Revue Cinema rubrica diretta da Daniel Montigiani
Amour
Un film di Michael Haneke
Un film di Michael Haneke
|
Un qualsiasi spettatore conoscitore di Haneke che non ab- bia ancora visto questo suo ultimo film Palma d’oro al Festival di Cannes e del quale, magari, non conosce la trama ma soltan- to il titolo (Amour), può certamente cercare di capire con un minimo di sospetto se il regista austriaco abbia deciso di ap- portare delle modifiche parziali o totali alla propria poetica. |
Questo “qualsiasi spettatore” ancora non a cono- scenza della trama del film, “contemplando” un titolo del genere - che è, del resto, un vocabolo che può significare molte cose - può domandarsi immediatamente: un regista come Michael Haneke che da sempre, con metodi spesso spiazzanti e spietatamente glaciali, sembra voler ricordare al cinema la facilità del male dell’essere umano e della società, questa volta “regala” a questo suo ultimo film un titolo del genere, ovvero una parola come “amo- ur”? Allora prendiamo questo titolo, posizioniamolo bene di fronte a noi, al centro del nostro sguardo, e proviamo a scrutarlo con attenzione per cercare di ca(r)pirne l’es- senza.
|
Sicuramente Haneke, potremmo pensare, avrà messo qualcosa di scuro, anzi di silenziosamente ter- ribile in quella parola-titolo, Amour. Chissà che egli non usi tale titolo-scatola così bello - Amour - solo per poi aprirne l’interno e, come in un cinematografico vaso di Pandora, far uscire da questo alcune delle sue solite storie spietate. Insomma, lo spettatore che sta per addentrarsi in questo nuovo “colpo” di Ha- neke ha il diritto di chiedersi, per quanto riguarda almeno questo titolo, se il significante corrisponde effettivamente al significato. Tale spettatore, cioè, potrà farsi delle domande-ipotesi sul possibile, reale contenuto di questo film, sulla sua storia: forse il titolo Amour è sarcasticamente, amaramente, feroce- mente contraddittorio? Nel senso: si assisterà in questo film, forse, a una sorta di storia d’amore che in realtà manifesta da subito una storia di “cannibalismo psicologico” fra persone? Si tratterà forse di un film dove tutte, molte, alcune persone sono costrette da certe regole e costrizioni borghesi a fingere di amarsi, in realtà nascondendo - neanche troppo - odio, rancore e sentimenti simili? No, non è il caso di questo ultimo film: in effetti, l’amour del titolo corrisponde a un vero e proprio amore, quello dei prota-gonisti di questa storia, Georges (Jean-Louis Trintignant) e Anne (Emmanuelle Riva).
I due, musicologi pianisti ormai in pensione - con, tra l’altro, una figlia (Isabelle Huppert) anch’essa pianista -, trascorrono buona parte del tempo nel loro bell’appartamento di Parigi. Un giorno, però, la loro relazione subisce un forte colpo: la donna diviene vittima di un ictus che inizialmente coinvolge soltanto una gamba ma che, progressivamente, finisce per investire il suo corpo e, soprattutto, il suo cervello, la sua capacità di parlare. Con questo film, almeno momentaneamente, Haneke cambia ma per, allo stesso tempo... rimanere se stesso. Ovvero: il regista austriaco da una parte mette in atto una svolta rispetto a molti dei suoi film precedenti (nessuna particolare idea dell’essere umano come forma di violenza, nessuna violenza - soprattutto fisica - né in campo né fuoricampo da parte dei personaggi a danno di altri), ma, contemporaneamente, sembra comunque rimanere se stesso, in parte dal punto di vista tematico e, soprattutto, stilistico.
I due, musicologi pianisti ormai in pensione - con, tra l’altro, una figlia (Isabelle Huppert) anch’essa pianista -, trascorrono buona parte del tempo nel loro bell’appartamento di Parigi. Un giorno, però, la loro relazione subisce un forte colpo: la donna diviene vittima di un ictus che inizialmente coinvolge soltanto una gamba ma che, progressivamente, finisce per investire il suo corpo e, soprattutto, il suo cervello, la sua capacità di parlare. Con questo film, almeno momentaneamente, Haneke cambia ma per, allo stesso tempo... rimanere se stesso. Ovvero: il regista austriaco da una parte mette in atto una svolta rispetto a molti dei suoi film precedenti (nessuna particolare idea dell’essere umano come forma di violenza, nessuna violenza - soprattutto fisica - né in campo né fuoricampo da parte dei personaggi a danno di altri), ma, contemporaneamente, sembra comunque rimanere se stesso, in parte dal punto di vista tematico e, soprattutto, stilistico.
