dedurre che esiste una tendenza nei miei mezzi compositivi che partendo da idee di ordine si muove verso la loro assenza”.10
Come si può desumere da questa breve analisi della partitura in Water Music vi è notevole ampliamento dei compiti tradizionalmente assegnati a un musicista, a cui viene ora chiesto di compiere azioni che non hanno niente a che vedere con il semplice atto di suonare uno strumento o che presuppongono di suonarlo in modo non ortodosso: il musicista non è più solo musicista, è qualcos’altro di non ancora ben definito.11 Anche la parola concerto diviene troppo angusta, perché la parte visiva, possiamo dire teatrale, diventa preponderante e non indifferente rispetto agli esiti dell’opera. Per Cage vien quindi a cadere, come si può desumere dalla sua definizione di teatro summenzionata e dagli esempi, la tradizionale divisione tra le arti semplicemente rifiutandosi di distinguere la vista dall’udito. Con opere come Water Music è impossibile definire se siamo teatro o musica e se l’esecutore sia un musicista, un attore o un mimo. Ciò che risulta sconcertante quando ci si pone di fronte a opere di questo tipo è la loro estraneità agli ambiti. Water Music è dunque il capostipite di una famiglia di opere che è difficile chiamare tali: non sono vita ma sono costituita dalle stesse leggi, sono musica ma anche teatro, l’esecutore è estraneo sia alla categoria dell’attore, non c’è infatti parte da interpretare ma solo azioni da portare a termine in un tempo prestabilito, sia a quella del musicista in senso tradizionale. Cage quindi sconvolge non solo i linguaggi ma anche gli ambiti e le categorie, lasciando assolutamente disorientati i fruitori, impedendo loro di aggrapparsi a ciò che è noto ma permettendogli di percepire ciò che si sente e si vede in maniera tendenzialmente pura, al di là dei significati e delle grammatiche precostituite. Cage inizia quindi nel 1952 un percorso che lo porterà a rendere confusi i confini tra le diverse arti pratica che porterà notevoli frutti qualche anno più tardi: musica gestuale, Performance, Fluxus Pieces e, soprattutto, l’Happening.
L’evento che ci accingiamo ora ad analizzare fa parte di quegli avvenimenti che hanno la facol- tà di cambiare il corso della storia non solo per il radicale rimescolamento delle categorie comuni del fare arte, ma anche per la caratura artistica dei personaggi che lo animarono. Se infatti l’evento che prese forma nell’estate del 1952 al Black Mountain College riformulò gli strumenti e i canoni del fare artistico, coloro che vi parteciparono erano tra i nomi più importanti della vita artistica americana non solo in quegli anni ma anche nel ventennio successivo: David Tudor, Merce Cunningham, Robert Rauschenberg, Charles Olson, Mary Caroline Richards e naturalmente John Cage. Se pensiamo che l’evento conosciuto come The Untitled Event fu non solo il primo Happening della storia, ma fu tra i primi eventi teatrali d’avanguardia del teatro americano, risulterà quantomeno curiosa la confusione documentaria, l’imprecisione delle testimonianze, la carenza di dati certi. Infatti non solo i testimoni e gli esecutori non concordano sulla forma dell’Event ma non si accordano con certezza nemmeno sulla data di esecuzione e sulla durata dello stesso. Cerchiamo dunque, per quanto possibile, di fare chiarezza su alcuni punti.
Benché non ci sia la certezza sulla data di esecuzione la più probabile pare quella del 16 agosto 1952 in quanto nel calendario delle attività al Black Mountain College gli unici eventi sotto il nome di Cage risultano essere quello del 12 agosto con l’esecuzione di Water Music e quella del 16 in cui sarebbe stato tenuto un “concerto”.12 La durata dell’Event dovrebbe essere stata di circa 45’ anche se Francine Du Plexis afferma che durò almeno un paio d’ore.13 Se non vi sono dubbi sul luogo dell’esecuzione (la mensa del college) né sulla conformazione della sala (il pubblico era sistemato in quattro zone triangolari convergenti al centro della sala e divise da corridoi mentre le azioni si svolgevano tutto intorno al pubblico e nella zona centrale), ampie sono le incertezze riguardo i compiti di ciascun esecutore. Cerchiamo di ricapitolare le varie ipotesi. Iniziamo da John Cage: secondo la ricostruzione di Mary Emma Harris, Cage lesse posizionato su una scala una conferenza su Meister Eckhart, alcuni brani di Meister Eckhart, una conferenza sul buddismo zen, la dichiarazione di indipendenza, la carta dei diritti;14 Cage però ricorda di aver letto la sua Juilliard Lecture seduto su una scala;15 Duberman riporta la testimonianza di David Weinrib che pone Cage in piedi dietro a un leggio,16 testimonianza confermata dalla Richards.17
Per quanto riguarda David Tudor secondo svariate testimonianze e secondo i propri ricordi avrebbe suonato Water Music, ma egli stesso afferma di non esserne sicuro.18 Egli afferma inoltre che avrebbero potuto essere le Pastorales, ma sicuramente non le Music of Changes.19 Più semplice il caso di Merce Cunningham: tutti concordano che danzasse nei corridoi e nelle zone dietro il pubblico con altri danzatori o da solo.20 Per quanto riguarda Charles Olson Cage ricorda che lesse alcune sue poesie,21 ma Duberman riporta il ricordo di Weinrib secondo il quale Olson fu affiancato nella sua esecuzione da altri studenti che recitavano parti di un suo poema alzandosi a turno dalla propria sedia.22 Questa testimonianza è confermata dallo stesso Tudor e da Kirby.23 Anche per la Richards ci sono due ipotesi: la prima indica che lei lesse le sue poesie, la seconda che declamò un poema di Edna St. Vincent Millay.24 Riguardo a Bob Rauschenberg se tutti concordano sul fatto che mettesse dischi su un vecchio fonografo, differiscono le testimonianze su che tipo di musica mettesse.25 Inoltre se tutti riportano che dal soffitto pendevano le sue tele bianche, Mary Emma Harris afferma che vi fosse anche una tela di Franz Kline.26 Nicholas Cernovitch proiettava invece un suo film sul soffitto e poi sulle pareti e Ilona Vonkaroly proiettava delle diapositive.27 Ma qual’é la ragione di tanta confusione documentaria? Essa è dovuta all’imprecisione dei commentatori e alla poca memoria dei testimoni o ciò è dovuto alla forma stessa dell’evento cageano?
Forse l’analisi della struttura dell’Event fatta da Cage stesso può fornirci delle risposte:
Come si può desumere da questa breve analisi della partitura in Water Music vi è notevole ampliamento dei compiti tradizionalmente assegnati a un musicista, a cui viene ora chiesto di compiere azioni che non hanno niente a che vedere con il semplice atto di suonare uno strumento o che presuppongono di suonarlo in modo non ortodosso: il musicista non è più solo musicista, è qualcos’altro di non ancora ben definito.11 Anche la parola concerto diviene troppo angusta, perché la parte visiva, possiamo dire teatrale, diventa preponderante e non indifferente rispetto agli esiti dell’opera. Per Cage vien quindi a cadere, come si può desumere dalla sua definizione di teatro summenzionata e dagli esempi, la tradizionale divisione tra le arti semplicemente rifiutandosi di distinguere la vista dall’udito. Con opere come Water Music è impossibile definire se siamo teatro o musica e se l’esecutore sia un musicista, un attore o un mimo. Ciò che risulta sconcertante quando ci si pone di fronte a opere di questo tipo è la loro estraneità agli ambiti. Water Music è dunque il capostipite di una famiglia di opere che è difficile chiamare tali: non sono vita ma sono costituita dalle stesse leggi, sono musica ma anche teatro, l’esecutore è estraneo sia alla categoria dell’attore, non c’è infatti parte da interpretare ma solo azioni da portare a termine in un tempo prestabilito, sia a quella del musicista in senso tradizionale. Cage quindi sconvolge non solo i linguaggi ma anche gli ambiti e le categorie, lasciando assolutamente disorientati i fruitori, impedendo loro di aggrapparsi a ciò che è noto ma permettendogli di percepire ciò che si sente e si vede in maniera tendenzialmente pura, al di là dei significati e delle grammatiche precostituite. Cage inizia quindi nel 1952 un percorso che lo porterà a rendere confusi i confini tra le diverse arti pratica che porterà notevoli frutti qualche anno più tardi: musica gestuale, Performance, Fluxus Pieces e, soprattutto, l’Happening.
