Psychodream Review Rubrica diretta da Viviana Vacca e Francesco Panizzo
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Sono “nata”in teatro e
all’età di cinque anni mio padre, che all’epoca lavorava alla Scala di Milano, mi portò a una
prova della Traviata con la regia di Liliana Cavani, la direzione musicale di Riccardo Muti e
protagonista Tiziana Fabbricini: alla fine dell’opera non volevo più andare a casa, sono
rimasta incantata e affascinata sulla poltroncina della barcaccia sinistra e speravo, invano, che ci
fosse anche un quarto atto o quanto meno che riprendessero le prove da capo, mi sono subito
lasciata trascinare dalla magia del teatro, dalla musica, dall’orchestra, dai costumi, dal coro, dal
balletto, dalla bellezza del canto e dell’allestimento, dalle indicazioni di regia e musicali che
venivano pronunciate via microfono come dei segreti svelati per ottenere tale magia; credevo di
essere immersa in un mondo fantastico che mi faceva emozionare e sognare a occhi aperti. Ho
poi assistito, con una passione sempre più grande, alle prove delle Nozze di Figaro di Mozart
con la regia di Giorgio Streheler, a sette anni ho seguito la tournée scaligera a Mosca e a
dieci a quella del Teatro Comunale di Bologna a Tokyo con magnifici spettacoli e grandi
interpreti come Leo Nucci e Sonia Ganassi (coi quali ho avuto la fortuna di lavorare), Mirella Freni,
Nicolaj Ghiaurov, Fiorenza Cossotto, Luciana Serra,Vincenzo La Scola e Riccardo Chailly. Un’infanzia
all’insegna del grande teatro, l’incontro con Luciano Pavarotti e Adua Veroni (la sua prima
moglie) dei quali conservo una bellissima lettera e uno splendido ricordo, l’estate passata
al Ravenna Festival e tutte le altre esperienze teatrali hanno contribuito alla crescita della mia
passione: fin da piccola allestivo nella mia cameretta con bambole, bambolotti, giochi e la
musica dei cd le più belle opere.
Hai collaborato con prestigiosi maestri del teatro internazionale, ricordi un aneddoto curioso o particolare legato a quei momenti?
Tanti sono i bei ricordi di questi primi 13 anni di lavoro al fianco di grandi maestri del teatro internazionale con molte soddisfazioni e quindi la scelta risulta difficile. Mi piace però ricordare la prima collaborazione con Robert Carsen in occasione di Madre Coraggio e i suoi figli di Brecht, la sua grande lezione teatrale, il suo talento dram- maturgico oltre che registico, il lungo montaggio dei bellissimi cambi di scena fatti con i movimenti mimici degli allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, la sua cura per le musiche, i costumi, le luci (abbiamo fatto prove fino poche ore prima della recita alla ricerca della perfezione), il suo entusiasmo da “eterno fanciullo”, le interminabili prove della “piova” (così chiamava la pioggia), dei voli dei due attori con i paracaduti i quali erano attratti e affascinati dall’originale idea di Robert, ma anche terrorizzati dall’altezza della graticcia del Teatro Strehler dove dovevano salire per poi lanciarsi in palcoscenico e della scena dell’incendio.Tra le grandi soddisfazioni amo poi ricordare i successi al fianco di Henning Brockhaus con il continua un’intensa collaborazione professionale: penso ad esempio alla Traviata con la sua regia e le scene di Josef Svoboda che abbiamo ripreso trionfando al Teatro Massimo di Palermo, allo Sferisterio di Macerata (dove abbiamo ottenuto il tutto esaurito a ogni recita e il record di incasso) e porteremo presto in tournée anche al Teatro Reale dell’Opera di Oman, allo strepitoso Macbeth per il quale ho ripreso anche le coreografie al Teatro Carlo Felice di Genova e al Teatro Verdi di Trieste, alla Serva padrona al Teatro Pergolesi di Jesi (la prima opera per la quale abbiamo collaborato abbinandola ad Atto senza parole di Beckett), Rigoletto e la Lucia di Lammermoor.
