Il mezzo cinematografico è nato maschio. Un’affermazione vera se si pensa alla massiccia presenza maschile che domina tutti i reparti dell’industria del cinema, da quello tecnico a quello commerciale. Un’affermazione forviante però se si pensa al resto delle espressioni artistiche, anch’esse allevate inizialmente da grandi uomini, poi restituite alle donne e diventate di conseguenza androgine.
Nonostante l’articolo determinativo maschile che lo accompagna, il cinema è tutt’altro che un’arte per soli uomini. Il suo essere un occhio sul mondo, il suo rappresentare la realtà attraverso un obiettivo, lo rende un mezzo profondamente soggettivo, determinato fortemente dalla sessualità di chi lo utilizza, sessualmente versatile e cangiabile. Si è spesso pensato però che una regista dovesse essere decisamente virile nell’approcciarsi al nuovo mezzo o, al contrario, piuttosto remissiva per potersi accostare a un’arte così “maschia”. I cliché che verrebbero fuori con un atteggiamento autoriale simile sarebbero inevitabili e sottintesi. Non c’è niente di più riuscito dunque di un film firmato da una donna che riesca a far sentire il suo sesso devastando la costrizione corporea del mezzo e sovrastandola con il suo tocco femminile.
Greta Gerwig esordisce alla regia ed è subito candidata agli Oscar con un film dietro cui traspare la schiettezza del suo sesso. Oltre alla trama, improntata su tematiche profondamente femminili, Lady Bird si lascia apprezzare soprattutto per il suo stile asciutto e fresco, per il suo tono leggero, per nulla superficiale, con cui tratta la materia. Lady Bird si presenta fisicamente come una guerriera ribelle, con un atteggiamento da maschiaccio e i capelli rossi mesciati: una strana figura mitologica a metà strada tra l’essere umano e quello animale. È così che Christine McPherson si raffigura sui manifesti che affigge nella scuola cattolica che frequenta: un uccello intrappolato in un corpo da ragazza.
Il rifiuto della propria identità, l’impossibilità di essere una figlia perfetta, la voglia prepotente di autodeterminazione sono le caratteristiche principali della protagonista, interpretata da Saoirse Ronan che riesce a restituire in maniera formidabile tutte le sfumature di una teenager dissidente californiana, sulla soglia della maggiore età e davanti all’importante scelta del college.
Chiunque parli di edonismo californiano non ha mai trascorso il Natale a Sacramento. La citazione di Joan Didion che apre il film sembra quasi voler anticipare che il decentramento di cui si parlerà nel film non sarà soltanto geografico: ludicamente lontana dalla movida della West Coast, Sacramento è a sua volta una città socialmente divisa in due da una ferrovia che l’attraversa e che divide i quartieri perbene da quelli poveri, nei quali si colloca l’abitazione di Christine. Tagliata fuori da una società di cui vorrebbe esser parte, Lady Bird detesta il suo nome di battesimo, detesta la sua città, detesta la sua famiglia. Sogna di sposare il ricco compagno di teatro Danny ed ereditare la stupenda casa della nonna, al di là della ferrovia. Non vede l’ora di spiccare il volo verso l’East Coast, di lasciarsi alle spalle una madre che sembra volerle tarpare le ali. È un coming of age che ha tutte le connotazioni del caso, ma che si scioglie senza banali risoluzioni e semplici buonismi. In particolar modo il rapporto con la madre, una strepitosa Laurie Metcalf, non prende mai pieghe semplicistiche e sbrigative: si sviluppa attraverso dinamiche delicate e sottili, dialoghi brillanti e scene esilaranti, dietro cui si nasconde un equilibrio precario.
La storia di Christine ha molte analogie con la vita privata della regista Greta, anche lei di Sacramento, anche lei figlia di un’infermiera. Ed è forse questo il motivo per cui si respira per tutta la durata del film un’aria autentica, sincera: la Gerwig prende ispirazione da ciò che le è più caro (o forse da ciò da cui è scappata) per raccontare una storia di ribellione, una fuga che poi inevitabilmente si trasforma in un ritorno. Perché, è dichiarato nel film dalla suora madre responsabile della scuola mentre legge il tema d’ammissione di Christine al college: amore significa soprattutto attenzione.
E forse il rifiuto e l’odio in alcuni casi sono un primo segnale verso qualcosa di emotivamente più profondo. Lady Bird è un film fatto indubbiamente di attenzione e di amore, connotato da un tocco autoriale a tratti mitologico, a metà strada tra l’essere donna e l’essere uccello. |
Giovane e Bella
Un film di François Ozon di Daniel Montigiani Via castellana bandiera,
Un film di Emma Dante di Daniel Montigiani |
Fabiana Lupo
Scrivono in PASSPARnous: k
Bruno Benvenuto, Ubaldo Fadini, Tiziana Villani, Claudia Landolfi, Alfonso Amendola, Mario Tirino, Vincenzo Del Gaudio, Alessandra Di Matteo, Paulo Fernando Lévano, Enrico Pastore, Francesco Demitry, Sara Maddalena, Alessandro Rizzo, Gianluigi Mangiapane, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Fabio Treppiedi, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Stefania Trotta, Manuel Fantoni, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Massimo Maria Auciello, Maria Chirico, Ambra Benvenuto, Valentina Volpi, Massimo Acciai, Gianluca de Fazio, Marco Maurizi, Daniele Guasco, Carmen Guarino, Claudio Kulesko, Fabrizio Cirillo, Francesca Izzi, Antonio Mastrogiacomo, Giulia Vencato, Alessandro Baito, Margherita Landi, Mirjana Nardelli, Stefano Oricchio, Manlio Plamieri, Francesco Ferrazzi, Giovanni Ferrazzi, Francesco Panizzo.
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