L’evento che ci accingiamo ora ad analizzare fa parte di quegli avvenimenti che hanno la facol- tà di cambiare il corso della storia non solo per il radicale rimescolamento delle categorie comuni del fare arte, ma anche per la caratura artistica dei personaggi che lo animarono. Se infatti l’evento che prese forma nell’estate del 1952 al Black Mountain College riformulò gli strumenti e i canoni del fare artistico, coloro che vi parteciparono erano tra i nomi più importanti della vita artistica americana non solo in quegli anni ma anche nel ventennio successivo: David Tudor, Merce Cunningham, Robert Rauschenberg, Charles Olson, Mary Caroline Richards e naturalmente John Cage. Se pensiamo che l’evento conosciuto come The Untitled Event fu non solo il primo Happening della storia, ma fu tra i primi eventi teatrali d’avanguardia del teatro americano, risulterà quantomeno curiosa la confusione documentaria, l’imprecisione delle testimonianze, la carenza di dati certi. Infatti non solo i testimoni e gli esecutori non concordano sulla forma dell’Event ma non si accordano con certezza nemmeno sulla data di esecuzione e sulla durata dello stesso. Cerchiamo dunque, per quanto possibile, di fare chiarezza su alcuni punti.
Benché non ci sia la certezza sulla data di esecuzione la più probabile pare quella del 16 agosto 1952 in quanto nel calendario delle attività al Black Mountain College gli unici eventi sotto il nome di Cage risultano essere quello del 12 agosto con l’esecuzione di Water Music e quella del 16 in cui sarebbe stato tenuto un “concerto”.12 La durata dell’Event dovrebbe essere stata di circa 45’ anche se Francine Du Plexis afferma che durò almeno un paio d’ore.13 Se non vi sono dubbi sul luogo dell’esecuzione (la mensa del college) né sulla conformazione della sala (il pubblico era sistemato in quattro zone triangolari convergenti al centro della sala e divise da corridoi mentre le azioni si svolgevano tutto intorno al pubblico e nella zona centrale), ampie sono le incertezze riguardo i compiti di ciascun esecutore. Cerchiamo di ricapitolare le varie ipotesi. Iniziamo da John Cage: secondo la ricostruzione di Mary Emma Harris, Cage lesse posizionato su una scala una conferenza su Meister Eckhart, alcuni brani di Meister Eckhart, una conferenza sul buddismo zen, la dichiarazione di indipendenza, la carta dei diritti;14 Cage però ricorda di aver letto la sua Juilliard Lecture seduto su una scala;15 Duberman riporta la testimonianza di David Weinrib che pone Cage in piedi dietro a un leggio,16 testimonianza confermata dalla Richards.17
Per quanto riguarda David Tudor secondo svariate testimonianze e secondo i propri ricordi avrebbe suonato Water Music, ma egli stesso afferma di non esserne sicuro.18 Egli afferma inoltre che avrebbero potuto essere le Pastorales, ma sicuramente non le Music of Changes.19 Più semplice il caso di Merce Cunningham: tutti concordano che danzasse nei corridoi e nelle zone dietro il pubblico con altri danzatori o da solo.20 Per quanto riguarda Charles Olson Cage ricorda che lesse alcune sue poesie,21 ma Duberman riporta il ricordo di Weinrib secondo il quale Olson fu affiancato nella sua esecuzione da altri studenti che recitavano parti di un suo poema alzandosi a turno dalla propria sedia.22 Questa testimonianza è confermata dallo stesso Tudor e da Kirby.23 Anche per la Richards ci sono due ipotesi: la prima indica che lei lesse le sue poesie, la seconda che declamò un poema di Edna St. Vincent Millay.24 Riguardo a Bob Rauschenberg se tutti concordano sul fatto che mettesse dischi su un vecchio fonografo, differiscono le testimonianze su che tipo di musica mettesse.25 Inoltre se tutti riportano che dal soffitto pendevano le sue tele bianche, Mary Emma Harris afferma che vi fosse anche una tela di Franz Kline.26 Nicholas Cernovitch proiettava invece un suo film sul soffitto e poi sulle pareti e Ilona Vonkaroly proiettava delle diapositive.27 Ma qual’é la ragione di tanta confusione documentaria? Essa è dovuta all’imprecisione dei commentatori e alla poca memoria dei testimoni o ciò è dovuto alla forma stessa dell’evento cageano?
Forse l’analisi della struttura dell’Event fatta da Cage stesso può fornirci delle risposte:
«Utilizzai per tutto questo delle sequenze temporali indicate con precisione e suddivise nei quarantacinque minuti della durata complessiva […] E c’erano sovrapposizioni di questi tempi diversi. Ma di tutti questi elementi, il più libero era certamente la danza».28
|
E ancora:
«Durante i momenti che io chiamavo “parentesi di tempo”, gli esecutori erano liberi entro certi limiti prefissati – penso che li potremmo chiamare compartimenti – Compartimenti che non erano obbligati a riempire e che funzionavano come il semaforo verde- Fino a quando non cominciava un determinato compartimento, non erano liberi di agire, ma non appena era cominciato potevano agire per tutto il tempo che desideravano, nei limiti della sua durata».29
|
Cage afferma che The Untitled Event fu strutturato tramite l’utilizzo delle operazioni casuali che determinavano delle parentesi temporali all’interno delle quali ciascun esecutore era libero di agire secondo la sua volontà. Questa struttura temporale indicava delle zone di tempo in cui agire, ma non come riempirle decisione queste che veniva lasciata all’esecutore.30 Questa libertà non proveniva da un disinteresse di Cage verso le attività degli altri partecipanti ma dall’intenzione dello stesso Cage di lasciar sussistere svariate creatività agenti in simultanea nello stesso spazio-tempo, e che tali attività apparissero nelle combinazioni più disparate non preordinate né organizzate dalla volontà di un creatore.
Cage concepì e scrisse la partitura nel giro di un pomeriggio e l’Event non fu mai provato.31 Nessuno aveva dunque idea di che cosa gli altri avessero fatto, né quando, sapevano solo che avrebbero agito all’interno di questi compartimenti temporali e in una determinata zona dello spazio.32 Questo spiegherebbe la confusione nei ricordi dei partecipanti ma non tra quelli del pubblico. Qui è lo stesso Cage a venirci in aiuto:
Cage concepì e scrisse la partitura nel giro di un pomeriggio e l’Event non fu mai provato.31 Nessuno aveva dunque idea di che cosa gli altri avessero fatto, né quando, sapevano solo che avrebbero agito all’interno di questi compartimenti temporali e in una determinata zona dello spazio.32 Questo spiegherebbe la confusione nei ricordi dei partecipanti ma non tra quelli del pubblico. Qui è lo stesso Cage a venirci in aiuto:
«Ricordo una signora entrata proprio al principio: la vedova di quello che era stato il capo della sezione musica. Era venuta presto di proposito, per avere il posto migliore e mi domandò dove era il posto migliore: io le dissi che erano tutti ugualmente buoni.
