Le narrazioni possono anche diventare semplici visioni di giochi compositi di materici vivi e quasi pulsanti, ancora, per l’energia e la trasparenza che riescono a donare ai nostri occhi: la materia è l’essenza estetica e compositiva nella produzione di Andrea Mariconti, in esposizione alla Galleria Federico Rui di Milano.
L’artista vede una propria formazione, autonoma, ricca certo di conoscenze di una letteratura vasta della storia dell’arte, laureandosi all’Accademia di Belle Arti nel 2001, indirizzo Arti Visive, e in scenografia e discipline dello spettacolo, nel 2006: questa base di partenza gli permette di acquisire nozioni fondamentali che contamineranno necessariamente la propria evoluzione, senza imporsi come uniche caratteristiche che potrebbero rischiare di vedersi ripetute in modo didascalico. Andrea Mariconti elabora in un percorso esperienziale unico e originale la propria poetica, la propria idea, la propria ossessione estetica compositiva: il proprio concetto di arte viene espresso, pertanto, attraverso la validità e l’impeto di una bicromia, quasi sempre le sue tele si mantengono su questa gamma cromatica, che diventa esplosione di ombre e di chiaroscuri che tendono a donarci un’interpretazione attenta e coinvolgente della composizione nella sua totalità. Notiamo la sapienza che Andrea usa nel delineare le pennellate che vanno ad aggiungersi, quasi sempre a olio, a materiali utilizzati, impensabili in una concezione materica canonica e consueta, ma strabilianti dal punto di vista di una visione quasi da transavanguardia, che non vuole rompere con stili e immagini di un’arte antica e storica, ma riproporli in una propria dimensione, che rimane quella lirica avvertita dall’autore stesso. In questo breve spazio si impone e si pone la proposta di Andrea Mariconti: una proposta che ha delle radici, autonome e autorali, passate, che lo vedono, per esempio, dedicarsi alla ritrattistica, dalle venature leggermente impressioniste, seppure abbia una propria valenza, una propria identità non incasellabile in nessuno schema precostituito e predeterminato. Andrea vede consolidarsi, in modo graduale, la propria estetica e il proprio stile, attraverso esperienze reali che lo occupano, per esempio, nel 2005 e nel 2006 in un un progetto di arte terapia per bambini con traumi psichici dovuti alla guerra; che lo occupano, ancora, nella preparazione di un’installazione, I sette palazzi celesti, presso Hangar Bicocca, Milano, dopo aver seguito un workshop tenuto da Anselm Kiefer; che lo occupa dal 2009 nel coordinamento e nella direzione di laboratori artistici con fini sociali in Sud Africa e in Italia, rivolti a ragazzi orfani e con problematiche relazionali. Andrea riceve nel 2011 un prestigioso riconoscimento, il Premio Unesco per l’Arte. Partiamo proprio da questa base esperienziale di vita e professionale che Andrea compie lungo i propri anni di produzione per comprendere quel significato, si oserebbe dire, in termini di pura estetica, significante, recondito, intrinseco e poetico che sorregge la lunga produzione dell’autore, negli ultimi anni direttasi sul laesaggismo. Immergiamoci in questa serie per apprezzarne la gamma di tratteggi, costanti, coerenti, convintamente disposti sulla tela o su fogli di carta. Apprezziamo interagire con i paesaggi materie ed elementi che vengono presi dalla natura, inattesi quanto stupefacenti, quali cenere, terra, olii di varia natura, petrolio, rame e tali da rendere un’armonia composita all’intera opera. I suoi ritratti e i suoi paesaggi, proprio per questo motivo, non possono essere licenziati come appartenenti alla corrente impressionista: chiaramente il dato reale, la prospettiva paesaggistica, i lati dei visi, le loro espressioni, i lineamenti, i soggetti naturali e inanimati, che contornano e popolano distese di terre incontaminate quanto vivide, fanno si che lo stile abbia richiami al dato strutturale dell’impressionismo, ossia il paesaggio come riscoperta, estetica e visiva, unità armonica di un realismo che si contamina con un romanticismo, molti lati ci ricordano un Friederich, notando la matericità che diventa plastica e immobile, attraverso una superficie eterogenea, difforme, irregolare quanto increspata, rendendo, cosi, più vere e penetranti le visioni di quei ghiacciai illuminati da una pennellata di bianco lucente, oppure di quelle balle di fieno distese su una grande e immensa prateria, cosi come di quelle rocce scoscese sul mare che a picco si stagliano in tutta la loro potenza e ruvidezza. Nelle opere di Mariconti si riscontrano sensazioni diverse, in quanto differenti sono le prospettive in cui ci accompagna attraverso la sua produzione, esteticamente e matericamente composita e, quindi, concettualmente complessa. Viva la realtà che ci sottopone l’artista, ma rivisitata e destrutturata in modo tale da donarci un caleidoscopio di forme che sobbalzano, pronte per offrirci quelle immagini che sono vere, ma che rientrano in un’interiorità propria. La serie di figure vengono trasposte in un vivido e vivace materico, alfabeto in cui si evidenzia quello scontro e quella contraddizione, tutta lirica e poetica, tra la finitudine di un’esistenza, quella umana, e l’immensa resistenza ed eternità dei materiali e dei soggetti naturali, paesaggistici, espressi con impeto e con forza, in un vortice di allucinazioni visionarie dal sapore onirico e contemplativo, celebrativo dell’essenza diretta degli elementi paesaggisti, in una bicromia che rende la sapienza descrittiva dell’autore maggiore, non lasciando margini a tentennamenti compositivi né ideali concettuali. Alessandro Rizzo
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flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
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di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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