Ogni forma percepita dipende da un senso che diventa totalizzante nella concezione e nella conoscenza di uno spazio: la vista e il punto di vista, il primo elemento fisico, il secondo elemento interiore sollecitato dalla nostra personalità, ricerca, esperienza, dalla nostra capacità di ricerca e di lettura delle dimensioni. Fabiano Parisi, fotografo, non può non definirsi artista assente nel momento in cui tenta di condurre lo spettatore attraverso un proprio punto di vista, vedendo il soggetto delle proprie opere e non semplicemente guardandolo. La differenza tra questi due concetti si esplica dunque attraverso lo sguardo quando questo si unisce a una poetica tutta personale che si ripropone con costanza e continuità nella produzione di Parisi: le opere dell’autore, i cui soggetti sono visti e non semplicemente guardati, vogliono narrare un tempo passato, remoto, luoghi e spazi che diventano alfabeti visivi dalla bellezza ritrovata, recuperata, rinvenuta, inventata, nel senso letterale del termine. Gli spazi esprimevano una vita, una propria autonomia, una propria funzione sociale, ma evidenziavano i periodi, ormai passati, in cui i tempi quotidiani di vita e di esistenza erano maggiormente lenti, momenti maggiori per riflettere, ponderare, osservare con attenzione e ammirazione le belle cose che venivano a noi offerte. In questo percorso Fabiano accompagnerà lo spettatore chiedendogli di concedergli quell’attenzione, che spesso deficita nella nostra giornata, in quanto siamo presi da incombenze e da una logica e un modo di pensare che non è capace, non essendone abituato, di osservare e di attender, privandosi, cosi, dell’abilità a rilevare quelle bellezze nascoste, quell’estasi che il particolare ci dona nella sua armonia di un disegno complessivo e generale della struttura. Nelle serie dell’autore si ripercorrono, cosi, industrie dismesse, ville, chiese, teatri, vecchi cinema, palafitte sul mare, grandi piazze abbandonate ma dall’architettura affascinante: un percorso narrativo in cui si evidenzia il valore dell’estetica che apre panorami e scenari che non si accontentano del lato oggettivo, la realtà fotografata e immortalata, ma che ci portano a concederci immagini ulteriori. Fabiano opera con grande sapienza con l’obiettivo fotografico: i tempi di esposizione sono tali da rendere fisse l’immagine e l’apertura del diaframma ci consente in modo nitido di riprendere la figura stessa in una propria esplosione di cromature e di colori, che ci danno un risalto quasi pittorico al lavoro nella sua portata. Il pittorialismo lascia spazio, però, a un iperrealismo che ci conduce verso panorami inattesi che sollecitano non solo la memoria ma, soprattutto, la voglia e il piacere di viaggiare con l’immaginazione, sorretti da canoni estetici che diventano significanti di una complessiva opera, esperienze visive che ci addentrano in prospettive mai esplorate. L’essenzialità di luoghi non contaminati da presenze umane diventano parti uniche e funzionali a donarci il senso di immensità e di infinito che ci propone la rappresentazione: una definizione universale che ci rende edotti del canone estetico nella sua componente più infinita e immensa. Parlavamo delle cromie, presenti e forti, che caratterizzano le opere di Fabiano Parisi: ci coglie con grande stupore la sua capacità di elaborare situazioni che ci conducono in meandri fantastici e in contrapposizioni vive e accese tra un presente decadente e un passato di rigoglio e di grande ricchezza, una contraddizione che genera quanto meno una nostra attesa e una nostra attenzione nel ricercare il signifcante di un’immagine. Ancora una volta, possiamo dire, si sfata e smentisce il tradizionale e consueto concetto di fotografia come mera rappresentazione acritica del reale: notiamo nella produzione di Fabiano Parisi una certa propria originalità, un sentimento e un punto di vista che creano dimensioni atemporali e aspaziali, non identificabili con questo o quell’ambito geografico preciso e tali da donarci il vigore e la definizione