D: ti ha creduto? R: Bene si accorse che non aveva ottenuto una risposta alla sua domanda e si sedette semplicemente dove le sembrò meglio. Del resto non poteva, come non potevo neppure io, decidere quale fosse il posto migliore perché da ogni posto si vedeva uno spettacolo diverso (corsivo mio)».33 |
L’Event fu dunque costruito con la volontà di non privilegiare un punto di vista preciso che facesse risaltare la forma dell’insieme, ma di moltiplicare i punti focali tanto da farli tendere a infinito permettendo così a ciascun spettatore di operare un proprio montaggio costruendosi il proprio spettacolo e salvaguardando la libertà di poter vedere ciò che più suscitava interesse e attenzione. Ciò che spinge Cage è sempre la volontà di riconciliare vita e arte eliminando ciò che le discrimina tentando di rimuovere le strutture che fanno parte del nostro modo di pensare. Se quindi la vita di tutti i giorni non è strutturata tanto che le esperienze percettive sono differenti per ciascun individuo, così deve essere anche l’arte lasciando libero lo spettatore di far vagare il suo sguardo per ogni dove. Ciò che viene rimossa in un pomeriggio d’estate del 1952 è quindi l’unifocalità dello spettacolo invalsa nella cultura occidentale dall’Umanesimo, cultura in cui si privilegiava un punto di vista che rispecchiava nella sua gerarchia l’ordine sociale costituito.34
L’azione concertata da Cage pone il pubblico di fronte al pregiudizio invalso per cui uno spettacolo deve essere coerente e bisogna sapere cosa guardare. La mancanza di queste caratteristiche conduce a uno spaesamento del pubblico che, di fronte a tanta ricchezza non sa dove guardare. La stessa Mary Caroline Richards mette in risalto questi elementi:
L’azione concertata da Cage pone il pubblico di fronte al pregiudizio invalso per cui uno spettacolo deve essere coerente e bisogna sapere cosa guardare. La mancanza di queste caratteristiche conduce a uno spaesamento del pubblico che, di fronte a tanta ricchezza non sa dove guardare. La stessa Mary Caroline Richards mette in risalto questi elementi:
«Quando sei esposto a questo tipo di teatro, mi sembra, si può erroneamente pensare che si voglia che tu presti attenzione a ciascun elemento con la medesima intensità che avresti impiegato a guardarla come se fosse stata l’unica. E questo può essere molto stressante. Bisogna lasciare che ti scorra davanti senza provare a trovare un filo conduttore».35
|
La multifocalità è quindi la caratteristica più evidente dell’evento cageano, caratteristica che può spiegare l’abbondanza e la diversità delle ricostruzioni in nostro possesso e che conferma la bontà delle supposizioni di Cage: ciascun partecipanti ha visto uno spettacolo diverso e ne ha ricordi diversi. La disposizione della sala e degli avvenimenti ha inoltre ac- centuato questa caratteristica.
|
Ulteriore peculiarità che fa dell’Event un avvenimento di portata straordinaria fu proprio la compresenza di linguaggi artistici diversi e la pari dignità di tale partecipazione.36 Ciò che permette compresenza e simultaneità è esclusivamente la dimensione temporale. Le parentesi di tempo non dicono nulla del contenuto e non lo determinano, si limitano a permettere l’esistenza dei linguaggi. Con The Untitled Event si scopre una nuova dimensione del fare artistico che cancella l’intenzione comunicativa privilegiando la dimensione percettiva. Da questo momento l’arte è un fenomeno che incrementa la percezione dei partecipanti siano essi pubblico, esecutori o compositore. Ciò a cui mira Cage è un incremento della coscienza e della conoscenza del mondo che ci circonda, conoscenza che è garantita dall’accumulazione anarchica dei linguaggi che, compresenti in uno stesso spazio, perdono la loro facoltà comunicativa, si liberano delle sovrastrutture di pensiero, per essere liberamente nello stesso spazio e per aprirsi a possibilità combinatorie impreviste. Cage mira dunque a spalancare all’arte mondi impensati e sconosciuti, la sua volontà di compositore mira all’utile più che al bello:
«La funzione della musica è quella di cambiare la mente, non per capire, ma per essere consapevoli […] Ciò di cui abbiamo bisogno è una mente in grado di fare esperienze, perché questo ci torna assai utile, sia che le cose vadano lisce o meno; [...]».37
|
L’arte infatti diventa strumento utile a coloro che vogliono amplificare la loro coscienza o vogliono liberarla dai giudizi di valore. Cage per primo si libera del pregiudizio che pone il risultato come obbiettivo primario dell’artista. Cage si disinteressa del risultato privilegiando il processo di apertura dell’opera d’arte verso frontiere sperimentali impensate fino a quel momento. The Untitiled Event non è il primo spettacolo in cui arti differenti si accostano in maniera anarchica, si pensi a Relache di Picabia e Satie, nuovo è però il principio con cui si accostano i linguaggi, principio non sottoposto ad alcuna volontà creativa: i partecipanti all’evento creano le loro parti in tutta libertà senza nulla sapere del risultato finale. Inoltre, moltiplicati all’infinito i punti di vista, ciascun spettatore vede uno spettacolo diverso operando un proprio montaggio degli avvenimenti cui assiste e ricavando ciò che vuole dallo spettacolo.
L’Event al Black Mountain è quindi una sorta di vaso vuoto: a determinare il contenuto è solo lo spettatore. A essere riformulati sono anche i compiti dell’esecutore, figura che ora si confonde con quella del creatore dell’evento. Ogni attore è infatti libero di creare la sua propria parte, utilizzando il linguaggio che più gli si confà, libero al massimo grado tanto da poter decidere di non agire del tutto e scegliere il silenzio esecutivo. Se Water Music avvicinava i confini tra musica e teatro tanto da rendere improprio il termine concerto, The Untitiled Event sconfina completamente nel teatro riformulandone alcuni canoni. Riassumento possiamo indicare alcuni punti di novità: assenza di una regia che garantisca la coerenza dell’insieme. Unico motore dell’evento restano le parentesi temporali; interdisciplinarietà e collaborazione paritaria tra i diversi linguaggi; l’evento teatrale non è concepito come espressione di un testo che gli preceda (rispecchiando in questo le idee di Antonin Artaud di cui Cage fece tradurre il teatro e il suo doppio proprio quell’estate); non riproducibiltà dell’evento garantita dall’utilizzo delle operazioni casuali, dalla non determinazione dei compiti dell’esecutore e dall’apertura verso elementi imponderabili (reazioni del pubblico, elementi esterni che possono entrare a far parte dello spettacolo per esempio il cane che seguì Cunningham mentre danzava). Per tutti questi motivi The Untitled Event fu un avvenimento di straordinaria importanza soprattutto perché capostipite di tutta una serie di eventi che marcheranno la pratica artistica americana e europea negli anni Sessanta e Settanta.