Nel tuo curriculum è rilevante il tuo forte impegno negli spettacoli di lirica. Cos’ha in più o in me- no la lirica rispetto al teatro di prosa?
Nel teatro di lirica si è subito avvolti da una musica sublime, è fondamentale una grande armonia tra canto, musica e recitazione per ottenere uno spettacolo di qualità. Nella prosa invece, ad accezione dei copioni shakes-peareiani o di altri pochi autori che prevedono anche l’inserimento di vere e prove canzoni da loro scritte, si dà molta più importanza alla recitazione e spesso la musica risulta solo un sottofondo lontano. In passato gli interpreti degli spettacoli lirici davano più importanza al canto che non alla recitazione, molti cantanti vecchi o giovani appena usciti dai Conservatori, non riuscendo a dar prova delle loro doti attoriali oltre che canore, si difendevano con l’ormai nota frase “ma io sono cantante, non attore”. In realtà, come lo stesso Verdi indicava nel suo Macbeth un buon interprete lirico deve essere in grado di affinare entrambe le doti espressive e passare con naturalità, maestria e talento dal canto al parlato, deve saper studiare e interpretare a fondo un personaggio. Il teatro che più m interessa e cerco di realizzare è un teatro umano e musicale: incentrato sull’essere umano (per me l’attore e il cantante sono esseri umani che parlano o cantano per raccontare storie ed emozioni al loro pubblico e riflettere con esso) e basato sulla continua armonia tra canto, recitazione e musica. Penso che il teatro lirico per poter continuare ad affascinare il pubblico, per potersi rinnovare non possa più tralasciare l’aspetto della recitazione proprio perché la musica stessa e il canto oltre a essere linee melodiche sono interpretazioni e che il teatro di prosa possa trarre importanti stimoli anche dalla musica e dalla lirica.
Il tuo lavoro Le allegre comari di Windsor e Falstaff… Teatro Poesia e Musica, portato in scena al Teatro dei Filodrammatici di Piacenza, che unisce, singolarmente, Shakespeare e Verdi. Puoi dirci qualcosa in più a proposito? Come nasce l’idea?
Innanzitutto sono molto soddisfatta del grande successo ottenuto grazie anche al talento e all’impegno dei 14 giovanissimi interpreti di Piacenza e Roma che, con la sublime musica di Verdi, l’incantevole poesia shakesperiana, la mia drammaturgia testuale e musicale, le mie indicazioni registiche e coreografiche, sono riusciti a conquistare il caloroso pubblico, gli operatori teatrali e la critica presenti in sala ottenendo anche un’ottima recensione su un’importante quotidiano. Giuseppe Verdi è sempre stato molto affascinato dalla poesia e dalla teatralità di William Shakespeare. Infatti, nella sua biblioteca le opere del grande drammaturgo di Stratford on Avon avevano un posto privilegiato: molte di esse hanno suscitato l’interesse del compositore emiliano e alcune si sono rivelate “sue muse ispiratrici”. Penso alle Allegre comari di Windsor che hanno portato alla nascita della memorabile, divertente e poetica opera lirica “Falstaff”, a “Otello” e allo strepitoso Macbeth. Non bisogna poi dimenticare che Verdi avrebbe voluto comporre anche una sua versione lirica e musicale di Re Lear facendo tesoro del capolavoro shakespeariano.
