La fantasia si può esprimere pur non distaccandosi dall’oggettivo reale in un’arte complessa, per la tecnica, ma, allo stesso tempo, semplice e diretta nel significante estetico, quasi da rievocare tratti di un infantilismo che si eleva a forma di espressione, armonica e dinamica. Gabriele Canetti ha un percorso che lo porta a evidenziarsi come autore completo, per eseprienza e per formazione: conseuge la maturità artistica nel 1983, si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1995, si attesta come affreschista presso la scuola di affresco professionale di Monza, nel 2001. Gabriele Canetti fa dell’arte la propria professione, oltre che fondamento di un’esistenza attenta e analitica del reale: ed ecco che si trova a essere collaboratore con diversi studi, in qualità di decoratore, di modellista, di pittore, di allestitore, fino a giungere, nel 2000 a insegnare tecnica dell’affresco per il Comune di Milano e, nel 2003, affresco e tecniche murali per la scuola d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco a Milano. In questa dimensione Gabriele afferma con progressività e con gradualità una propria autonomia di concetto, di stile e, infine, di poetica artistica.
L’architettura e il mondo dell’illustrazione, quella decorativa, quella dell’affresco, comporta un’influenza tale da costruire un artista completo e complesso, allo stesso momento: un autore che ha fatto della sicurezza e fermezza del proprio tratto e della funzione dell’arte come basi stabili per poter progredire in un sinergia di stili e di generi che ci rendono la trasparente contaminazione di canoni compositivi conducenti a un originale quanto autonomo stile, autorevole, autorale, riconoscibile come appartenente all’autore, seppure non privo di riferimenti e di citazioni storiche della letteratura artistica, passata e moderna. Gabriele compone opere che assaporano di quei tratti delicati che provengono dai contorni delle figure immerse in una “nuova oggettività”, un percorso contestuale che vede i propri personaggi, fiabeschi, inventati quanto immaginifici, appartenere a un mondo in continuo movimento, in una dinamica coinvolgente, spensierata, irreale tanto da superare le dimensioni del surreale, magica e fantastica. Notiamo una certa presenza graffiante, lettura non priva di una dimensione contenutistica della società e della contemporaneità, che porta a deformare, esasperandone alcuni difetti, le figure, inserendole in un contesto assurdo e paradossale, seppure non impossibile da raffigurarsi e da considerare: si vede, cosi, una barca che con fatica, una certa dose di peso grava su di essa, tiene due innamorati, oppure si notano tram strasbordanti di musici, carri pieni e stipati di giocolieri, immagini che sembrano appartenere, sarà proprio il lato del nuovo oggettivismo, a un realismo quasi magico, immaginato, chiaramente, quasi sognato, seppure in se verisimile e probabile. Appassiona di Gabriele l’uso dei supporti, in quanto rende tali materiali interattivi con la stesura di colore, andando a definire con nitidezza e con chiarezza le forme delle figure e degli elementi, grotteschi, di un mondo immaginifico, quasi di natura circense in molti aspetti: i soggetti inseriti nelle opere di Gabriele sembrano essere veri e propri pupazzi, privi di anima, oppure recitanti un copione in quanto lo stesso autore si astrae dal dare e concedere con le proprie rappresentazioni significati etici o morali, di giudizio morale possiamo dire. Soggetti animati, ma privi di spirito, popolano le ambientazioni, quasi sempre cittadine, oppure agreste, come fossero parti di canovacci di una serie di fotogrammi di un filmato di animazione, avente una propria narrazione, ma in un’ambientazione quasi dilatata, molto pittorica possiamo dire nel suo essere basata su una tipologia grafica illustrativa, che la rende parte di un nuovo oggettivismo, ossia quella tendenza a rappresentare in modo obiettivo l’immagine, concedendo a essa una valenza tale da renderne quasi ipotetica la scena, seppure sia una proiezione di una situazione onirica, sognata, fantastica, appunto. I soggetti sono evidentemente dilatati: si ritrovano passaggi a un cubismo e a un futurismo, ma definendo un’illustrazione grafica fiabesca che voglia, attraverso dei veri e propri soggetti “inanimati”, quasi pupazzi, delineare una storia rappresentativa tra il reale e il misterioso, tra il concreto e l’incantato, l’ordinario e lo straordinario. Gabriele vuole immetterci con l’uso sapiente dei colori, vivi seppure ben adagiati in modo da renderli pastosi e uniformi, come i fondi delle tele, dove l’olio acquista una propria natura di cromia pastellata, oppure attraverso le forme e le figure che si rendono armoniose con il contesto, in una visione dualistica in una sintonia e in un incontro di prospettive irreali. I personaggi non hanno nessun accenno a visioni psicologiche di una propria interiorità, ma sono solo protagonisti passivi di una storia, di una lunga storia non priva, come ogni storia, di un significato, di una finalità e di un obiettivo anche educativo o, quanto meno, interrogativo sul presente, come ogni favola si trova ad avere un proprio compito civico e letterario, segretamente, velatamente o palesemente. Saranno favole a lieto fine? Il connubio tra pittura, ricordandoci quella sintonia tutta valevole nelle rappresentazioni insolite di un Botero, illustrazione, riportando alla memoria le raffigurazioni ciniche e caricaturali di un certo George Grosz, soprattutto nelle pieghe ben rappresentate della società, fatta di ipocrisia e di contraddizioni, ci rende tangibile la complessa produzione ponderata di un grande artefice, possiamo dire, quale l’autore che, come lo hanno spesso definito, sembra essere una sorta di regista di una narrazione fiabesca. Gabriele è artista che non si sente saturo nella propria ricerca continua, compositiva quanto estetica, che va a condurre: ed ecco che l’artista non fa economia nell’utilizzo di materiali per rendere le proprie opere come parti di lavori compositi, collage che danno una rappresentazione più tangibile e concreta dell’iperrealismo quasi magico, un inganno ottico quanto contenutistico in cui l’autore ci conduce, staccandoci dalla dimensione impressionista e collocandoci in ottiche visive oniriche. Apprezziamo una certa dose di avanguardia nel trattare le geometrie e nel saperle tradurre in alfabeti cromatici e in tratti di disegno dal sapore infantile nel loro rivelarsi come estetiche figurative, dietro a cui si apprezza un lavoro di ricerca che mette insieme le discilpline della conoscenza che Gabriele ha potuto apprendere durante le fasi formative e professionali. L’espressionismo possiamo vederlo nelle tele di Gabriele osservando l’appplicazione esasperata ed esasperante della deformazione degli oggetti del reale, mentre possiamo apprezzarne la delicatezza dei contorni rendendo la tela quasi un disegno: in questi ultimi periodi Gabriele si sta affidando alla tecnica del graffio e dello strappo tanto da donare luce all’essenza oscura cromatica, il nero di fondo, dell’opera, un’evocazione quasi mitologica in un’intensità luminosa. Alessandro Rizzo
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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