Il 29 agosto 1952 al Maverick Concert Hall di Woodstock, New York si svolse un concerto che fece scalpore e divenne subito celebre: David Tudor eseguì 4’33” di John Cage, un pezzo costituito esclusivamente di silenzio. Da allora le polemiche non si sono del tutto placate e ancora molti sostengono che in fondo Cage con il suo pezzo silenzioso avesse soltanto un’intenzione provocatoria. L’importanza artistica e filosofica di 4’33” è stata abbondantemente dimostrata e non sta a noi aggiungere nuovo inchiostro all’abbondante fiume di scritti che sono stati dedicati a questo pezzo capitale. Quello che appare importante ai fini di questo studio è la componente visiva di 4’33”, anche se non si può del tutto evitare un accenno alle premesse che hanno portato Cage a comporre un pezzo costituito da soli silenzi né si può sorvolare sull’avventura editoriale di 4’33”. Nel 1947, in una conferenza al Vassar College, Cage comincia a delineare l’intenzione di comporre un brano costituito da solo silenzio e di volerlo chiamare Silent Prayer.38 Da questo barlume di idea dovranno seguire cinque anni prima che Cage porti a compimento il suo progetto. Questo lungo periodo di gestazione sta a testimoniare che il gesto di Cage non fu solamente provocatorio ma che fu supportato da un lungo periodo di riflessione e preparazione. Due furono le esperienze fondamentali che lo spinsero ad agire: l’esperienza nella camera anecoica nel 1951 e la visione dei quadri bianchi di Rauschenberg sempre nel 195139. se la prima esperienza convince Cage che il silenzio non esiste e a tacere sono solo le intenzioni, rimosse le quali si può finalmente ascoltare i suoni della realtà, la visione delle tele bianche serve a Cage per rimuovere gli indugi:
L’Event al Black Mountain è quindi una sorta di vaso vuoto: a determinare il contenuto è solo lo spettatore. A essere riformulati sono anche i compiti dell’esecutore, figura che ora si confonde con quella del creatore dell’evento. Ogni attore è infatti libero di creare la sua propria parte, utilizzando il linguaggio che più gli si confà, libero al massimo grado tanto da poter decidere di non agire del tutto e scegliere il silenzio esecutivo. Se Water Music avvicinava i confini tra musica e teatro tanto da rendere improprio il termine concerto, The Untitiled Event sconfina completamente nel teatro riformulandone alcuni canoni. Riassumento possiamo indicare alcuni punti di novità: assenza di una regia che garantisca la coerenza dell’insieme. Unico motore dell’evento restano le parentesi temporali; interdisciplinarietà e collaborazione paritaria tra i diversi linguaggi; l’evento teatrale non è concepito come espressione di un testo che gli preceda (rispecchiando in questo le idee di Antonin Artaud di cui Cage fece tradurre il teatro e il suo doppio proprio quell’estate); non riproducibiltà dell’evento garantita dall’utilizzo delle operazioni casuali, dalla non determinazione dei compiti dell’esecutore e dall’apertura verso elementi imponderabili (reazioni del pubblico, elementi esterni che possono entrare a far parte dello spettacolo per esempio il cane che seguì Cunningham mentre danzava). Per tutti questi motivi The Untitled Event fu un avvenimento di straordinaria importanza soprattutto perché capostipite di tutta una serie di eventi che marcheranno la pratica artistica americana e europea negli anni Sessanta e Settanta.
Il 29 agosto 1952 al Maverick Concert Hall di Woodstock, New York si svolse un concerto che fece scalpore e divenne subito celebre: David Tudor eseguì 4’33” di John Cage, un pezzo costituito esclusivamente di silenzio. Da allora le polemiche non si sono del tutto placate e ancora molti sostengono che in fondo Cage con il suo pezzo silenzioso avesse soltanto un’intenzione provocatoria. L’importanza artistica e filosofica di 4’33” è stata abbondantemente dimostrata e non sta a noi aggiungere nuovo inchiostro all’abbondante fiume di scritti che sono stati dedicati a questo pezzo capitale. Quello che appare importante ai fini di questo studio è la componente visiva di 4’33”, anche se non si può del tutto evitare un accenno alle premesse che hanno portato Cage a comporre un pezzo costituito da soli silenzi né si può sorvolare sull’avventura editoriale di 4’33”. Nel 1947, in una conferenza al Vassar College, Cage comincia a delineare l’intenzione di comporre un brano costituito da solo silenzio e di volerlo chiamare Silent Prayer.38 Da questo barlume di idea dovranno seguire cinque anni prima che Cage porti a compimento il suo progetto. Questo lungo periodo di gestazione sta a testimoniare che il gesto di Cage non fu solamente provocatorio ma che fu supportato da un lungo periodo di riflessione e preparazione. Due furono le esperienze fondamentali che lo spinsero ad agire: l’esperienza nella camera anecoica nel 1951 e la visione dei quadri bianchi di Rauschenberg sempre nel 195139. se la prima esperienza convince Cage che il silenzio non esiste e a tacere sono solo le intenzioni, rimosse le quali si può finalmente ascoltare i suoni della realtà, la visione delle tele bianche serve a Cage per rimuovere gli indugi:
«Quando le vidi, dissi: “Oh sì, devo farlo; altrimenti rimarrò indietro, altrimenti la musica rimarrà indietro».40
|
A frenare Cage era il timore di venire frainteso e che 4’33” fosse considerato una rinuncia:
«Sapevo che sarebbe stato preso per uno scherzo e una rinuncia all’opera, quando invece sapevo che se l’avessi fatto sarebbe stata la più alta forma di opera d’arte».41
|
Nonostante questi timori Cage non aspetta il 1952 per iniziare l’esplorazione del silenzio. Già in Four Walls del 194442 scritto per accompagnare un balletto di Cunningham, Cage fa largo uso del silenzio, per non parlare della Conferenza su niente in cui le parole si alternano ai silenzi e dove è detto :«Quello che chiediamo è il silenzio, ma quel che il silenzio richiede è che io seguiti a parlare».43
4’33” è comunque la prima opera interamente silenziosa di John Cage e quella che lui consi- derò la più importante, la base su cui costruire tutte le opere seguenti:
4’33” è comunque la prima opera interamente silenziosa di John Cage e quella che lui consi- derò la più importante, la base su cui costruire tutte le opere seguenti:
«Quando scrivo un pezzo, cerco di farlo in modo che non vada a interrompere quest’altro pezzo che sta già continuando. Ed è questo il modo in cui intendo dire che esso influenza il mio lavoro».44
|
Ma se il silenzio non esiste in cosa consiste la sua natura? E 4’33” è ancora arte in senso tradizionale o si pone fuori dalla sua sfera? Cage vuole che si presti attenzione ai suoni che esistono in natura, suoni scevri di volontà e intenzione, e che la musica cominci ad essere costituita solo da questi suoni. 4’33” è quindi un’opera senza opera :«è un’apertura a tutte le possibilità solo se non si trova nulla alla base»45 e la base è la mancanza di intenzionalità, è la possibilità di scoprire un nuovo ascolto attento a tutti i suoni che ci circondano incrementando e migliorando la nostra attenzione verso la vita, una vita libera di penetrare nel mondo dell’arte e influenzarlo radicalmente. Per comporre 4’33” Cage ricorse alle operazioni casuali ma questa volta non utilizzò l’I Ching bensì le carte dei tarocchi.46 La partitura di 4’33” ha avuto una storia altrettanto intricata come la sua composizione. L’originale è andato perduto ma è documentata la sua struttura. Oltre a questa versione ne esistono altre cinque alcune delle quali presentano diverse partizioni temporali rispetto all’originale.
