Puzzle di vita:
Il mondo totemico
di Shiva Derakhshan Rokni
Iran, una imprescindibile
fucina di artisti.
Ospite della sezione Trickster,
Shiva Derakhshan Rokni
Una giovane scultrice comincia a far parlare di sé.
Shiva, ci parleresti del tuo percorso artistico?
Ho capito a 17 anni che sarei diventata una scultrice, questo dopo un lungo periodo in cui ho dipinto e appreso le tecniche necessarie per approdare a quella che poi è diventata la mia disciplina preferita: la scultura.
La mia prima scultura non è stata una mia creazione perché ho iniziato il mio percorso all’Università dell’Arte di Teheran dove ho appreso le tecniche e prodotto quanto gli insegnanti mi davano da eseguire; ho studiato per divenire scultrice e mi sono realizzata grazie all’approccio con l’argilla. Ho lì scoperto che la mia verve necessitava di una tridimensionalità che la pittura non riusciva farmi contemplare perché ritenevo soprattutto legata all’astrattezza dell’immagine bidimensionale. Inoltre, la sensazione di plasmare l’argilla è sempre riuscita a farmi staccare dal resto della quotidianità e allo stesso tempo mi ha insegnato a liberare in me tutte quelle emozioni necessarie per creare, un flusso imponente che mi attraversa ancora nel momento in cui modello le mie opere. Una manifestazione, questa, che si manifesta direttamente nel risultato finale delle mie statue.
La mia prima scultura non è stata una mia creazione perché ho iniziato il mio percorso all’Università dell’Arte di Teheran dove ho appreso le tecniche e prodotto quanto gli insegnanti mi davano da eseguire; ho studiato per divenire scultrice e mi sono realizzata grazie all’approccio con l’argilla. Ho lì scoperto che la mia verve necessitava di una tridimensionalità che la pittura non riusciva farmi contemplare perché ritenevo soprattutto legata all’astrattezza dell’immagine bidimensionale. Inoltre, la sensazione di plasmare l’argilla è sempre riuscita a farmi staccare dal resto della quotidianità e allo stesso tempo mi ha insegnato a liberare in me tutte quelle emozioni necessarie per creare, un flusso imponente che mi attraversa ancora nel momento in cui modello le mie opere. Una manifestazione, questa, che si manifesta direttamente nel risultato finale delle mie statue.
Come definisci la tua arte e in quale filone/movimento ti trovi più inserita? La mia arte sta tra il figurativo e l’astrattismo dove è possibile riscontrare anche qualche vena di espressionismo. Ma oggigiorno trovo limitante dover fare i conti con l’adesione a un filone artistico in particolare e soprattutto per le mie opere che sono molto variopinte e comprendono creatività che, a tratti, si possono ritrovare anche nel surrealismo. |
Certo che se dovessi cercare qualche sapore futurista farei davvero molta fatica a trovarlo. Si potrebbe accennare a un minimo gusto dadaista per la giocosità di alcune trasformazioni della realtà che rappresento.
In realtà le mie opere hanno affrontato varie estetiche e inclinazioni, per esempio quando mi sono laureata all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2012 ho affrontato alcune tematiche: quella del Totem che ho definito Totem personale e che, assieme all’opera Scacchi, rappresen- tano un risultato finale dal gusto simile perché entrambe sono state lavorate con la stessa intensità, approccio e ricerca, seppur con rimandi semantici diversi.
Ci anticiperesti una descrizione dell’opera Scacchi?
Nel 2011 ho trattato la rappresentazione degli scacchi come fosse legata alla diversità tra filosofia orientale e occidentale. Ho definito questa differenza grazie ai 32 pezzi per una scac- chiera di dimensioni piuttosto grandi, i pezzi fatti in terracotta patinata descrivono due soggetti di studio: gli strumenti musicali e il volto umano. Dove il volto umano rappresenta la mia visione sulla filosofia di vita orientale ed è ritratto a occhi e bocca chiusi. Un volto che ci narra la calma dell’oriente, opposta al caotico frastuono di un mondo che ha stimolato la visione che ho della filosofia di vita occidentale, un insieme di volti che ho rappresentato a bocca e occhi spalancati. Per quanto riguarda la scelta degli strumenti musicali mi sono ricondotta alla semplice attinenza del substrato culturale differenziato tra occidente e oriente. Ho poi unito i volti agli strumenti e ne è risultato un esperimento interessate che mi ha attratta subito.
In realtà le mie opere hanno affrontato varie estetiche e inclinazioni, per esempio quando mi sono laureata all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2012 ho affrontato alcune tematiche: quella del Totem che ho definito Totem personale e che, assieme all’opera Scacchi, rappresen- tano un risultato finale dal gusto simile perché entrambe sono state lavorate con la stessa intensità, approccio e ricerca, seppur con rimandi semantici diversi.
Ci anticiperesti una descrizione dell’opera Scacchi?
Nel 2011 ho trattato la rappresentazione degli scacchi come fosse legata alla diversità tra filosofia orientale e occidentale. Ho definito questa differenza grazie ai 32 pezzi per una scac- chiera di dimensioni piuttosto grandi, i pezzi fatti in terracotta patinata descrivono due soggetti di studio: gli strumenti musicali e il volto umano. Dove il volto umano rappresenta la mia visione sulla filosofia di vita orientale ed è ritratto a occhi e bocca chiusi. Un volto che ci narra la calma dell’oriente, opposta al caotico frastuono di un mondo che ha stimolato la visione che ho della filosofia di vita occidentale, un insieme di volti che ho rappresentato a bocca e occhi spalancati. Per quanto riguarda la scelta degli strumenti musicali mi sono ricondotta alla semplice attinenza del substrato culturale differenziato tra occidente e oriente. Ho poi unito i volti agli strumenti e ne è risultato un esperimento interessate che mi ha attratta subito.
Mentre il senso del Totem personale qual è? Beh, dobbiamo riferirci alla mia tesi di laurea titolata Popoli di Grande spirito (Cultura e arte della Columbia Britannica e dell’Alaska). Da qui possiamo inoltrarci nel mio concetto di Totem. Il concetto è molto semplice: il Totem è una somma delle mie opere d’arte sovrapposte una sull’altra. Tali opere creano un totem complessivamente molto simile nella forma a quello tipico dei nativi americani, pur rappresentando un significato diverso. |
Questo anche perché le opere sovrapposte costituiscono un percorso personale che è nato nel 2007 con la prima opera, all’Università d’Arte di Teheran, e si è concludono nel 2012 con l’ultima delle quattro opere in totale. Questo ha fatto sì che io lo abbia chiamato Totem personale.
Da quali opere è formato il tuo Totem personale?
Delle quattro figure in terracotta patinata sovrapposte fra loro, quella alla base è un macellaio che sostiene una testa di toro, quella appena sopra è un Re dalla cui bocca scende una testa di donna. Salendo troviamo uno strumento musicale di mia invenzione che ha per culmine due teste, una maschile e l’altra femminile. Alla fine del Totem possiamo vedere un uccello stilizzato con le ali aperte. Il macellaio rappresenta la visione della violenza che io vedo nel mondo. Una violenza che rende interiormente compartecipe, dello stesso legame, il carnefice e la sua vittima. Il Re invece va visto come uno stadio "superiore" a quello del macellaio il quale è mosso da violenza. Il Re supera questa irruenza ma lo fa in modo più subdolo, manifestando alterigia e bramosia di potere, denunciando così il suo bisogno di sopraffazione. Questo è rappresentato dal fatto che sta mangiando una donna eternamente sottomessa al suo volere patriarcale. Lo strumento musicale stilizzato e culminante con le due teste umane, invece, rappresenta il desiderio dei popoli di esprimere la propria voce. Per simbolizzare maggiormente i popoli ho rappresentato un volto maschile e uno femminile nell’atto di cantare e come sintesi dell’umanità, una sintesi che io reputo superiore alla violenza del macellaio e all’alterigia dei Re. L’uccello è una mia proiezione del mio ideale di libertà che è allo stesso tempo sinonimo di speranza di libertà.
Da quali opere è formato il tuo Totem personale?
Delle quattro figure in terracotta patinata sovrapposte fra loro, quella alla base è un macellaio che sostiene una testa di toro, quella appena sopra è un Re dalla cui bocca scende una testa di donna. Salendo troviamo uno strumento musicale di mia invenzione che ha per culmine due teste, una maschile e l’altra femminile. Alla fine del Totem possiamo vedere un uccello stilizzato con le ali aperte. Il macellaio rappresenta la visione della violenza che io vedo nel mondo. Una violenza che rende interiormente compartecipe, dello stesso legame, il carnefice e la sua vittima. Il Re invece va visto come uno stadio "superiore" a quello del macellaio il quale è mosso da violenza. Il Re supera questa irruenza ma lo fa in modo più subdolo, manifestando alterigia e bramosia di potere, denunciando così il suo bisogno di sopraffazione. Questo è rappresentato dal fatto che sta mangiando una donna eternamente sottomessa al suo volere patriarcale. Lo strumento musicale stilizzato e culminante con le due teste umane, invece, rappresenta il desiderio dei popoli di esprimere la propria voce. Per simbolizzare maggiormente i popoli ho rappresentato un volto maschile e uno femminile nell’atto di cantare e come sintesi dell’umanità, una sintesi che io reputo superiore alla violenza del macellaio e all’alterigia dei Re. L’uccello è una mia proiezione del mio ideale di libertà che è allo stesso tempo sinonimo di speranza di libertà.
Chiunque può utilizzare una mia opera per decorare il proprio ambiente ma la mia visione dell’arte, per quanto riguarda l’intento creativo della mia produzione, non è da ritenersi assimilabile alla comodità consolatoria che ci impone l’arte decorativa.
Francesco Panizzo
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