Arrakis, 10191. In un futuro remoto, l’acqua è diventata un bene raro e prezioso e gli abitanti del pianeta, i Fremen, con uno spirito di adattamento fuori dal comune, hanno trovato un loro modo per riuscire a sopravvivere al clima arido e inospitale della loro terra.
Frank Herbert, nel primo capitolo di Dune, fa emergere con forza e orgoglio la resilienza ambientale di un popolo che, per difendere il paesaggio in cui vive, decide di stanziarsi in sietch, ovvero in villaggi costruiti tra le rocce, lontani dal palazzo governativo di Arrakeen. “L’acqua è l’inizio di ogni vita”, recita più volte il libro, riferendosi a un versetto tratto dal testo sacro di Arrakis, la Bibbia Cattolico-Orangista. Quello che infatti crea l’autore è un ecosistema immaginario in cui, attraverso l’inserimento di dettagli narrativi e descrittivi, la resilienza dei Fremen diventa fieramente l’ultimo baluardo di una vita all’insegna della religiosità e dell’unione totale con la natura. La scrupolosità con cui i Fremen cercano di preservare ogni goccia d’acqua, il modo in cui, attraverso la tuta auto-distillante, riescono a riciclare e a bere anche i propri liquidi organici e il simbolico gesto dello “sputo” in segno di rispetto: tutto questo dà vita a un universo narrativo fortemente coerente e così originale che è difficile approcciarsi al romanzo senza rimanerne conquistati. Diventato il caposaldo di quel filone della fantascienza definito “ambientalista”, Dune fu un vero e proprio successo, non solo commerciale ma anche politico: Herbert e il mondo da lui raccontato, a metà anni ‘70, durante quella che fu la prima crisi energetica, divenne portavoce di un movimento, quello ecologista, che trasformò il libro in una vera e propria bandiera green. È sempre difficile e complesso approcciarsi a un capolavoro del genere e tentarne una traduzione cinematografica. Lo ha fatto per primo Alejandro Jodorowsky nel 1974 quando propose con entusiasmo al suo produttore Michel Seydoux il romanzo di Herbert, considerato uno di quei libri impossibili da trasportare sullo schermo. Nel documentario del 2013, Jodorowsky’s Dune, realizzato da Frank Pavich, viene ripercorso tutto l’iter pre-produttivo di un film mai realizzato che sarebbe dovuto essere un kolossal e che avrebbe dovuto “far provare l’LSD senza prendere l’LSD”. Se lo storyboard del film venne affidato a Moebius, le musiche sarebbero state eseguite dai Pink Floyd che avevano appena pubblicato The dark side of the moon. Nel cast tra i nomi che il regista cileno avrebbe fortemente voluto vi erano anche Orson Welles e Salvador Dalì. Quest’ultimo, che avrebbe dovuto interpretare l’imperatore galattico Shaddam IV, chiese come compenso 100.000 dollari l’ora: Jodorowsky gli propose la stessa cifra al minuto, poiché la sua presenza sullo schermo era richiesta per soli 4 minuti e poi sarebbe stato sostituito da un clone robotico.
Meno pomposo nella forma, privo di simbolismo, ma con delle ambizioni comunque importanti, è il Dune che David Lynch girò nel 1984. Nonostante lo stesso Herbert collaborò alla sceneggiatura, il film fu un vero e proprio fiasco: da una parte contribuì l’inesperienza di Lynch in progetti produttivamente così grandi, dall’altra la difficoltà di ridimensionare un’opera monumentale in un film di due ore e mezzo. Il recente adattamento cinematografico del romanzo, diretto da Denis Villeneuve, è sicuramente più riuscito rispetto ai tentativi precedenti.
La figura di Paul Atreides vive sin dall’inizio il dissidio interiore del protagonista che, inconsapevolmente, va incontro a un destino a cui non può sottrarsi e da cui si sente inevitabilmente attratto. La bravura interpretativa di Timothée Chalamet rende giustizia al personaggio del libro il quale, attraverso la visione ossessiva di Chani (interpretata da Zendaya), capisce di essere destinato a quello che i Fremen chiamano il Mahdi, colui che libererà Arrakis dal dominio straniero.
“Tutto era piatto. La sua mente cercò avidamente qualcosa di alto in quel paesaggio. Ma non c’era nulla, da un orizzonte all’altro, che si elevasse in modo convincente nell’aria surriscaldata. Nessun fiore, nessuna pianta che si agitasse nella brezza… soltanto dune e rocce lontane, sotto un cielo d’argento brunito. […] Paul parlò senza voltarsi: - Mi piace la calma di questo luogo. Come la mente si adegua all’ambiente!, pensò Jessica. […] – Si potrebbe vivere bene, qui – continuò Paul.”
Il film riesce a scavare nell’intimo di Paul e a tracciare quel percorso di acquisita consapevolezza che nel libro è decisamente più lungo e sottile: ad esempio, la scena in cui Paul e la madre Jessica fuggono nel deserto dall’orrore della distruzione della loro famiglia è raccontata da Herbert nella seconda parte del libro, in un capitolo intitolato “Muad’Dib”, dedicato interamente alla presa di coscienza di Paul e al suo lavoro interiore verso la definitiva decisione di entrare a far parte del popolo dei Fremen. Nel film di Villeneuve, il tutto diventa sintetizzato, subendo inevitabilmente una condensazione nella forma ma, non per questo, nell’essenza.
La regia di Villeneuve è comunque superba ed essenziale, gli effetti speciali sono maestosi, anche se a tratti sembrano eccedere e travalicare lo schermo (vedi la scena della distruzione di Arrakeen). La fotografia di Greig Fraser, le musiche di Hans Zimmer e i costumi di Bob Morgan e di Jacqueline West elevano le immagini in una dimensione nuova e intimista, garantendo una nuova pietra miliare al genere fantascientifico. Il primo capitolo di questa saga è indubbiamente un’opera riuscita, al momento decisamente la miglior trasposizione cinematografica del capolavoro di Frank Herbert. Fabiana Lupo
Scrivono in PASSPARnous: Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Libera Aiello, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Nicola Candreva, Patrizia Beatini, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Palmieri, Maria D’Ugo, Giovanni Ferrazzi, Francesco Ferrazzi, Luigi Prestinenza Puglisi, Davide Palmentiero, Maurizio Oliviero, Francis Kay, Laureano Lopez Martinez, Nicola Bianchi, Francesco Panizzo. |
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