Noi ci limiteremo a considerare la ricos-truzione del manoscritto utilizzato durante il concerto del 1952 fatta da David Tudor47 e la partitura nota come Kremen Manuscript e la sua versione a stampa nota come Kremen Edition in quanto contengono importanti indicazioni sulla componente teatrale di 4’33”. Il primo manoscritto è così ricostruito da David Tudor:
|
«L’originale era su carta da musica, con righi e diviso in misure come la Music of Changes con l’unica differenza che qui mancavano le note. Ma c’era il tempo, notato esattamente come nella Music of Changes solo che il tempo non cambiava mai, e non c’erano avvenimenti – solo misure vuote, nient’altro – e il tempo era facile a computarsi. Il tempo era 60».48
|
La partitura nota come Kremen ms. prevede dei fogli bianchi in cui lo spazio equivale al tempo. Ogni pagina misura cinquantasei secondi. La partitura nota come Kremen Edition è uguale alla Kremen ms. solo che vengono ridotte le dimensioni dei fogli. 4’33” è costituito da tre movimenti rispettivamente di 30”, 2’23” e 1’40” e Cage suggerì a Tudor di marcare la fine e l’inizio dei movimenti con un gesto preciso: chiudere il coperchio del pianoforte all’inizio del movimento e riaprirlo alla fine. Inoltre nonostante il tempo fosse esattamente indicato, Tudor utilizzava anche un cronometro che veniva attivato dopo la chiusura del coperchio e veniva fermato alla fine del movimento:
«L’idea di chiudere il coperchio del pianoforte fu un’idea di John. Lo abbassi e fai partire il cronometro, e poi lo apri e fermi il cronometro - così non è mai lo stesso. Non durò quattro minuti e trentatre secondi, durò molto di più».49
|
Tudor inoltre doveva girare le pagine man mano che il tempo trascorreva:
«È importante che tu legga la partitura durante l’esecuzione, perché ci sono queste pagine da voltare. Così tu aspetti e giri le pagine. Io sentivo che il suono era molto forte ma alla fine questo fa la differenza».50
|
La differenza che segnala Tudor è che l’esecutore, così facendo, marca con la sua azione lo scorrere del tempo. L’esecutore è già in possesso del cronometro e percepisce con esattezza il trascorrere del tempo tanto che la lettura della partitura può risultare ininfluente. La partitura diventa quindi un oggetto di scena e il suo utilizzo segnala al pubblico che quel silenzio è un brano musicale e il suo tempo di esecuzione trascorre. Anche l’azione di chiudere e riaprire il pianoforte contiene in sé un’intenzione precisa: chiudendo il coperchio si chiude di fatto la porta alla musica tradizionalmente intesa, la musica costituita da suoni intenzionali e strumenti tradizionali lasciando che i soli suoni ambientali, la non-musica, il silenzio appunto, possano entrare a far parte della sfera dell’arte e l’arte a sua volta possa compenetrarsi con la vita. L’atteggiamento di Tudor, la sua precisa attenzione, la disciplina con cui volta le pagine e gli vieta qualsiasi azione superflua e rumorosa, permette che ciò avvenga. L’esecutore con il suo stare in scena e il suo agire crea le condizioni affinché i suoni senza intenzione possano manifestarsi.
Benché sia un’opera musicale 4’33” presuppone dunque una visione: le azioni dell’esecutore, che non suona alcuno strumento, sono azioni che devono essere viste e la cui visione incrementa la qualità del pezzo:
Benché sia un’opera musicale 4’33” presuppone dunque una visione: le azioni dell’esecutore, che non suona alcuno strumento, sono azioni che devono essere viste e la cui visione incrementa la qualità del pezzo:
«Cosa ci può essere di più teatrale che il pezzo silenzioso? Qualcuno sale sul palcoscenico e non fa assolutamente nulla».51
|
Con questo nulla Cage indica il non fare azioni intenzionali, l’attenersi esclusivamente ai compiti assegnati:
«Ma non intendo dire, con il pezzo silenzioso o con qualsiasi altro pezzo, che io accetti qualsiasi gesto espressivo intenzionale, o qualsiasi cosa facciano le persone, come idonei a interrompere quest’altra attività. Certamente non credo che un’esecuzione cattiva, irriflessiva o irrispettosa di una mia opera costituisca una sua reale esecuzione».52
|
Cage richiede all’esecutore, e la performance di David Tudor ne è la testimonianza più palese, di abbandonare le proprie intenzioni e di immedesimarsi nello spirito dell’opera: benché le azioni svolte dall’esecutore siano importanti egli richiede un’esecuzione «passiva, riservata, seria, rispettosa e attenta».53 Queste qualità dell’interprete che David Tudor incarna così fedelmente è stata chiamata da Cage nobiltà:
«Per aiutare a capire di che si tratta, direi che l’assenza di nobiltà si manifesta, in un interprete, per esempio, quando, invece di comportarsi fedelmente nei riguardi di ciò che gli è stato chiesto, decide che quel che egli deve eseguire è indegno di lui. Egli ha inteso dire che questa musica è indeterminata, lasciata al caso ecc, e rifiuta di suonare. Oppure in quel momento l’interprete può decidere che tutto va bene, che tutto può andare, che basterà suonare non importa come. […] Rischiamo di caderci dentro ogni volta che ci accontentiamo di mettere qualcosa in rapporto con ciò che amiamo o che ci ripugna!».54
|
Per concludere
possiamo affermare che 4’33” è un brano che implica una forte
gestualità, una forte presenza dell’interprete che non deve essere però
aggressiva, invasiva o irrispettosa dell’ambiente che lo circonda. Ciò che
vuole Cage è che la gestualità dell’interprete sia un modo per introdurci in una
nuova ottica che comprenda anche ciò che non è tradizionalmente considerato
artistico. Se in Water Music la gestualità si limitava ad assolvere
compiti segnati in partitura, con 4’33” Cage scopre una nuova gestualità
e affida all’esecutore una responsabilità ancora maggiore: l’interprete è ora
creatore dell’evento e la qualità della sua creazione è direttamente
proporzionale alla sua nobiltà ossia alla sua capacità di frenare la sua
intenzionalità e di comprendere lo spirito della composizione.
Se riesaminiamo
nel suo complesso la stagione teatrale cageana del 1952 possiamo dedurre alcuni
interessanti vettori che si dipartono tracciando labirinti fatti di svolte,
passi indietro, ritorni, nuove scoperte e recuperi di materiali tradizionali
che costituiscono il complesso fenomeno del teatro di John Cage. In primo luogo
i tre lavori presi in esame confondono i contesti, perdono una cornice che li
inquadri esattamente, risaltano per ambiguità. In 4’33”, per esempio,
benché l’intento sia specificamente musicale – scoprire il silenzio, i suoni
senza intenzione e con questi ascoltare una nuova musica costituita dalle
stesse leggi della natura (mancanza di relazione prestabilita tra i suoni,
musica prima di sintassi e grammatica, utilizzo del caso, ecc) – tale intento
si fa concreto attraverso la visione del pubblico e l’azione del performer. David
Tudor con il suo essere in scena concentrato e rispettoso e con le sue azioni
rende possibile la manifestazione del silenzio. Questo divenire-teatro
della musica, divenire che di fatto frantuma i confini e le cornici classiche,
permette di tracciare nuove mappe nell’universo musicale e non solo. La musica
per trasformarsi diviene altro da sé, diviene visione.