Verdi nel suo “Falstaff “, da essere umano e compositore ormai maturo (pienamente consapevole del lato ludico della vita e delle sue stesse atrocità) giunge a una conclusione molto chiara, vitale, teatrale e shakespeariana: “tutto nel mondo è burla”, ovvero tutta la vita in fondo è una grande commedia. Inoltre in tutte le opere verdiane, esattamente come in quelle shakespeariane, il confine tra vita reale e teatro è molto sottile come “il fil d’un soffio etesio” del sognante e favolistico coro di fate di Falstaff. Molte sono le affinità vitali e teatrali che avvicinano come per magia William Shakespeare e Giuseppe Verdi: entrambi amavano le donne conoscendone molto bene sia gli aspetti postivi sia quelli negativi, conoscevano e studiavano il comportamento, il libertinaggio, la leggerezza, le passioni, le ambizioni, le sofferenze, la gioia, i piaceri, gli amori, le gelosie, la sete di potere degli esseri umani traducendolo poi l’uno in magnifiche parole poetiche e l’altro in incantevoli musiche intrise di memorabile poesia; entrambi erano sposati, padri, e hanno subito il trauma della perdita della moglie e dei figli facendo tesoro di queste atroci esperienze all’atto della composizione delle loro opere più belle, commuoventi e significative come il Re Lear shakespeariano o il Rigoletto verdiano, il buffone di corte protagonista,vedovo, condannato a dover sempre far ridere i cortigiani rinunciando alla sua vera identità e ad assistere alla morte della figlia Gilda, l’unico bene della sua vita. Sia Verdi sia Shakespeare hanno portato in scene il teatro stesso e i loro “attori”, sogni e un mondo onirico, fantastico, poetico, popolato da streghe, fantasmi e apparizioni. Sia nel caso di Verdi sia nel caso di Shakespeare possiamo parlare di teatro musicale. Infatti, se da un lato il compositore ha trasformato la poesia shakespeariana in musica lirica scrivendo che i suoi cantanti devono essere interpreti completi e quindi anche attori oltre che musicisti (una buona Lady Macbeth deve essere in grado di recitare con tutto il suo corpo e la sua voce “sporcandola”, giocando coi colori e i volumi, l’intensità drammatica - teatrale, alternando il parlato al cantato e recitando anche la famosa lettera Nel dì della vittoria all’inizio della sua aria del primo atto), dall’altro il drammaturgo, attore e regista inglese, amato e apprezzato in tutto il mondo come il musicista, pur non avendo mai potuto conoscere il grande uomo di musica e teatro emiliano per ragioni temporali, ha inserito spesso e volentieri canzoni poetiche nelle sue opere e ha sempre curato con grande amore, maestria e genialità la musicalità della lingua di ogni singola battuta. Per tutti questi aspetti uniti al bicentenario della nascita di Verdi, al mio amore - interesse professionale sia per la musica sia per il teatro classico (incredibilmente contemporaneo per le sue tematiche) come quello di Shakespeare,al grande desiderio di avvicinare anche i più giovani al mondo teatrale, poetico, lirico e musicale (preziosissime risorse che andrebbero sempre più tutelate, riconosciute e amate) e agli ottimi risultati delle precedenti edizioni, ho deciso di ridare vita al mio Progetto Shakespeare arricchendolo con le musiche e la poesia verdiane e rinnovando la preziosa collaborazione con Teatro Gioco Vita - Stabile di Innovazione di Piacenza e il Piccolo Teatro di Milano - Teatro D’Europa.
L’ultima domanda non c’è. Puoi rispondere a qualsiasi cosa.
