EP: Qual è l’obbiettivo del TNT festival? Verso quali direzioni si sviluppa la tua attività di direttore artistico?
PP: Il primo e massimo obbiettivo è quello di far capire al grande pubblico che la scena contemporanea non è criptica, non è minoritaria, non è marziana, non è strana. Io sarò felice il giorno in cui uno spettacolo del TNT sarà accettato in una stagione normale di un teatro di Barcellona. Non è Shakespeare ma è quello che c’è oggi. Un progetto come Los Moñekos, che abbiamo visto qua al festival, o come i lavori di Cecilia Blanco e Alex Serrano, che ha vinto il Leone d’argento alla Biennale di Venezia, mi piacerebbe che potessero essere visti in una grande sala di teatro esattamente come Shakespeare o Beckett. Questa è la mia idea e il mio percorso. Io sono attore e regista di teatro di testo. Ho fatto regie per il Teatro Nacional de Catalunya, i grandi classici come Pirandello, e ho scoperto nel corso del tempo la scena contemporanea, l’eliminazione della quarta parete, l’implicazione del pubblico... È come la gastronomia. Tu mangi sempre le stesse cose, poi vai in un paese esotico e scopri sapori nuovi. Se tu stai aperto di mente e di spirito scopri che ti piace la novità. EP: Secondo la tua opinione verso quali direzioni si stanno sviluppando le arti sceniche contemporanee? PP: Io credo che l’artista contemporaneo sia un po’ come Leonardo da Vinci. L’artista di oggi è preoccupato e si occupa di tutto quello che succede. I temi sono però sempre gli stessi: l’amore, la morte, la giustizia sociale, l’identità, ma si esprimono in maniera diversa e con le tecnologie che oggi sono a disposizione. Io credo che oggi gli artisti del teatro utilizzano tutti i mezzi che sono loro disponibili e questo crea una grande fusione di linguaggi. Credo anche che se Shakespeare avesse agito oggi avrebbe fatto esattamente lo stesso. Questo mischiare i linguaggi è il mondo contemporaneo. I temi che sviluppano gli artisti sono però più vicini alla società. Nel momento in cui, a causa della crisi, i fondi sono venuti a mancare gli artisti hanno cercato di fare opere più vicine al pubblico. Sono andati a cercare il pubblico. Laddove c’è la sovvenzione pubblica manca il pubblico. A partire dal momento in cui non ci sono sovvenzioni devi cercare nuove soluzioni. Per esempio: David Espinosa era uno che non cercava il pubblico, era molto criptico, ora ha cambiato direzione e ha fatto un lavoro, Mi gran obra, che va dappertutto. Si è dovuto connettere con il pubblico. Io credo che le nuove tendenze necessitano del pubblico per vivere. Le opere nuove sia che arrivino al cuore, sia che arrivino al cervello non devono lasciarti indifferente. Ciò che non ti colpisce in qualche modo, perfino come qualcosa che non ti piace, non può vivere oggi. L’importante è che un lavoro non ti lasci indifferente, che non sia prevedibile. EP: Ci piacerebbe che tu ci raccontassi quali sono le condizioni in Catalunya per la creazione di nuove opere di teatro, e di Live arts in generale. Quali sono i punti più forti e quelli più critici in questa regione? PP: A partire dallo tzunami della crisi economica, le cose si sono messe piuttosto male. Il governo del Partito Popolare ha alzato l’IVA ai teatri fino al 21%, e per il governo e le istituzioni la cultura è il settore la cui importanza sta al livello più basso di tutti. Questa situazione ha provocato una reazione da parte degli artisti che per cercare di poter fare i propri lavori, si sono cercati pubblico e sostegno altrove. Molti sono andati a Berlino, altri in Francia, Insomma sono andati a cercarsi un paese dove fosse possibile lavorare. Il più nostro più grande problema è che non c’è circuito di distribuzione. Noi cerchiamo di crearne uno internazionale. Abbiamo qua presenti programmatori dello Schaubuhne, dall’Inghilterra, dalla Svizzera, anche dall’Italia e tutto questo per cercare di creare un circuito internazionale alle compagnie catalane. Tutto perché non c’è un circuito catalano né un circuito in Spagna. Festival come il TNT in Spagna ce ne sono pochi: il BAT di Bilbao, Escena do cambio a Santiago de Compostela, la programmazione del Teatro Central di Siviglia, che è molto buona, il Teatro Pradillo di Madrid. Il resto però e tutto molto classico. Enrico Pastore
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