Questo divenire è anche in Water Music dove l’azione del performer è musicale solo nel senso che questa produce suoni e che questi suoni provengano da oggetti che non sono strumenti musicali e diviene teatrale nell’utilizzare il pianoforte come oggetto di scena e la partitura come scenografia. Se queste due opere sono caratterizzate dal divenire-teatro della musica, The Untitled Event diviene teatro benché le componenti non perdano nella della loro natura. Il film di Cernovitch, le poesie di Olson o le danze di Cunningham rimangono quello che sono: cinema, poesia e danza. Sono la compresenza e la simultaneità del loro apparire che fanno dell’insieme un evento teatrale, perché il teatro si fa simile alla vita dove gli eventi che accadono sono semplicemente presenti senza relazione comprensibile allo sguardo dell’osservatore. L’essere presenti insieme senza relazione prestabilita fa scomparire la cornice tra vita e arte: non c’è intenzione né comunicazione è esclusivamente questione di esistere e scomparire. Proprio la mancanza di intenzione comunicativa permette questa compresenza perché scompare il filtro del creatore che plasma la materia: Cage abbandona l’arte demiurgica e in teatro fa scomparire la regia tradizionalmente intesa. Il regista John Cage cerca di educare la percezione impedendo l’azione dell’ego affinché si possa scoprire la realtà: si abbandona la rappresentazione a favore di un’opera di disvelamento della verità qualunque essa sia. Il teatro di Cage rifiuta la comunicazione, non è un teatro delle idee, è un teatro della sperimentazione pura in cui conta il processo di scoperta e non il suo risultato a patto che siano rimosse le intenzioni e che sia il silenzio a farla da padrone. La simultaneità presuppone inoltre una ridefinizione dei parametri tempo e spazio, un tempo zero, non a servizio dell’intenzione ma un tempo che accolga la possibilità dell’esistenza svincolata dalla volontà del creatore; e lo spazio che non sarà più gerarchico ma, come nelle tele di Pollock o in quelle di Rauschenberg, uno spazio senza centro, senza punto di vista, semplicemente un luogo in cui gli eventi possano affiorare. Cage fu un artista che non limitò mai il campo della sua azione, non considerò mai i confini tra le arti e le discipline come un limite invalicabile, anzi decise che quei confini non avevano ragion d’essere e si adoperò per la loro cancellazione.
Il teatro fu da lui usato come il mezzo privilegiato per il superamento di questi confini, luogo in cui potevano incontrarsi diversi linguaggi, discipline e artisti, un vaso vuoto all’interno del quale numerosissimi liquidi potevano mescolarsi e nello stesso tempo rimanere se stessi, un luogo in cui le alterità potessero convivere e da tale compresenza potesse nascere quell’imprevisto da lui considerato come il sale della vita.
E Cage voleva spingere il teatro proprio verso la vita, mirando all’abolizione di tutte quelle distinzioni che impedivano, secondo lui, di guardare il mondo come fonte di meraviglia e di stupore perché si separava l’opera dell’uomo da quella della natura. Questa separazione tra arte e vita era vista come la causa di tutti i mali, perché condannava l’arte all’affermazione della personalità e del pensiero dell’artefice, abisso in cui si specchiava lo spirito narciso dell’uomo ossessionato e affascinato dalla propria immagine a tal punto da scordarsi del mondo che lo circondava. E Cage mutua questi pensieri non solo dal buddismo zen di cui sempre si parla, ma da un’altra figura capitale che hanno tentato di rivoluzionare il teatro e di attribuirgli nuove finzioni nel nostro tempo. Stiamo parlando di Antonin Artaud la cui influenza su Cage dovrebbe essere maggiormente studiata e che scrisse Il teatro e il suo doppio, opera che influenzò fortemente le scelte teatrali di Cage e di molto teatro d’avanguardia americano. Artaud, l’anarchia e il disordine, quell’anarchia a cui Cage si votò totalmente impedendo al suo pensiero di costituirsi in regola, in canone a cui conformarsi, convinto che la natura non avesse regola se non quella scoperta da Ovidio: la metamorfosi continua, il mutare instancabile delle forme. Cage rinunciò all’affermazione di sé lanciandosi alla scoperta del mondo, lasciando dietro di sé i propri pregiudizi per poterlo vedere con occhi nuovi e come Piero Manzoni mise il mondo su un piedistallo riconoscendolo come opera d’arte in perpetuo divenire. Il teatro fu per Cage un mezzo che permetteva di intraprendere questo viaggio di scoperta perché lasciava spazio alle arti di interagire ampliando notevolmente lo spettro delle possibilità di azione.
Il teatro è pertanto il piano su cui può manifestarsi il multiforme spettacolo della vita, il luogo in cui tutto è possibile perché nessuna eventualità è bandita e tutti i linguaggi hanno diritto di cittadinanza. Cage recupera l’etimo originario: Teatron, il luogo da cui si guarda. Questo è il punto che segnala la distanza di Cage dal teatro vivo e vivace degli anni Sessanta e Settanta in America, il teatro del Living Theatre, del Teatro Campesino, del San Francisco Mime Troupe, dal Performing Groupe di Schechner, così come dall’Happening e dai Fluxus, i primi impegnati nell’azione e nell’asserzione politica, nella rivolta e nell’opposizione che condanna il teatro all’affermazione di principi e alla scelta di parte, alla dialettica, al dramma, al gioco delle parti, i secondi rivolti verso un’aggressione percettiva altrettanto affermativa in cui il pubblico è trattato da cavia per esperimenti di risveglio collettivo. Niente di tutto questo in Cage dove la penuria di contenuti nei suoi spettacoli è già azione politica contenendo in sé il rifiuto di condizionare in alcun modo la visione. Cage, ottimo discepolo di Thoreau, rinuncia a governare lo spettacolo, rinuncia alla regia, lasciando la libertà in chi guarda di percepire ciò che vuole e di costruirsi il proprio spettacolo, e rinuncia ai simboli e alle costrizioni proprie degli Happeners e dei Fluxus, che a lui si rifanno come a un maestro ma non riescono a rinunciare alla mania di espressione e di rappresentazione. Cage ci ha dunque lasciato un teatro volto a superare la rappresentazione.
Conscio, forse, dell’impossibilità di tale progetto cercò comunque di tendere verso questa me- ta, così come Carmelo Bene, Artaud, il Theatre du Radeau. Questo tentativo o, meglio, questa tensione ci ha lasciato in eredità e oggi più che mai il suo sperimentalismo è importante per far ritrovare al teatro contemporaneo una funzione nella società dello spettacolo: il tentativo di rompere lo schema, il previsto, sue infinite possibilità.
Questo divenire è anche in Water Music dove l’azione del performer è musicale solo nel senso che questa produce suoni e che questi suoni provengano da oggetti che non sono strumenti musicali e diviene teatrale nell’utilizzare il pianoforte come oggetto di scena e la partitura come scenografia. Se queste due opere sono caratterizzate dal divenire-teatro della musica, The Untitled Event diviene teatro benché le componenti non perdano nella della loro natura. Il film di Cernovitch, le poesie di Olson o le danze di Cunningham rimangono quello che sono: cinema, poesia e danza. Sono la compresenza e la simultaneità del loro apparire che fanno dell’insieme un evento teatrale, perché il teatro si fa simile alla vita dove gli eventi che accadono sono semplicemente presenti senza relazione comprensibile allo sguardo dell’osservatore. L’essere presenti insieme senza relazione prestabilita fa scomparire la cornice tra vita e arte: non c’è intenzione né comunicazione è esclusivamente questione di esistere e scomparire. Proprio la mancanza di intenzione comunicativa permette questa compresenza perché scompare il filtro del creatore che plasma la materia: Cage abbandona l’arte demiurgica e in teatro fa scomparire la regia tradizionalmente intesa. Il regista John Cage cerca di educare la percezione impedendo l’azione dell’ego affinché si possa scoprire la realtà: si abbandona la rappresentazione a favore di un’opera di disvelamento della verità qualunque essa sia. Il teatro di Cage rifiuta la comunicazione, non è un teatro delle idee, è un teatro della sperimentazione pura in cui conta il processo di scoperta e non il suo risultato a patto che siano rimosse le intenzioni e che sia il silenzio a farla da padrone. La simultaneità presuppone inoltre una ridefinizione dei parametri tempo e spazio, un tempo zero, non a servizio dell’intenzione ma un tempo che accolga la possibilità dell’esistenza svincolata dalla volontà del creatore; e lo spazio che non sarà più gerarchico ma, come nelle tele di Pollock o in quelle di Rauschenberg, uno spazio senza centro, senza punto di vista, semplicemente un luogo in cui gli eventi possano affiorare. Cage fu un artista che non limitò mai il campo della sua azione, non considerò mai i confini tra le arti e le discipline come un limite invalicabile, anzi decise che quei confini non avevano ragion d’essere e si adoperò per la loro cancellazione.