Colgo allora l’occasione per ringraziarti e dare una piccola anticipazione dei miei progetti professionali futuri. Tra poche ore inizierò le prove per Let’s make an, opera di Britten, al prestigioso Festival di Macerata con la regia di Henning Brockhaus. Nella prossima stagione continuerò la mia collaborazione con il Maestro tedesco sia per le tournée e al Teatro Reale dell’Opera di Oman e in altri importanti teatri di Traviata, sia per altri spettacoli in via di definizione. Inoltre, visti gli ottimi risultati del mio nuovo Progetto Aristofane “Le rane... Il teatro e la città da salvare” che ha debuttato a giugno al Teatro Menotti di Milano prodotto dalla Nuova Accademia di Tieffe Teatro e delle “Allegre comari di Windsor e Falstaff... teatro, musica e poesia”, sto preparando un nuovo progetto con l’Accademia milanese, una nuova edizione del Progetto Shakespeare e la regia per una splendida piece teatrale e musicale dedicata al meraviglioso compositore barocco Tartini “Sine anima... il segreto di Tartini” (il titolo fa riferimento all’anima del violino del grande musicista di Pirano) scritto ad hoc da Daniele Ciccolini, un noto violinista dell’Orchestra di Santa Cecilia di Roma e autore teatrale apprezzatissimo che con i suoi precedenti spettacoli ha saputo conquistare sia il pubblico sia la critica del Teatro Municipale di Piacenza e del Festival Mozart di Rovereto: sto quindi cercando dei produttori o coproduttori sia per il Progetto Shakespeare sia per il nuovo spettacolo dedicato a Tartini con pro- tagonisti giovani e apprezzati interpreti e musicisti.
Hai collaborato con prestigiosi maestri del teatro internazionale, ricordi un aneddoto curioso o particolare legato a quei momenti?
Tanti sono i bei ricordi di questi primi 13 anni di lavoro al fianco di grandi maestri del teatro internazionale con molte soddisfazioni e quindi la scelta risulta difficile. Mi piace però ricordare la prima collaborazione con Robert Carsen in occasione di Madre Coraggio e i suoi figli di Brecht, la sua grande lezione teatrale, il suo talento dram- maturgico oltre che registico, il lungo montaggio dei bellissimi cambi di scena fatti con i movimenti mimici degli allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, la sua cura per le musiche, i costumi, le luci (abbiamo fatto prove fino poche ore prima della recita alla ricerca della perfezione), il suo entusiasmo da “eterno fanciullo”, le interminabili prove della “piova” (così chiamava la pioggia), dei voli dei due attori con i paracaduti i quali erano attratti e affascinati dall’originale idea di Robert, ma anche terrorizzati dall’altezza della graticcia del Teatro Strehler dove dovevano salire per poi lanciarsi in palcoscenico e della scena dell’incendio.Tra le grandi soddisfazioni amo poi ricordare i successi al fianco di Henning Brockhaus con il continua un’intensa collaborazione professionale: penso ad esempio alla Traviata con la sua regia e le scene di Josef Svoboda che abbiamo ripreso trionfando al Teatro Massimo di Palermo, allo Sferisterio di Macerata (dove abbiamo ottenuto il tutto esaurito a ogni recita e il record di incasso) e porteremo presto in tournée anche al Teatro Reale dell’Opera di Oman, allo strepitoso Macbeth per il quale ho ripreso anche le coreografie al Teatro Carlo Felice di Genova e al Teatro Verdi di Trieste, alla Serva padrona al Teatro Pergolesi di Jesi (la prima opera per la quale abbiamo collaborato abbinandola ad Atto senza parole di Beckett), Rigoletto e la Lucia di Lammermoor.
Nel tuo curriculum è rilevante il tuo forte impegno negli spettacoli di lirica. Cos’ha in più o in me- no la lirica rispetto al teatro di prosa?
