EP: Spela raccontaci il tuo festival.
ST: Sound Disobedience è un festival principalmente musicale nel quale possono avvenire incroci con la performance art o con la danza, anche se il tema musicale è sempre il soggetto della ricerca. Sound Disobedience si occupa di musica improvvisata in tutte le sue possibili declinazioni: elettronica, elettroacustica o totalmente acustica. Talvolta abbiamo ospiti che trattano anche la composizione, ma anche in questi casi si tratta di partiture con larghe porzioni di indeterminazione. Ovviamente ci dedichiamo alla musica contemporanea. Durante il festival oltre ai concerti, facciamo un workshop, quest’anno con il musicista Sejiro Murayama, delle istallazioni, e delle conferenze e tavole rotonde. EP: In che tipo di contesto operate? Voglio dire: la musica contemporanea, tra le arti è forse quella che oggi soffre di più, qual è il panorama attuale a Ljubljana e in Slovenia in questo settore artistico. ST: Nel campo della musica contemporanea le Accademie e i Conservatori non trattano molto la musica contemporanea. Al massimo arrivano a studiare qualche composizione di Stockhausen. Per lo più sono concentrate sulla musica classica. Lentamente questa situazione sta cambiando con l’inserimento nel corpo docente di insegnanti più giovani e aperti alla contemporaneità. Ci sono degli insegnanti che mandano i loro studenti al nostro festival e li invitano a partecipare ai nostri workshop. Poi c’è un altro aspetto da sottolineare. Il mio collega Tomaž Grom si è trovato un po’ da solo a Ljubljana ad occuparsi di musica contemporanea e improvvisata. Molti suoi colleghi sono andati all’estero. Tomaž ha reagito a questa situazione cercando di formare una generazione di musicisti contemporanei portando le esperienze fatte all’estero qui a Ljubljana. Non gli restava che creare una scena. E le cose sono nate in questo modo. Il nostro Ministero della Cultura ha delle residenze a Londra, Vienna, Berlino e New York dove, facendo un bando, è possibile andare per un mese e costruire dei progetti, o fare dei workshop. Facemmo questo bando e ottenemmo una residenza a Londra. Tomaž è andato a seguire i workshop di Eddie Prevost e della sua orchestra AMM composta d’improvvisatori. Prevost tiene questo workshop da più di trent’anni. Tomaž ne è rimasto entusiasta e ha pensato di portare questa esperienza a Ljubljana. In quel periodo era qui anche Sejiro Murayama che cercava persone con cui suonare, così hanno iniziato il workshop che si tiene una volta alla settimana. Ora c’è un gruppo di 22 persone che si trovano abitualmente e formano questa specie di orchestra che suona musica improvvisata. Questo è anche un modo per continuare l’esperienza del festival e non chiuderla nei tre giorni in cui si tiene. Per noi è importante dare continuità alle proposte che proponiamo. EP: In questi pochi giorni qui a Ljubljana ho riscontrato una grande abbondanza di festival e di attività culturale dedicate ai linguaggi contemporanei. Tale ricchezza riscontra anche grande pubblico? ST: No, in verità no. Ljubljana è una piccola città e se non ci fosse un’attenta programmazione concertata con tutte le altre realtà finiremmo per rubarci il pubblico uno con l’altro. Quest’anno per esempio è successo che ci siamo sovrapposti con Sonica, un altro festival dedicato alla musica elettronica, e questo non è bene. Per esempio i festival dedicati al teatro sono uno dopo l’altro. E il pubblico alla fine non può seguire tutto. A volte l’affluenza è un po’ desolante. Quelli che sono messi meglio sono quelli di Mladi Levi in quanto sono subito dopo l’estate, dopo le vacanze dove la gente è più rilassata, ha voglia di incontrarsi e di vedere cose nuove. In più la stagione, il bel tempo aiuta molto. Loro hanno sempre tantissimo pubblico, tanto che bisogna prenotare i biglietti se vuoi assistere agli spettacoli. EP: Tale ricchezza di proposte significa anche sostegno da parte delle istituzioni? ST: C’è, assolutamente. Magari i soldi non sono tantissimi, ma dobbiamo dire che c’è. Per le realtà più importanti, per esempio, c’è questo finanziamento di quattro anni, in cui si sa già quanto è il budget di spessa anno per anno, permettendo una programmazione a lungo periodo. Comprendo, per esempio, che rispetto all’Italia questo sia un privilegio. Per noi, questa è la seconda volta che accediamo al bando. A questo bando possono accedere tutti non solo le grandi istituzioni, anche i festival cosiddetti indipendenti, anche se ormai nessuno è indipendente perché dipendiamo tutti da loro. Enrico Pastore
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