Il teatro fu da lui usato come il mezzo privilegiato per il superamento di questi confini, luogo in cui potevano incontrarsi diversi linguaggi, discipline e artisti, un vaso vuoto all’interno del quale numerosissimi liquidi potevano mescolarsi e nello stesso tempo rimanere se stessi, un luogo in cui le alterità potessero convivere e da tale compresenza potesse nascere quell’imprevisto da lui considerato come il sale della vita.
E Cage voleva spingere il teatro proprio verso la vita, mirando all’abolizione di tutte quelle distinzioni che impedivano, secondo lui, di guardare il mondo come fonte di meraviglia e di stupore perché si separava l’opera dell’uomo da quella della natura. Questa separazione tra arte e vita era vista come la causa di tutti i mali, perché condannava l’arte all’affermazione della personalità e del pensiero dell’artefice, abisso in cui si specchiava lo spirito narciso dell’uomo ossessionato e affascinato dalla propria immagine a tal punto da scordarsi del mondo che lo circondava. E Cage mutua questi pensieri non solo dal buddismo zen di cui sempre si parla, ma da un’altra figura capitale che hanno tentato di rivoluzionare il teatro e di attribuirgli nuove finzioni nel nostro tempo. Stiamo parlando di Antonin Artaud la cui influenza su Cage dovrebbe essere maggiormente studiata e che scrisse Il teatro e il suo doppio, opera che influenzò fortemente le scelte teatrali di Cage e di molto teatro d’avanguardia americano. Artaud, l’anarchia e il disordine, quell’anarchia a cui Cage si votò totalmente impedendo al suo pensiero di costituirsi in regola, in canone a cui conformarsi, convinto che la natura non avesse regola se non quella scoperta da Ovidio: la metamorfosi continua, il mutare instancabile delle forme. Cage rinunciò all’affermazione di sé lanciandosi alla scoperta del mondo, lasciando dietro di sé i propri pregiudizi per poterlo vedere con occhi nuovi e come Piero Manzoni mise il mondo su un piedistallo riconoscendolo come opera d’arte in perpetuo divenire. Il teatro fu per Cage un mezzo che permetteva di intraprendere questo viaggio di scoperta perché lasciava spazio alle arti di interagire ampliando notevolmente lo spettro delle possibilità di azione.
Il teatro è pertanto il piano su cui può manifestarsi il multiforme spettacolo della vita, il luogo in cui tutto è possibile perché nessuna eventualità è bandita e tutti i linguaggi hanno diritto di cittadinanza. Cage recupera l’etimo originario: Teatron, il luogo da cui si guarda. Questo è il punto che segnala la distanza di Cage dal teatro vivo e vivace degli anni Sessanta e Settanta in America, il teatro del Living Theatre, del Teatro Campesino, del San Francisco Mime Troupe, dal Performing Groupe di Schechner, così come dall’Happening e dai Fluxus, i primi impegnati nell’azione e nell’asserzione politica, nella rivolta e nell’opposizione che condanna il teatro all’affermazione di principi e alla scelta di parte, alla dialettica, al dramma, al gioco delle parti, i secondi rivolti verso un’aggressione percettiva altrettanto affermativa in cui il pubblico è trattato da cavia per esperimenti di risveglio collettivo. Niente di tutto questo in Cage dove la penuria di contenuti nei suoi spettacoli è già azione politica contenendo in sé il rifiuto di condizionare in alcun modo la visione. Cage, ottimo discepolo di Thoreau, rinuncia a governare lo spettacolo, rinuncia alla regia, lasciando la libertà in chi guarda di percepire ciò che vuole e di costruirsi il proprio spettacolo, e rinuncia ai simboli e alle costrizioni proprie degli Happeners e dei Fluxus, che a lui si rifanno come a un maestro ma non riescono a rinunciare alla mania di espressione e di rappresentazione. Cage ci ha dunque lasciato un teatro volto a superare la rappresentazione.
Conscio, forse, dell’impossibilità di tale progetto cercò comunque di tendere verso questa me- ta, così come Carmelo Bene, Artaud, il Theatre du Radeau. Questo tentativo o, meglio, questa tensione ci ha lasciato in eredità e oggi più che mai il suo sperimentalismo è importante per far ritrovare al teatro contemporaneo una funzione nella società dello spettacolo: il tentativo di rompere lo schema, il previsto, sue infinite possibilità.
Note:
1 D: «Come sei entrato nel teatro?»R: «Mi ci ha condotto l’esperienza con la danza. La riflessione che un essere umano non è solo orecchi ma ha anche un paio d’occhi, penso che sia stato questo». In Conversazione con Richard Schechner e Micheal Kirby in Riga n.15, Marcos y Marcos, Milano, 1998, pag. 178. 2 Ivi, pag. 171. 3 :«Water Music vuol essere un pezzo di musica nel quale però sono introdotti elementi visivi che gli permettono di essere anche teatro». Ivi, pag. 178. 4 William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, Harwood Academic Publishers, Amsterdam, 1996, p. 25. 5Water Music © 1960 Henmar press, New York. 6 :«La prima cosa che poteva diventare teatrale era quello che il pianista guardava: lo spartito; normalmente non lo vede nessun altro ma dal momento che ci occupiamo della vista possiamo farlo abbastanza grande perché sia visto dal pubblico». In Conversazione con Richard Schechner e Micheal Kirby in Riga n.15, op. cit, pag. 178. 7 Ibidem. Il metodo utilizzato da Cage è lo stesso usato per le Music oj Changes. Iniziate a comporre nel 1951 ed eseguite per la prima volta nel 1952 :«l’idea che le cose dovessero essere viste oltre che ascoltate era già evidente in Water Music, che egli aveva composto in primavera, per quanto il metodo fosse lo stesso che aveva usato per le Music of Changes». In Calvin Tomkins, Vite d’avanguardia, Genova, Costa & Nolan, 1983, pag. 40. Tomkins descrive anche il metodo utilizzato da Cage per le Music of Changes :«Nella sua Music of Changes egli cominciò a redigere ventisei larghi diagrammi su cui tracciare i vari aspetti della composizione – suoni, durata, dinamiche, tempi, e perfino i silenzi che ricevevano lo stesso valori dei suoni. Ogni singola notazione su ciascuno di questi diagrammi era determinata dalle operazioni sul caso riprese dall’I Ching. Per tracciare una singola nota, per esempio, Cage tirava tre monete per sei volte; il risultato attentamente trascritto su un foglio di carta, lo avrebbe portato a un numero particolare che corrispondeva a una posizione sul diagramma. Questo avrebbe solo determinato il tono della nota e l’intero procedimento avrebbe dovuto ripetersi per trovare durata, timbro, e altre caratteristiche». Ivi, pag. 37. 8 Riportiamo in tal senso il racconto di David Tudor di un concerto tenuto a Londra nel 1954 :«Una delle cose più simpatiche che mi sono successe fu quando stavo suonando (Water Music) a Londra nel 1954, e c’era un avvenimento in cui dovevo accendere la radio per tre secondi e poi spegnerla (a 3,505” nella partitura), e io accesi – (ride) – Questi suoni vi vengono cortesemente offerti dalla British Broadcasting Corporation – (ride)». In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 25. 9A proposito dei tempi di notazione la pianista Margaret Len Tan sostiene che: «ho scoperto la ragione per cui Cage chiede al performer di usare un cronometro, e la ragione dell’esistenza di evento a un quarto o a tre quarti di secondo, ed è perché ti vuole costringere a un movimento molto ritmico e molto preciso». In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 28. C’è da dire però che se Cage avesse voluto essere così preciso nella notazione avrebbe segnato in partitura anche le durate delle singole azioni invece di segnare solo il rilievo cronometrico per l’inizio dell’azione. Cage non richiede dunque una durata standard ma permette all’esecutore di scegliere le dinamiche, le durate e il ritmo con cui eseguire la partitura e consentendo ai singoli performer interpretazioni molto diverse le une dalle altre. 