Lyonel Feininger è stato un artista americano dalla formazione molto autonoma, ponendolo in un percorso che lo ha visto intraprendere diverse forme d’arte come elementi base di ricerca nell’espressione della propria creatività e del proprio pensiero. Inizia come violinista, instradato e influenzato dai genitori, Charles Feininger, il padre violinista, la madre Elizabeth anche, tanto da seguirli nella sua gioventù in un viaggio in Europa, dove si stabiliranno a Berlino. Feininger nasce nel Connecticut, in un’atmosfera in cui l’arte nel suo aspetto universale, oltre a quello musicale, è la parte principale di un’educazione dove la sensibilità per l’estetica e quella per la composizione della forma d’arte sono stati i punti principali quasi valoriali, obiettivi e finalità di un’infanzia e di un’adolescenza piena di creatività.
In Europa i genitori di Feininger sono impegnati in diversi concerti, e lui cercherà di iniziare una nuova strada in cui la sua personalità di artista possa avanzare con maggiore destrezza e libertà: è l’arte visiva, quella pittorica, che affascina il giovane Lyonel, tanto da portarlo alla decisione di iscriversi alla Scuola di Arti e Mestieri di Amburgo per, poi, trasferendosi a Berlino, iscriversi e completare i suoi studi artistici all’Accademia della capitale tedesca. In questo contesto Lyonel inizierà ad appassionarsi per la caricatura politica, tanto da vederlo lavorare e collaborare con importanti testate satiriche del tempo ”Lustige Blätter”, “Ulk”, “Narrenschift”. L’attività di caricaturista, seppure portasse celebrità e anche qualche ritorno economico, annoia Lyonel, tanto da vederla come ripiego non degno per un artista che, invece, vorrebbe dedicarsi maggiormente all’arte pittorica. In questo lasso di tempo Lyonel decide, così, di frequentare Robert Delaunay a Parigi, trasferendosi nella capitale francese per, poi, andare a Londra, dove si sposa con Julia, approdando in Normandia, nella Foresta Nera e ritornando ancora a Parigi. L’influenza di Delaunay è presente in tutta la produzione di Feininger: vediamo espressamente e palesemente connotati di natura cubista, dove la destrutturazione, la scomposizione e la ricomposizione quasi immaginifica del reale nelle sue componenti fisiche ed elementari sono le parti principali della sua creazione. L’artista americano, naturalizzato europeo, darà avvio alla sua lunga produzione con acqueforti e litografie per, poi, frequentare diversi circoli di cubisti ed espressionisti tedeschi, giungendo a organizzare proprie esposizioni personali o in collettive, come le mostre dedicate annualmente alla Secessione, corrente che in quei tempi faceva il suo ingresso come modo di pensare e creare innovativo quanto dirompente, scisso, appunto, da ogni formalismo tradizionale, lasciando libera espressività all’interiorità onirica dell’artista. La Turingia diventa una tappa fondamentale nella crescita e affermazione artistica totale di Feninger, che lo sdoganerà definitivamente come un pittore che segnerà parte della storia dell’arte del Novecento. Il cubismo sarà una parte fondamentale della poetica dell’artista americano, ripreso non solo nella sua capacità di uscire dalle stecche realistiche di certa prospettiva fedelmente fisica, tanto da ammantare l’opera d’arte di una propria caratteristica, quella di dare forte valenza umana a una rilettura del reale, scomponendolo per, poi, riportarlo sotto un finto caos a una propria ricomposizione, tanto da rilevarne le varie sfaccettature. È la pittura cubista, anche, analisi quasi psicologica e interiore dell’oggetto ed è per questo si chiamerà anche “cubismo analitico”. La minuziosa attenzione descrittiva, fitta quanto particolareggiata, che il cubismo permette e suggerisce nell’elaborazione di un’opera, sarà la parte strutturale di Feininger artista e pittore, tanto da saper, nella confusione voluta e razionalizzante degli elementi sparsi sulla tela, riproporre un ordine ideale, immaginifico, quasi onirico, che si nutre di quella intuizione libera e autonoma che coinvolge l’artista nella sua fase elaborativa, divenendo luogo non fisico, irreale, seppure muova dal reale, seppure l’opera stessa sia costituita da elementi reali, tangibili quanto conosciuti, in cui poter proseguire in un gioco di introspezione. Si evidenzia in Feininger una presenza che lo porta a delineare, come grande artista affermato e autodeterminato, una propria autonomia compositiva quanto poetica. In Feininger il cubismo si incontra con quello che nella Germania, quasi sua seconda patria, avanzava nella sua contemporaneità: l’espressionismo tedesco. È nella sua opera la presenza fortemente incisiva e prevalente del suo punto di vista, delle emozioni e delle sensazioni che lo stesso autore ha provato nell’interpretare, nel reinterpretare la realtà in tutte le sue componenti: la sua ottica e la sua soggettività pervadono il quadro, ma in modo non così insopportabilmente totalizzante, tanto da non eliminare ogni libera capacità interpretativa dello spettatore. È chiaro nella produzione di Feininger quel movimento interiore e intimo che l’autore ripercorre nella sua fase elaborativa, partendo dall’ispirazione intuitiva, quanto ideale, che si avvera nella sua soggettività: dall’interno si esprime l’esterno, si definisce attraverso l’arte visiva quel moto intimo ed emotivo che l’artista stesso prova nel suo rapporto con l’esterno. Tutto questo, è qui l’apice della produzione di Feininger, si definisce in una contaminazione col cubismo, aprendoci panorami e paesaggi che ci portano dal noto, da ciò che per la nostra categoria mentale è conosciuto, all’ignoto, al mai visitato, al mai interpretato, in quanto ottiche e realtà irreali, emotive e sensazionali, che parlano in un alfabeto che ci porta a fare vibrare il nostro io. L’opera di Feininger riassume come sintesi, così come tradizione cubista vuole, gli aspetti umani del reale composito e decomposto, uscendo e rompendo le convenzioni prospettiche di tanta tradizione artistica del passato: ma non lo fa per affermare un nuovismo fine a se stesso, bensì per dare alla cromaticità, alle letture emotive che solo alcune tonalità di colore e di luminosità, intervallate da situazioni chiaroscurali intriganti, ci possono offrire. Tutto questo crea un’armonia, un equilibrio di una ragione che sintetizza elementi sparsi di un reale tangibile, parlando alla parte più interiore e intima dell’essere umano: “d’altra parte - affermerà Feninger - l’umanità è la sola cosa che mi interessa”. Ed è altrettanto alfabeto cubista espressionista che si rivolge alle corde vibranti della nostra interiorità umana quello che si evidenzia nella capacità di Feininger di affidare un certo dinamismo, una certa cinetica, un certo movimento, alla figura rappresentata nelle sue sfaccettature poliedriche, spesso sottratta da un panorama urbanistico, tanto da garantire, attraverso la contraddittoria complessità della monumentalità costruttivista e della mobilità visiva e percettiva tipica dell’espressionismo, una visione artistica completa quanto foriera di letture particolarmente puntuali di panorami mai intercorsi, metaempirici seppure oggettivi nella loro soggettiva rielaborazione. Alessandro Rizzo
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Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
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