Nel teatro di lirica si è subito avvolti da una musica sublime, è fondamentale una grande armonia tra canto, musica e recitazione per ottenere uno spettacolo di qualità. Nella prosa invece, ad accezione dei copioni shakes-peareiani o di altri pochi autori che prevedono anche l’inserimento di vere e prove canzoni da loro scritte, si dà molta più importanza alla recitazione e spesso la musica risulta solo un sottofondo lontano. In passato gli interpreti degli spettacoli lirici davano più importanza al canto che non alla recitazione, molti cantanti vecchi o giovani appena usciti dai Conservatori, non riuscendo a dar prova delle loro doti attoriali oltre che canore, si difendevano con l’ormai nota frase “ma io sono cantante, non attore”. In realtà, come lo stesso Verdi indicava nel suo Macbeth un buon interprete lirico deve essere in grado di affinare entrambe le doti espressive e passare con naturalità, maestria e talento dal canto al parlato, deve saper studiare e interpretare a fondo un personaggio. Il teatro che più m interessa e cerco di realizzare è un teatro umano e musicale: incentrato sull’essere umano (per me l’attore e il cantante sono esseri umani che parlano o cantano per raccontare storie ed emozioni al loro pubblico e riflettere con esso) e basato sulla continua armonia tra canto, recitazione e musica. Penso che il teatro lirico per poter continuare ad affascinare il pubblico, per potersi rinnovare non possa più tralasciare l’aspetto della recitazione proprio perché la musica stessa e il canto oltre a essere linee melodiche sono interpretazioni e che il teatro di prosa possa trarre importanti stimoli anche dalla musica e dalla lirica.
Il tuo lavoro Le allegre comari di Windsor e Falstaff… Teatro Poesia e Musica, portato in scena al Teatro dei Filodrammatici di Piacenza, che unisce, singolarmente, Shakespeare e Verdi. Puoi dirci qualcosa in più a proposito? Come nasce l’idea?
Innanzitutto sono molto soddisfatta del grande successo ottenuto grazie anche al talento e all’impegno dei 14 giovanissimi interpreti di Piacenza e Roma che, con la sublime musica di Verdi, l’incantevole poesia shakesperiana, la mia drammaturgia testuale e musicale, le mie indicazioni registiche e coreografiche, sono riusciti a conquistare il caloroso pubblico, gli operatori teatrali e la critica presenti in sala ottenendo anche un’ottima recensione su un’importante quotidiano. Giuseppe Verdi è sempre stato molto affascinato dalla poesia e dalla teatralità di William Shakespeare. Infatti, nella sua biblioteca le opere del grande drammaturgo di Stratford on Avon avevano un posto privilegiato: molte di esse hanno suscitato l’interesse del compositore emiliano e alcune si sono rivelate “sue muse ispiratrici”. Penso alle Allegre comari di Windsor che hanno portato alla nascita della memorabile, divertente e poetica opera lirica “Falstaff”, a “Otello” e allo strepitoso Macbeth. Non bisogna poi dimenticare che Verdi avrebbe voluto comporre anche una sua versione lirica e musicale di Re Lear facendo tesoro del capolavoro shakespeariano.
Verdi nel suo “Falstaff “, da essere umano e compositore ormai maturo (pienamente consapevole del lato ludico della vita e delle sue stesse atrocità) giunge a una conclusione molto chiara, vitale, teatrale e shakespeariana: “tutto nel mondo è burla”, ovvero tutta la vita in fondo è una grande commedia. Inoltre in tutte le opere verdiane, esattamente come in quelle shakespeariane, il confine tra vita reale e teatro è molto sottile come “il fil d’un soffio etesio” del sognante e favolistico coro di fate di Falstaff. Molte sono le affinità vitali e teatrali che avvicinano come per magia William Shakespeare e Giuseppe Verdi: entrambi amavano le donne conoscendone molto bene sia gli aspetti postivi sia quelli negativi, conoscevano e studiavano il comportamento, il libertinaggio, la leggerezza, le passioni, le ambizioni, le sofferenze, la gioia, i piaceri, gli amori, le gelosie, la sete di potere degli esseri umani traducendolo poi l’uno in magnifiche parole poetiche e l’altro in incantevoli musiche intrise di