Codice ISSN: 2281-9223 Rivista d’arte diretta da F. Panizzo - Numero XI mese di Settembre, 2013 - Anno II
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Penso che sia in questo il valore incommensurabile della produzione di un artista, che fu anche autore, poeta, drammaturgo, traduttore, storico, scrittore, sua è un’opera dedicata a Oscar Wilde e al suo arresto, dal titolo Lieblingsminne und Freundesliebe in der Weltliteratur, omosessuale, seppure il suo orientamento non spiega la sua poetica ma, bensì, può essere quella componente che, insieme ad altre, garantisce una visione completa nella lettura della sua ampia attività. Elisar nasce a Tallin in Estonia, si fa chiamare Elisarion, formandosi a San Pietroburgo, poi a Berlino, viaggiando per l’Italia e stabilizzandosi, infine, con il proprio partner, lo storico e filosofo Eduard von Mayer, in una villa a Minusio, Svizzera, che divenne il Sanctuarium Artis Elisarion. La villa divenne nel 1981 museo dedicato alla pro- duzione di un’intera esistenza di Kupffer, ma fu, durante la vita dell’artista eclettico, un punto di riferimento, quasi sperimentale per i tempi, dei claristi. Chi erano costoro? Erano coloro che rispondevano a fronte di un progresso sociale, intriso di conquiste sociali, di evoluzioni scientifiche, di abbandono totale al materialismo, chiedendo e cercando un necessario cambiamento della collettività e del sostrato culturale, riprendendo alcuni valori che erano stati dimenticati o, magari, mai ancora conosciuti, affrontati. Il cambiamento, la trasformazione della società dove- vano avvenire non tramite una rivoluzione, linguaggio alquanto lontano dalle aspettative e dalle attese dei claristi, ma da un’evoluzione, esemplificando un lavoro interiore che si basasse sulla consapevolezza umana, della persona. Il clarismo si basa sulla teoria dei generi, guardando a quelle nuove teorie che si facevano strada, in Germania, soprattutto, con figure rilevanti quali Magnu Hirschfeld e Otto Weininger, che vedevano nella parità dei sessi, degli orientamenti sessuali, quindi anche la questione dell’emancipazione femminile e omosessuale, la base fondante di una società “in ascesa”.
L’estetica diviene in Kupffer il fondamento per dare rilievo a un messaggio innovatore e dirompente, fortemente sensuale e sessuale, che facesse strada nelle coscienze, senza nessun tipo di pretesa messianica ma, bensì, con una dose di forte edonismo e di forte eccentricità. Il mistero dei sessi, su cui lavorerà gran parte della corrente moderna della medicina, porta a indagare attraverso una decisa e consapevole tenuta della mano nelle sue pennellate, l’animo umano, in un intimismo quasi romantico, pre romantico, vicine alla sensibilità di un secessionismo, di una rottura innovativa, ma non aggressiva, non ideologica, ma umana, interiore, quasi spirituale e metafisica, metaempirica, del soggetto nella sua individualità neoclassica.
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Notiamo, se proprio vogliamo dare delle citazioni nell’opera di Kupffer, anche una forte dose di classicismo, soprattutto per le narrazioni, molti sono riferimenti ricorrenti al mondo classico, i soggetti e la loro rappresentazione, che ci riportano nella stagione dei miti. I soggetti nei suoi dipinti sono spesso uomini, quasi un’esaltazione del corpo maschile nella sua artistica ed estetica nudità, spesso da soli, a volte insieme ad altri pochi modelli, in una ripresa di figure che hanno segnato la mitologia classica e letteraria, amandosi anche autoritrarre. Kupffer prova e riprova, creando diversi studi, ossia disegni funzionali a studiare l’anatomia e la base di lettura anche intima, non solo superficiale, non solo fisica, dell’individuo, riletto, rivisitato, risaltato nel suo splendore mai stucchevole e artificiale, ma significato di un significante quasi lirico e poetico. I suoi dipinti sono statici, spesso privi di una prospettiva nel senso letterario del termine: ma è questo elemento che attribuisce all’opera un senso di leggerezza, di effimero, di evanescente, di trasparenza che ci apporta in una dimensione surreale, quasi metafisica, imprendibile, inafferrabile, intrisa di allegorie e di metafore che ci conducono a pensieri sull’intimità e sulla sensibilità dell’essere umano.
Questa sensazione pervade anche l’aspetto cromatico, nella sua delicatezza e nella sua leggerezza, tale da scolpire l’animo, da evidenziarne la spiritualità, la coscienza che pervade e che sussiste nell’intimo dell’individuo, in una relazione con l’ambiente, funzionale a dare risalto, quasi azione maieutica, all’animo della persona che viene rappresentata sotto segni e simboli, ricco è il simbolismo, quasi esoterismo di matrice estetica pura, nella produzione di Kupffer, arricchendo quel significato mistico e sensuale, utile a creare le condizioni per un cambiamento culturale della società a lui contemporanea.
L’impatto con l’arte di Kupffer ci porta a dare rilievo a una sincerità coerente, senza necessità di reperire artifici dietro cui nascondere la propria personalità, spesso scorgendone letture che invitano a vedere nell’autore la voglia di sublimare nell’opera proprie ossessioni, non sarebbe arte la sua senza tale caratteristica, proprie inclinazioni, proprie curiosità, queste sì materiali, ma che diventano estasi pittoriche, riassunte attraverso un sapiente e naturale utilizzo del pennello, della pennellata, del tratto, mai incerto, ma sempre convinto. |
Molte delle sue immagini sono riprese allo specchio, riflessi che ci portano a decomporre e destrutturare il lato fisico, la nudità presente rende reale il soggetto, e riproporla, riviverla, ridefinirla su una prospettiva nuova e innovativa, tale da darne un’analisi approfondita e interiore, forte e incisiva. Vediamo ancora paesaggi, fiori, farfalle, ma soprattutto disegni, molti sono i San Sebastiano che Kupffer riprende, mistica mitologica fortemente allegorica, per la sua dirompenza spirituale, per il suo significato di essere vittima di un’emarginazione di massa, per la valenza emancipatrice e liberatoria, sia nella tecnica, sia nell’estetica, sia nella sostanza, mitigando e superando il mero espressionismo per un’essenza interiore esplosiva ma, allo stesso tempo, non invadente e pervasiva.
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Alessandro Rizzo
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