Cominciamo da quello tematico: come già discusso, in questo film il protagonista principale è il lungo e duraturo sentimento d’amore della coppia di musico- logi, soprattutto, in seguito, quello del marito che si occuperà con dedizione della donna da quando questa viene col tempo divorata dalla malattia. Ma in questa pellicola la violenza in qualche modo rimane sempre (altrimenti, probabilmente, non si tratterebbe di un film di Haneke).
|
Dunque, più che cambiamenti, con Amour Haneke effettua degli spostamenti: il regista, infatti, non si concentra sulla (possibile, assai probabile) violenza delle persone, ma su quella più che possibile e inevitabile della vita in sé, sulla crudeltà del mirabile ma fragile funzionamento del corpo umano desti- nato prima o poi a smettere di essere tale. La stessa cosa può valere, come accennato in precedenza, anche per quanto riguarda lo stile: qui, a differenza di molte altre sue opere, il fuoricampo non viene utilizzato come temibile contenitore di violenza (si pensi a quante volte la violenza fisica nei film di Ha- neke avvenga glacialmente in silenzio al di fuori dell’inquadratura). Tuttavia, in questo Amour, come nel resto della sua filmografia, Haneke, per quanto riguarda l’uso dell’inquadratura, si riconferma come sorta di “allievo”, ad esempio, dell’opera di Dreyer: Dies irae - l’opera più rappresentativa di Dreyer -, infatti, si basa soprattutto sulla capacità di creare e mettere in evidenza il senso della tensione quasi dal nulla, dalla lentezza e fissità della macchina da presa. Un processo simile accade in molte inquadrature di, in questo caso, Amour: la fissità rigida di alcuni piani-sequenza che mostrano i due protagonisti men- tre parlano normalmente in casa prima dell’inizio dell’ictus producono tensione attraverso, appunto, la mancanza di movimento, attraverso la staticità; ma, mentre spesso, nei suoi film precedenti Haneke utilizzava la fissità e la spietatezza del piano-sequenza per mostrare e osservare glacialmente la violenza (o per far percepire allo spettatore una violenza che sta avvenendo fuoricampo), in questo caso tale pro- cedimento sembra trasmettere allo spettatore più un senso di immanente tragedia, di prolessi, ovvero: la possibile immobilità dell’inquadratura anticipa stilisticamente la futura immobilità del corpo della co- protagonista.
Un’altra domanda che, dunque, a questo punto, potrebbe farsi lo spettatore è la seguente: Amour costituisce l’inizio di un percorso (parzialmente) diverso per Haneke o si tratta “soltanto” di un’eccezio- ne, di una mirabile parentesi?
Un’altra domanda che, dunque, a questo punto, potrebbe farsi lo spettatore è la seguente: Amour costituisce l’inizio di un percorso (parzialmente) diverso per Haneke o si tratta “soltanto” di un’eccezio- ne, di una mirabile parentesi?
Daniel Montigiani
|
|
|
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall'immagine sottostante.
Click here to edit.
Vuoi entrare nella redazione di Edizioni Psychodream,
o collaborare con Psychodream Theater?
Direttore: Francesco Luigi Panizzo | [email protected]
Responsabili di redazione: Viviana Vacca | Fabio Treppiedi | Massimo Acciai | Anna Novello | Gaia Grassi | Alessandro Rizzo | Daniel Montigiani
Per affiliazioni pubblicitarie | [email protected]
Per collaborazioni e progetti | [email protected]
Tutti i contenuti di questo sito possono essere utilizzati da altri media e siti internet, giornali o televisioni con la clausola
di esporre a citazione, tramite il seguente link, la Edizioni Psychodream oppure la pagina di riferimento.
Per info: ooooooooooooooooooooooooo
[email protected]
[email protected]
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati