GRAND BUDAPEST HOTEL
Un film di Wes Anderson. Articolo di Daniel Montigani
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Cominciamo in maniera calma, convenzionale - una scena silenziosa, nella neve, tranquilla, con una ragazza che si reca presso un busto bronzeo nel paesaggio gelato dell’immaginaria città mitteleuropea moderna di Zubrowka - per evitare di scaraventare nell’immediato il pubblico in una sorta di delirio aggraziato, certo, raffinato, ma pur sempre delirio. Questo, o qualcosa di simile, deve forse aver pensato Wes Anderson riflettendo sulla costruzione dell’incipit del suo nuovo lavoro. Come, effettivamente, tutti i suoi film precedenti, Grand Budapest Hotel, fatta eccezione per l’inizio, non sembra voler esistere se non sotto la forma di calibrata, studiatissima dispersione, di follia giocosa, di nevrosi color arcobaleno, dove il kitsch, divertito, impera a tal punto da riuscire a rendere affabile persino il nero di un funerale o il grigiore di un grande carcere.
Bizzarro lo stile del film e, parallelamente, bizzarra ed esaltata la trama: al Grand Budapest Hotel presso Zubrowka si svolgono nel corso degli anni Trenta le avventure di Monsier Gustave (Ralph Phiennes) concierge e direttore dell’albergo, abile incantatore di signore alquanto mature dalle quali spera sempre di ottenere qualche generosa comodità in cambio. In seguito alla morte di Madame D. (Tilda Swinton), una delle sue più dure ammiratrici, riceve come eredità un prezioso quadro, Ragazzo con mela, che l’uomo decide immediatamente di vendere. Ma i familiari della ricca defunta, decisi a riappropriarsi dell’opera, gli presenteranno una strada alquanto tortuosa: una sfida che spalancherà una vera e propria serie di episodi rocamboleschi, in cui a Monsieur Gustave cercherà di essere d’aiuto il suo giovanissimo portiere immigrato, Zero. In questa nuova pellicola si dipana una non indifferente ricchezza di eventi, personaggi e luoghi perfettamente eccentrici, esplode di un’umanità variegata, eterogenea, accomunata da una sorta di disperazione che l’autore modera con fare da esperto malizioso, si stende una malinconia stralunata e generica che si nutre del tempo che passa, di certo sciocchezzaio (letale, talvolta) dei rapporti (dis)umani, si delinea con frenetica naturalezza il rapporto fra il macrocosmo degli avvenimenti storici e i vari microcosmi delle vite. Anderson anche questa volta è felice di far “stancare” la macchina da presa con una certa padronanza imponendole carrellate in avanti, indietro, verso l’alto, verso il basso, panoramiche a schiaffo, dirigendo con leggiadro, impazzito logos tutto il traffico umano, gli spostamenti di luogo. L’autore si conferma inoltre buon “allestitore” del rapporto fra ambiente e personaggi, dove questi ultimi vengono mostrati e dipinti coma sorta di “pedine” dell’arredamento, così colorato e composito da sembrare un grande, sparso dolce architettonico. Ma tutta questa deliziosa eleganza e innegabile capacità di “direttore di inquadrature” per che cosa, alla fine? La regia e tutto ciò che è via via contenuto dentro lo schermo si comportano come la grazia fine a se stessa di un ballerino un po’ esoso. Scavando dentro i non pochi elementi del film si finisce per toccare un epicentro senza dubbio ben fatto, fine, ma un po’ inconsistente. Anderson, comportandosi come un bambino dallo stile cinematografico “burlone”, manda avanti l’opera come se fosse un grande, sofisticato giocattolo che a tratti si mostra in tutta la sua esilità da spettacolo di vuoto intrattenimento, da blockbuster, come nel caso dell’improbabile inseguimento in sci sulla neve. Nonostante ciò, il regista, pur con i suoi limiti qui un po’ troppi vistosi, e pur allontanandosi dalla qualità dell’opera precedente (Moonrise Kingdom), rimane comunque personaggio della macchina da presa davvero riconoscibile, fattore di certo non di poco conto. Daniel Montigiani
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Aldo Pardi, Claudia Landolfi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
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