Esiste una certa connessione
tra la fotografia e il cocktail? Nella personale di Giulio Storti, “L’arte del
bere - alchimia di colori”, si può dire che l’arte del bere viene rappresentata
nella sua caratteristica più viva ed esaltante: l’alfabeto della cromaticità e
dei colori. Abbiamo più volte avuto proposte artistiche che riprendessero
vivande o bevande: la difficoltà di questa fotografia di genere sta proprio nel
gioco da incentrare tutto sull’alchimia delle vibrazioni di colori e di
sfumature. Usare il termine alchimia è più che calzante nell’incontro tra
l’arte del cocktail e l’arte fotografica. È proprio in questo che si trova la sapienza e la capacità di
Giulio Storti, che vede nella fotografia proporsi una disposizione equilibrata
e strutturata del colore che, attraverso un naturale uso dei tempi di
esposizione, attraverso una consapevole alta risoluzione degli elementi, le
sostanze che compongono il gusto complesso e complessivo del cocktail, ci porta
a evidenziare l’oggetto, la bevanda nel bicchiere, tralasciando ogni orpello
altro fuorviante, che potrebbe disturbare sullo sfondo la totalità
dell’immagine che campeggia in primo piano. In questo notiamo una certa vena
pop artistica, in una riproposizione fotografica che allude a tinte pittoriche
di tanta arte del novecento: un’arte che non vuole riprendere, come semplice
reportage, la semplice definizione descrittiva dell’immagine, ma vuole saper
dare alla stessa una liricità, fonte di una narrazione profonda che va oltre
alla dimensione concreta e, quindi, tangibile dell’elemento, degli elementi.
Esiste, quindi, sia per la sua attenzione al particolare che, insieme al resto,
crea quel generale complesso, universale: figura che ci propone sensazioni ed
emozioni che vanno oltre a una semplice visione, magari alquanto superficiale e
distratta. La fotografia di Giulio Storti ci chiama all’attenzione e alla
riflessione, contemplando una rappresentazione che esprime lati estetici che
diventano significanti profondi ed evocativi. La fotografia diventa,
quindi, un dipinto nella produzione di Giulio Storti, forte di una tecnica e di
una capacità di saper strumentalizzare le sfumature e le luci per la
realizzazione di un lavoro netto, chiaro, definito, ben calibrato, pulito nella
sua lucentezza e nella sua rappresentazione. Nella collezione, “L’arte del
bere”, Giulio vuole offrire tributo al cocktail e a quell’arte che sta dietro
alla creazione di vere e proprie installazioni dall’impatto estetico quanto
gustativo unico e universale. È in
questo spazio che si inserisce l’idea e l’ispirazione di Giulio che ha potuto
dare avvio a una produzione che vive di quell’esaltazione dei colori, che sono
anche strumenti di piacere olfattivo e gustativo, che ci definiscono i
contorni, nitidi, impostati da una mano sicura e certa, attraverso una scelta
tecnica tale da rendere quell’impatto figurativo e visivo intriso di colore.
È il
colore a essere il protagonista assoluto nella composizione di Giulio: ed è
l’alchimia, la mescolanza di essenze e di vibrazioni tali da configurare forme
e visioni che vanno oltre al dato tangibile e definito. È la chiarezza, trasparenza,
luminosità e candore che ci donano quell’impatto visivo che ci conduce, quasi
immergendoci, nell’immagine nella sua interezza. La fotografia di Giulio
riceve, così, quell’essenza che la porta a essere pittorica e attraverso
tecniche e processi di elaborazione tali da rendere l’opera fotografica nel suo
complesso opera artistica in tutti i sensi, complessa quanto delineata in tratti
che la rendono un quadro. L’arte figurativa si traduce nel linguaggio della
fotografia, un gioco di colori, luci e cromaticità che ci fanno assaporare, è
giusto dirlo, tinte e figure che ci riportano alla pittura iperrealista e
impressionista. La capacità di Giulio si respira, così, in una produzione
sempre pronta alla sperimentalità e alla ricerca di nuove forme, alfabeti
visionari dalla tecnica perfetta, che ci portano a vivere emozioni e sensazioni
uniche che promanano da ciò che di più fisico e scientifico ci sia: il colore e
la cromaticità.
Niente è meccanico ma tutto converge in una poesia, dinamica quanto esplosiva nelle sue sfumature, che ci fa andare oltre al dato reale, percependo qualcosa di più profondo rispetto a una visione semplice e quotidiana. Alessandro Rizzo
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Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo.
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