Speciale Festa del Cinema di Roma 2019 - ANTIGONE di Sophie Deraspe -. Articolo di Fabiana Lupo

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Revue Cinema Sezione diretta da Fabiana Lupo

SPECIALE FESTA DEL CINEMA DI ROMA 14ª edizione.

ANTIGONE

Un film di Sophie Deraspe

Articolo di Fabiana Lupo

Antigone è il film che tutti noi dovremmo vedere. È una di quelle perle davanti alla quale rimani abbagliato e che vorresti venisse proiettato non solo all’interno del circuito dei festival, ma soprattutto al di fuori di esso: nelle scuole, nelle piazze, là dove si discuta dell’uomo e delle leggi che determinano le sue azioni.
L’adattamento cinematografico di una tragedia greca come quella di Sofocle è già di per sé un’operazione ambiziosa e coraggiosa, di cui va ammirata l’intraprendenza.

Per di più, la riscrittura dell’opera è talmente forte che, seppur a tratti tradisce il testo originale, ci riconsegna, con una forza più attuale che mai, il suo messaggio originale. Il film, di cui Sophie Deraspe è la regista, sceneggiatrice, direttrice della fotografia e montatrice, ha vinto il Toronto International Film Festival e rappresenterà il Canada agli Oscars per la categoria “Miglior film straniero”.

Antigone ha quattro anni quando, assieme ai suoi fratelli Étéocle e Polynice e alla sorella Ismène, lascia l’Algeria, e si trasferisce in Canada. La nonna Ménécée si fa carico dei suoi quattro nipoti che, a seguito di uno scontro avvenuto in Cabilia, sono rimasti orfani di padre e di madre. Sin dalla scelta di mantenere i nomi originali della tragedia si intuisce il rischio che la regista corre: quanto credibili possono essere dei nomi fittizi legati nell’immaginario a un mondo così lontano da noi com’è quello della letturatura greca?
La sensazione è straniante, bisogna ammetterlo.

Lo è sin dall’inizio del film, quando vediamo il PP della ragazza su un fondo bianco che guarda in macchina e si identifica: Antigone Hipponome. A parte la perplessità iniziale comunque, il film diventa così verosimile che questo particolare passa subito in secondo piano.
Antigone è una ragazza modello di sedici anni, legata sentimentalmente al giovane Haemon e che si distingue a scuola a tal punto da ricevere una borsa di studio. Tutto sembra andare per il meglio quando sulla sua famiglia si abbatte una sciagura: Étéocle, il fratello preferito di Antigone, viene ucciso a colpi di pistola dalla polizia locale e, nello stesso scontro, Polynice viene arrestato con l’accusa di far parte della gang degli Habibi, rischiando così l’espulsione dal Canada.

Per salvare la famiglia, con la complicità della nonna Meni, Antigone decide di far visita al fratello in prigione e di sostituirsi a lui, mettendo così a repentaglio il suo futuro. I riferimenti alla tragedia sono anche inscritti nel profilmico: sull’autobus su cui Polynice sale dopo essere scappato dal carcere vi è un cartellone di una messa in scena dell’Edipo Re.

Oltre ai protagonisti della vicenda, al film prende parte anche il Coro: la voce di Antigone (Mon cœur m’a dit, urla in tribunale davanti ai suoi coetanei) diventa il grido di una generazione e si espande a macchia d’olio in tutto il paese, trasformando la ragazza in un’icona rivoluzionaria, in una figura senza sesso né identità, quasi stilizzata come i graffiti con cui la ritraggono.

In questo processo di identificazione di gruppo, Antigone al contrario cerca la propria di identità, ripercorrendo nella gabbia fredda della sua cella tutti i suoi fantasmi. La figura della psichiatra cieca Teresa, che altro non è che la rappresentazione moderna dell’indovino Tiresia, è quel confronto con l’oracolo necessario per far pace con le colpe dei padri.

Dove sono i morti? Qui. Temi il loro giudizio? Più di quello dei vivi.
Antigone si sente investita di una responsabilità, di un dovere nei confronti dei suoi genitori, che travalica le leggi dell’uomo e che la pone di fronte a una scelta. Siamo nel cuore della tragedia, all’interno del suo messaggio più puro.

I fili della trama a questo punto sono tesi: l’Antigone moderna veste i panni di un’immigrata che cerca di far valere il suo senso di giustizia sulle leggi fatte dall’uomo, in un Paese che non è suo. Il processo di rivisitazione è compiuto: cosa c’è di più attuale della storia di una giovane algerina trapiantata in Canada, senza patria né genitori, che si batte per tenere unite le briciole di una famiglia logorata alle radici?

Antigone è la metafora della nuova diaspora, della dispersione dei figli nati in quei Paesi incestuosi dilaniati dalle lotte interne, una prole che dovrà affrontare i sensi di colpa dei propri genitori e cercare una nuova collocazione nel mondo.

Fabiana Lupo

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