di uno sguardo infinito e immenso, senza ostacoli e senza un atteggiamento pregiudiziale. Tutto si basa sullo stupore: uno stupore che rivela gradualmente la poetica narrativa delle immagini che ci attraversano e che ci inducono a vedere oltre al dato oggettivo e tangibile, assaporando con piacere e convinzione quel lato comunicativo convincente, quel sapore di ricordo di un passato che ora non c’è più, nell’attesa di un futuro che possa apportare un cambiamento e una trasformazione degli stilemi e delle basi estetico compositive delle strutture riprese. Le forme ci riconducono alle storie, tante, di passanti e di personaggi che hanno vissuto i luoghi oggi riproposti nella loro estatica solitudine, facendo appello, lo stesso autore, alla nostra fervida fantasia: la totalità dell’opera si esplica nella grandezza dell’immagine che indica la centralità del punto di vista e di visualizzazione, segnato con determinazione dall’autore, dello stesso lavoro di Fabiano Parisi. La tecnica è funzionale alla definizione del significante e di quell’induzione a provare sensazioni ed emozioni difronte alla grandezza di un soggetto impresso e proposto nell’opera: parlavamo di apertura, molto stretta, del diaframma, tanto da donare chiarezza a tutti gli elementi, messi a fuoco in modo quasi iperrealistico e che compongono l’opera, apologia di una bellezza che è insita poeticamente nella decadenza dei fasti precedenti; parlavamo dei tempi di esposizione, non prolungati, tali da donare nitidezza alle figure e alle forme riprese; parlavamo di illuminazione e di riflessi tali da concedere una certa vividezza ai colori, naturali, che vengono a descrivere le figure nella loro totalità; parliamo anche di una certa essenza di una post produzione che possa alterare i risultati dello scatto. Il solo scatto e la perizia tecnica in tutte le proprie componenti, aiutandosi con la consapevolezza della centralità della luce, sono gli ingredienti dell’immediatezza della fotografia nella propria portata artistica. Tutto questo appartiene e testimonia la sapienza artistica dell’autore: colui che ha deciso, dopo la laurea in psicologia, di dedicarsi integralmente alla fotografia; colui che ha esposto a livello internazionale in consessi di grande rilevanza dalla 54ma biennale di Venezia al Padiglione italiano al Macro Museum, riconosciuto nel suo insindacabile e incontrovertibile valore artistico insignito del Premio Pulse a New York, cosi come del Premio Young Masters Art a Londra, dal premio sociale Arte in Laguna 2012 e dal Premio Celeste a New York. La serie più importante che si ricorda è Il Mondo che non vedo, il cui titolo ci dona il carattere surrealista e iperrealista degli scatti dell’autore: una sperimentazione che ha condotto l’artista a una ferma certezza poetica e capacità descrittiva di una narrativa della memoria che si fa bellezza, magari ipotizzata e immaginata, ma tangibile e, allo stesso tempo, concreta, visibile e percettibile: tutto sta a noi nell’osservare, nel fermarsi a vedere e nel saper cogliere, invenendo, i lati estetico compositivi di luoghi che hanno segnato giornate intere di un’umanità.
Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous: k
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo. |
Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
LE ALTRE SEZIONI di PASSPARnous:
|
Sezione
Revue Cinema diretta da Daniel Montigiani Sezione
Trickster diretta da Alessandro Rizzo Sezione
Reportages diretta da Davide Faraon |
Sezione
Psychodream Review diretta da Enrico Pastore e Francesco Panizzo Sezione
Apparizioni diretta da Francesco Panizzo Sezione
Archivio diretta dalla redazione di PASSPARnous |
Sezione
Musikanten diretta da Roberto Zanata Sezione
Witz diretta da Sara Maddalena Sezione
Eventi diretta dalla redazione di PASSPARnous |
|
Vuoi diventare pubblicista presso la nostra rivista?
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
sottoscrivi il bando. Accedi al link dall’immagine sottostante.
Psychodream Theater - © 2012 Tutti i
diritti riservati