Un’evoluzione artistico compositiva si registra anche nel supporto tecnico e nei materiali che un autore adopera, arrivando a trovare nella semplice sperimentazione l’apertura a un percorso nuovo, sicuro e certo, da completare e da esperire, fonte di ispirazioni nuove e rinnovate. Il percorso di Sabrina Romanò vede una maturazione di concetti e di idee tali da tradurre in forma proiezioni immaginifiche di un astratto interiore e di un moto intimo dell’animo che si esplica in una visione di opere realizzate con tempere a olio, in acrilico, in acquerello, e tali da concedere al colore, sfumato, quasi calibrato, delicato e lieve nella propria portata una centralità alfabetica visionaria: gli accostamenti risultano inattesi ma ponderati, quasi naturali, ricercando il flusso che suggerisce movimento all’opera, in un astratto espressionismo che detta percorsi individuali di immaginazione surreale allo spettatore. Alcuni lavori ci riportano alla memoria la leggerezza e l’eterea composizione di un Nolde, autore tedesco di un espressionismo astratto che sa anche di tendenze secessioniste, in cui l’essenzialità delle cromie ci portano a identificare simboli e segni di un panorama descrittivo di portata artistica, elevata quanto surreale. Le incisioni, parlavamo di progressivi cambiamenti nella produzione di Sabrina Romanò che diventano periodi di estetiche compositive mai sperimentate, nuovi itinerari di una produzione in evoluzione e in continua ricerca, ci addentrano nella capacità fisica e chimica di un’autrice di imprimere segni e tratti utili e funzionali a dare una caratterizzazione a paesaggi silvestri, naturali, incontaminati e dal sapore fiabesco. Sabrina non si ferma all’incisione ed è da qualche anno a questa parte che si inoltra con sapienza e consapevolezza nella tecnica del collage: un collage in cui l’artista si riappropria di un figurativo ritrattista dal tono scherzoso e molto grottesco, utile a comprendere lineamenti e tensioni di espressioni facciali mai comprese da una lettura superficiale, lente di ingrandimento di venature psicologiche e caratteriali del personaggio rappresentato, delle pieghe contraddittorie dell’animo.
Sabrina utilizza materiale riciclato, forse l’approdo, per ora, naturale e conseguente a una valenza professionale della stessa artista, lei architetto e da sempre sensibile all’ecoarte, per concretizzare opere in cui da un cestino della spazzatura, da una cravatta, da una tenda, da un bottone si concretizza e prende forma un viso di un Woody Allen, di una ..., di un ..., lasciando narrare l’interiorita rivisitata, decostruita e, poi, ricomposta attraverso la propria sapienza descrittiva, la propria pazienza nel saper accostare i vari elementi, la propria conoscenza cromatica funzionale a dare maggiore risalto a quei segni caricaturali che compongono la figura nella sua interezza. La figura viene, cosi, ricostruita, riproposta, rivalutata sotto la lente interpretativa e le sensazioni personali dell’autrice stessa, affidando e concedendo al ritratto, materico, plastico, toccabile, avvertibile tramite il tatto, concreto quanto percepibile con una propria volumetria, un’aurea espressiva di grande portata. Sabrina gioca molto sull’evocazione in una misura compositiva figurativa di alto contenuto scherzoso e dissacrante: ci affida e ci dona, pertanto, il suo lavoro garantendoci piena libertà di apprezzarne la valenza artistica estetica in un percorso tutto personale, avevamo già accennato alla non presenza invadente dell’autrice nell’osservazione dell’opera da parte dello spettatore. Interessante è la padronanza naturale dell’autrice di tale tecnica, che riporta alla memoria grandi artisti di una letteratura tutta contemporanea dell’arte, tale da evidenziare, e soffrire, la limitazione della tela nel proprio spazio compositivo e andando oltre ai confini dettati matericamente dalla cornice, vedendo e accorgendo parti dei materiali che compongono il collage fuoriuscire dalla tela stessa, dando, così, un senso di illimitatezza e di infinito al ritratto stesso. Sabrina gioca molto anche con l’interior design, affidando la fantasia la parte principe nella realizzazione di divertenti, originali, inusuali e molto autoriali lampade e oggetti, particolari e bizzarri, per arredamento: lo spirito e il piacere della funzione ludica della composizione rendono la materia, nel senso fisico e chimico del termine, la parte strutturale e centrale dell’intero percorso, rendendo tutto il resto, la tela e il supporto, elemento secondario e non rilevante: questo rende la sua poetica compositiva forte di un’estetica e di un alfabeto materico e plastico mai raggiunto finora, vibrazione che chiama in causa i nostri sensi e attraverso essi assaporare la completezza poliedrica del ritratto definito. Alessandro Rizzo
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Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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