memorabile poesia; entrambi erano sposati, padri, e hanno subito il trauma della perdita della moglie e dei figli facendo tesoro di queste atroci esperienze all’atto della composizione delle loro opere più belle, commuoventi e significative come il Re Lear shakespeariano o il Rigoletto verdiano, il buffone di corte protagonista,vedovo, condannato a dover sempre far ridere i cortigiani rinunciando alla sua vera identità e ad assistere alla morte della figlia Gilda, l’unico bene della sua vita. Sia Verdi sia Shakespeare hanno portato in scene il teatro stesso e i loro “attori”, sogni e un mondo onirico, fantastico, poetico, popolato da streghe, fantasmi e apparizioni. Sia nel caso di Verdi sia nel caso di Shakespeare possiamo parlare di teatro musicale. Infatti, se da un lato il compositore ha trasformato la poesia shakespeariana in musica lirica scrivendo che i suoi cantanti devono essere interpreti completi e quindi anche attori oltre che musicisti (una buona Lady Macbeth deve essere in grado di recitare con tutto il suo corpo e la sua voce “sporcandola”, giocando coi colori e i volumi, l’intensità drammatica - teatrale, alternando il parlato al cantato e recitando anche la famosa lettera Nel dì della vittoria all’inizio della sua aria del primo atto), dall’altro il drammaturgo, attore e regista inglese, amato e apprezzato in tutto il mondo come il musicista, pur non avendo mai potuto conoscere il grande uomo di musica e teatro emiliano per ragioni temporali, ha inserito spesso e volentieri canzoni poetiche nelle sue opere e ha sempre curato con grande amore, maestria e genialità la musicalità della lingua di ogni singola battuta. Per tutti questi aspetti uniti al bicentenario della nascita di Verdi, al mio amore - interesse professionale sia per la musica sia per il teatro classico (incredibilmente contemporaneo per le sue tematiche) come quello di Shakespeare,al grande desiderio di avvicinare anche i più giovani al mondo teatrale, poetico, lirico e musicale (preziosissime risorse che andrebbero sempre più tutelate, riconosciute e amate) e agli ottimi risultati delle precedenti edizioni, ho deciso di ridare vita al mio Progetto Shakespeare arricchendolo con le musiche e la poesia verdiane e rinnovando la preziosa collaborazione con Teatro Gioco Vita - Stabile di Innovazione di Piacenza e il Piccolo Teatro di Milano - Teatro D’Europa.
L’ultima domanda non c’è. Puoi rispondere a qualsiasi cosa.
Colgo allora l’occasione per ringraziarti e dare una piccola anticipazione dei miei progetti professionali futuri. Tra poche ore inizierò le prove per Let’s make an, opera di Britten, al prestigioso Festival di Macerata con la regia di Henning Brockhaus. Nella prossima stagione continuerò la mia collaborazione con il Maestro tedesco sia per le tournée e al Teatro Reale dell’Opera di Oman e in altri importanti teatri di Traviata, sia per altri spettacoli in via di definizione. Inoltre, visti gli ottimi risultati del mio nuovo Progetto Aristofane “Le rane... Il teatro e la città da salvare” che ha debuttato a giugno al Teatro Menotti di Milano prodotto dalla Nuova Accademia di Tieffe Teatro e delle “Allegre comari di Windsor e Falstaff... teatro, musica e poesia”, sto preparando un nuovo progetto con l’Accademia milanese, una nuova edizione del Progetto Shakespeare e la regia per una splendida piece teatrale e musicale dedicata al meraviglioso compositore barocco Tartini “Sine anima... il segreto di Tartini” (il titolo fa riferimento all’anima del violino del grande musicista di Pirano) scritto ad hoc da Daniele Ciccolini, un noto violinista dell’Orchestra di Santa Cecilia di Roma e autore teatrale apprezzatissimo che con i suoi precedenti spettacoli ha saputo conquistare sia il pubblico sia la critica del Teatro Municipale di Piacenza e del Festival Mozart di Rovereto: sto quindi cercando dei produttori o coproduttori sia per il Progetto Shakespeare sia per il nuovo spettacolo dedicato a Tartini con pro- tagonisti giovani e apprezzati interpreti e musicisti.
Mariella Soldo
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