“Bene, parto. Ero molto magro. C’è una gran luce oggi. Avevo i capelli molto lunghi, surmagnetizzati dallo studio recente delle lamine in Fisica II. Vado a vedere i vulcanelli. Ne sentii parlare anni fa. Spero di trovarli. Bene, sono partito… Ora sono fermo lungo la provinciale 238, alla frazione Aso di Ortezzano, sul ponte. È semideserta la strada. È un posto che amo molto. Da qui in poi è come iniziasse un altro Paese, più coerente allo spazio che gli è proprio. Guardo il fiume che scorre tra le colline interne. Mi accade sempre la stessa cosa qui: è come se ciò che sto vedendo già lo conoscessi, ma non perché l’ho già visto: è una questione di sintonia.”
- Adelmo Ruggeri -
Esistono poeti silenziosi, che sanno scrivere senza spingere, quasi a voler rendere più leggero il viaggio e il peso delle parole. Perché le domande dell’artista conoscono risposte gentili: le domande su che effetto faccia, oggi, abitare in un condominio nei Calanchi o perché le vie abbiano certi nomi piuttosto che altri. |
Si va a vedere con pazienza, in tempi in cui nascondersi sembra cancellarci di meno. Queste le parole di viaggio del poeta marchigiano Adelelmo Ruggieri raccolte ne “I tetti sono semplici a Sali”, edito da Capodarco Fermano Edizioni. Sono pagine che conoscono un passo sconsolato, le frasi utilizzate si riservano momenti di pura onestà. L’artista, il poeta non ha l’ambizione di riferire agli altri ciò che ha visto, di condividere il passaggio dei luoghi attraversati: Ruggieri inscena una cerimonia senza paramenti, una scabra liturgia. Sono andato, sto andando; sono tornato, sto tornando: una segnalazione dimessa di spostamenti orizzontali, in un’Italia dai contorni slabbrati. Andare a Roma o in Croazia, come verso un libro o un’isola. Descrizioni semplici che non vogliono imprimersi nella memoria.
Se lo smarrimento del mondo sembra già acquisito, non è necessario rimarcarne i confini. Il poeta sembra mosso dal bisogno di tenere fuori la poesia da queste scritture: chiave già usata che non ha aperto alcuna porta, la porta della poesia è davvero aperta solo se esiste chi è in grado di accorgersene. |
La poesia era canto, spettacolo, celebrazione; una radice mantenuta anche nella radicale spoliazione vissuta nell’odierna società che tutto consuma. E la faccenda di questo libro - e dell’arte forse, del territorio interstiziale tra le pratiche e gli atti del singolo artista - è che si tratta delle parole di un’artista scoraggiato. La frase non deve far più luce o buio: deve coricarsi sulla pagina, adagiarsi senza dire più nulla di quello che dici. Non c’è più un andare verso l’alto e neanche verso il basso. Il poeta si muove di lato e non punta le cose, non le forza a ruolo di metafore in grado di rivelare un qualche disegno.
Il movimento non esiste, è un passaggio da fermi, un’istantanea in sella a un cavallo in cui ci si ritrova bloccati: e ogni viaggio è come una piccola foto, un cameo sbiadito in cui è poco, quasi nulla quello che si vede. Gli occhi sono socchiusi, mai spalancati sulla scena.
Adelelmo Ruggieri non scrive per il cinema, non fa teatro, non va in televisione: forse scrive come quelli che hanno bisogno, di tanto di tanto, di aprire la porta di casa per uscire un po’ fuori. |
E se un compito si riconosce - per l’arte delle parole, per la scrittura - è quello di andare verso le cose, allinearsi ad esse: e l’artista è questo parafulmine, un albero, una busta dimenticata dal vento sul filo spinato.
Viviana Vacca
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