Gerontophilia Un film di Bruce LaBruce
Articolo di Daniel Montigiani
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Bruce LaBruce, regista canadese, autore di culto ormai da anni, ha da sempre fondato il proprio cinema su una (per molti) scabrosa, abile e autoironica commistione di “pornografia” (sia a tematica eterosessuale che omosessuale) capace talvolta di ricordare le prime scioccanti pellicole di John Waters mescolata a tecniche cinematografiche più o meno sperimentali che interpellano anche atmosfere à la Godard o alcune zone di cinema gay underground rese memorabili da autori come Genet, Cocteau, Anger, Warhol; una mescolanza, questa, di esplicitazione divertitamente sgarbata di sesso e sperimentazione che, pur nel suo continuo e colto desiderio di scioccare, si è fatta talvolta contaminare dal gusto bizzarro per la citazione e per i meccanismi del funzionamento del mondo del cinema (Super Otto e Mezzo), altre volte da sentite pulsazioni politico-rivoluzionarie (Raspberry Reich) e, in altri casi, ha ulteriormente dato ferrea e divertita forma ai propri temi definiti da più parti scabrosi inserendo presenze come zombie (L.A. Zombie) nei contesti espliciti che gli sono consoni.
Con Gerontophilia Bruce LaBruce scandalizza e stupisce in senso vertiginosamente opposto, poiché qui, almeno rispetto a ciò che aveva espresso fino a questo momento con la sua movimentata filmografia, di scabroso non c’è praticamente niente, fatta parziale eccezione per il tema trattato, ovvero, come ben sintetizza il titolo, la gerontofilia (che poi, ovviamente, di scandaloso in realtà non ha nulla):
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Luke, diciottenne di
bell’aspetto fidanzato con Desiréè (una improbabile seppur simpatica
“rivoluzionaria”), un giorno comincia quasi iper icaso ia ilavorare iin iuna casa di riposo dove, quasi immediatamente, conosce e si prende cura dell’ottantenne Peabody, per il quale, progressivamente, sviluppa ricambiato una passione prima sessuale e poi amorosa. L’affetto e l’amore di Luke per il fragile (seppur acido) Peabody è tale che, per evitare che l’uomo venga pesantemente, pericolosamente e inutilmente riempito di farmaci psicotropi, decide, in maniera assai azzardata, di farlo fuggire e di portarlo con sé in giro per il Canada. Se proprio vogliamo, vaghissime tracce del potenziale sovversivo che ha reso popolare il regista canadese possono essere rintracciate, ad esempio, nella breve ma forte sequenza onirica, durante la quale Luke, all’interno dell’ospedale e circondato da tuoni, lecca la ferita sanguinante di Peabody malamente disteso sul letto.
Ma, a differenza delle opere precedenti, LaBruce accompagna e visualizza i momenti più scabrosi con un linguaggio cinematografico pulito, classico, privo di ghirigori sperimentali, ulteriore e significativo aspetto, questo, che sembra confermare come Gerontophilia rappresenti un (magari soltanto temporaneo) cambiamento nella sua filmografia.
Ma, a differenza delle opere precedenti, LaBruce accompagna e visualizza i momenti più scabrosi con un linguaggio cinematografico pulito, classico, privo di ghirigori sperimentali, ulteriore e significativo aspetto, questo, che sembra confermare come Gerontophilia rappresenti un (magari soltanto temporaneo) cambiamento nella sua filmografia.
Cinema classico e stilisticamente “normale”, almeno in questo caso, non equivale affatto a un risultato annacquato, anzi: nella limpidezza del montaggio e dei raccordi LaBruce, con delicatezza e con modalità sia ambigue che dirette, descrive ottimamente il progressivo allacciarsi del rapporto fra i due. |
Ben rappresentata è soprattutto la scoperta da parte di Luke dell’attrazione prima fisica poi mentale per Peabody. La
prima volta che viene a contatto con il corpo disteso sul letto di
Peabody, Luke viene mostrato in primo e primissimo piano a occhi chiusi,
con volto estatico, mentre altre inquadrature mostrano dettagli di parti del suo corpo intento a pulire quello di Peabody: un mosaico quasi monumentale e a ralenti questo sullo
sfondo del quale si staglia un metaforico colore bianco luminoso, un bianco
dall’andamento quasi orgasmico, qui incaricato di rappresentare l’improvviso e
inaspettato arrivo all’interno del ragazzo di un piacere caloroso di natura sia
sessuale che sentimentale.
Del resto, sono proprio le scene e le sequenze girate all’interno dell’ospedale, caratterizzate da colori chiarissimi che Bruce LaBruce riesce a rendere ipnotici nel loro squallore svogliato, a risultare le migliori in questo film. Purtroppo, emergono infatti in più occasioni scene e personaggi che, nella loro involontaria banalità psicologica e situazionale à la reality di Mtv, castrano parte del fascino di un film che poteva risultare in realtà ancora più interessante (il personaggio di Desirée, la fidanzata di Luke, ad esempio, rappresenta, purtroppo, un esempio tristemente lampante in questo senso).
Del resto, sono proprio le scene e le sequenze girate all’interno dell’ospedale, caratterizzate da colori chiarissimi che Bruce LaBruce riesce a rendere ipnotici nel loro squallore svogliato, a risultare le migliori in questo film. Purtroppo, emergono infatti in più occasioni scene e personaggi che, nella loro involontaria banalità psicologica e situazionale à la reality di Mtv, castrano parte del fascino di un film che poteva risultare in realtà ancora più interessante (il personaggio di Desirée, la fidanzata di Luke, ad esempio, rappresenta, purtroppo, un esempio tristemente lampante in questo senso).
Daniel Montigiani
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