10 John Cage Composition as a process in Silence: Lectures and writings, Wesleyan University Press, Middletown (Connecticut), 1961. 11 :«La liberazione dell’agire, contro il ridursi della musica a mero fatto uditivo, trascende l’ambito acustico. L’azione resta visibile: un attacco sulla tastiera o un pizzicato all’interno del piano a coda, il percorso del pianista all’altra estremità dello strumento, l’afferrare un fischietto o una barchetta (per rimanere nel limite del campo pianistico). L’elemento spettacolare di tali azioni può restare in secondo piano rispetto a quello acustico o prendere una netta preponderanza, tutta una scala di composizione interna può essere formata (corsivo mio). […] Le prime gesta per un nuovo teatro musicale – dopo il naufragio dell’opera, il fallimento della rappresentazione musicale epica e il necessario evolversi al non figurativo del teatro stesso – appaiono qui tanto timidamente quanto implicata vi è la responsabilità di non sperperarne il seme potenziale». In Hans Klaus Metzger John Cage o della liberazione in Riga n.15, op. cit. pag. 285. 12 Cfr. In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pp. 97-98. 13 La du Plexis probabilmente si confonde con la lettura da lei fatta insieme a Cage della Haung Po doctrine of Universal Mind che durò svariate ore e fu tenuta un paio di mesi prima. Cfr. John Cage Lettera a uno sconosciuto a cura di R. Kostellanetz, Socrates, Roma, 1997, pag. 95. 14 Mary Emma Harris The arts at Black Mountain College, The MIT Press, Massachessetts, 1997, pag. 228; Rosalee Goldberg Performance art from futurism to the Present, Thames & Hudson, New Yoek, 2001, pag. 120. 15 In Conversazione con Richard Schechner e Micheal Kirby in Riga n.15, op. cit. pag. 178. La lettura della Juilliard Lecture dura proprio quarantacinque minuti esattamente la durata dell’Event indicato dalla maggior parte delle testimonianze. 16 Martin Duberman Balck Mountain: An Exploration in Community New York, E. P: Dutton, 1972, pag. 353. 17 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 100. 18 Le testimonianze concordano sulla possibilità che Tudor avesse suonato Water Music, ma c’è da ricordare che il 12 agosto, ossia quattro giorni prima dell’Event, Tudor aveva eseguito al Black Mountain proprio Water Musice che quindi, data la durata di soli sei minuti e quaranta secondi e non essendo in possesso dei tempi di esecuzione destinati a Tudor, non si può escludere che i testimoni si ricordino del concerto precedente. 19 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 101. 20 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 102; Mary Emma Harris The arts at Black Mountain College op. cit. pag. 228; Rosalee Goldberg Performance art from futurism to the Present, op. cit. pag. 120. 21 John Cage Lettera a uno sconosciuto op. cit. pag. 438. 22 Martin Duberman Balck Mountain: An Exploration in Community, op. cit. pag. 354. 23 Micheal Kirby Happenings Bari, De Donato, 1968. 24 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 101. 25 La prima ipotesi vuole che Rauschenberg mettesse dischi di Edith Piaff (In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 101); la seconda che mettesse dischi di musica popolare americana degli anni Venti e Trenta ( Martin Duberman Balck Mountain: An Exploration in Community Op. cit. pag. 354). 26 Mary Emma Harris The arts at Black Mountain College, op. cit. pag. 228. 27 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 102. 28 John Cage Per gli uccelli. Conversazioni con Daniel Charles (1977), Torino, Testo & immagine, 1999, pag. 178. 29 John Cage Lettera a uno sconosciuto op. cit. pag. 162. 30 Questo fa di The Untitled Eventil primo pezzo teatrale con partitura indeterminata di Cage. Crf. William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 104. 31 John Cage Lettera a uno sconosciuto op. cit. pag. 290. 32 Ibidem. 33 In Conversazione con Richard Schechner e Micheal Kirby, in Riga n.15, op. cit, pag. 173. 34 D: « Una volta tu hai detto :”Io cerco di fare in modo che la gente si renda conto di far da sé la sua esperienza e non di subirla [...]”. R: Era così, ma mi sembra che noi stiamo cambiando questa situazione. Quando c’è un teatro con il proscenio e il pubblico sistemato in modo che tutti guardino nella stressa direzione […] si presume che la gente “lo” vedrà se guarda tutta nella stessa direzione. Oggi invece la nostra esperienza non è così concentrata in un solo punto. Viviamo e siamo sempre più coscienti di vivere nello spazio intorno a noi. I correnti sviluppi del teatro stanno trasformando l’architettura da un concetto rinascimentale a qualcosa di diverso che è in rapporto con le nostre vite. […] Un teatro nel quale noi stessi siamo al centro è più pertinente alla nostra esperienza quotidiana... un teatro nel quale l’azione si svolge intorno a noi». Ivi, pag. 172. 35 In William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 101. 36 Cfr. Marco de Marinis Il nuovo teatro 1947-1970 Milano, Bombiani, 2000, pp. 11-14. 37 John Cage Lettera a uno sconosciuto op. cit. pag. 293. 38 In Larry Salomon The Sound of silence www.azstarnet.com/~solo/4min33se.html 39 Larry Salomon The Sound of silence op. cit. 40 Ivi. 41 Ibidem. 42 :«(Four Walls) è il primo pezzo di Cage - e probabilmente della storia della musica – in cui al silenzio è affidato un ruolo strutturale nell’economia della composizione. Non abbiamo più niente a che fare con le pause espressive a cui eravamo stati abituati da tanta musica del passato, dove l’attimo di sospensione vuoto valeva come un ponte gettato tra il suono precedente e quello sul punto di arrivare. Qui il silenzio vale di per se stesso: tanto da occupare in alcuni numeri del balletto, delle durate maggiori rispetto alle battute riservate ai suoni». In Michele Porzio Metafica del silenzio. John Cage l’oriente e la nuova musica Auditorium, Milano, 2000, pag. 4. 43 In John Cage Silenzio. Antologia da Silence e a Year from Monday, a cura di Renato Pedio, Milano, Feltrinelli, 1971 pag. 71. 44 John Cage Conversazione con William Duckworth: tutto quello che dico verrà frainteso. Riga n. 15, op. cit. pag. 222. 45 Ivi, pag 221. 46 Per un’esaustiva descrizione dei metodi compositivi utilizzati da Cage cfr. Larry Salomon The Sound of silence, op. cit. 47 Per la ricostruzione della storia editoriale di 4’33” vedi Larry Salomon The Sound of silence, op. cit. 48 Larry Salomon The Sound of silence op. cit. 49 William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pp. 74/75. 50 Ibidem. 51 William Fetterman John Cage’s Theatre pieces. Notations and performances, op. cit. pag. 84. 52 John Cage Conversazione con William Duckworth: tutto quello che dico verrà frainteso. Riga n. 15, op. cit. pag. 222. 53 Larry Salomon The Sound of silence, op. cit. 54 John Cage Per gli uccelli. Conversazioni con Daniel Charles (1977), Testo & immagine, Torino, 1999, pag. 220. Scrivono in PASSPARnous:
|
Enrico Pastore
|
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico
Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio
Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
LE SEZIONI di PASSPARnous:
|
.
Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportage diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Martina Tempestini Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
o
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati