Esiste una certa originalità e particolarità che fanno di Luca Gastaldo un artista a tuttotondo, in quanto riesce a rendere la propria produzione completa in ogni suo aspetto, sintesi di tecniche e di poetiche che ne danno una qualità lirica.
Laureatosi all’Accademia di Brera in pittura, Luca procede in una sperimentazione e in una ricerca complessa quanto poliedrica: una ricerca che fa parte, lo si vede, di una consapevolezza delle correnti culturali che hanno segnato pagine della letteratura artistica, quanto di una propria identità di autore, tale da rendere centrale nell’opera il punto di vista, tutto interiore, che va ad affrontare. I paesaggi diventano luoghi universali se per universale si pensa alla suggestione che l’estetica pura ci conduce nel raffigurare panorami e prospettive reali, ma allo stesso tempo surreali, tangibili, ma allo stesso tempo interiori e intime, visibili quanto oniriche. Giustamente molti ravvisano in Luca una certa appartenenza alla cultura artistica di un Mario Sironi, l’essenzialità delle figure e la comprensione quasi tangibile degli spazi, di un Kasper Friedrich, forse nei paesaggi nordici nel loro inquadrarsi cromatico, così come di un Giovanni Fattori, per una certa anticipazione dell’impressionismo: non si può chiaramente catalogare l’impatto estetico compositivo con un’appartenenza unica quanto inscindibile a una corrente o a un autore quando la produzione di quest’ultimo diventa di per se autonomia di lavoro, ipotesi di lavoro, idea e concepimento spaziali degli elementi, tutti naturali e che si trovano in paesaggistiche sconfinate, quasi ancestrali e bucoliche, impeto lirico di una coreografia quasi mitica di una prospettiva arcaica e agreste. Vedo molto mistero nelle opere di Luca, squarci che si propongono alla nostra visione e che ci portano verso prospettive immense, brulle e aspre, “aprendo quel cammino nuovo nel campo della propria arte”, come considerava a suo riguardo uno dei grandi autori citati, Friedrich. In Luca tutto questo si ravvisa in quella potenza, descritta ed evocata attraverso le opere, e che ci porta ad attendere un evento, la manifestazione di un evento imponderabile, non definibile, ma chiaramente evocazione di un sentimento interiore, di uno stato d’animo, quello stato avvertito dell’autore e inverato attraverso la poesia pittorica dell’attesa di un accadimento. Si legge nella pittura di Luca un insieme caleidoscopico di materia proposta su tela su cui, poi, lo stesso autore va a lavorare per sottrazione, concedendo gradualmente passaggi che ci portano a identificare tasselli compositivi di un grande quadro, di un mosaico possiamo dire, puramente concepito come narrazione della natura, resa divina, deificata, potenza astratta ma presente, immanente e concepibile, imponderabile quanto attrazione maestosa e mistica. Leggiamo il panismo in un panorama dalle tinte scure e dalle brecce, fenditure aperte, limitate ma essenziali nel loro significante, che ci apportano fonti luminose, una luce aspra quanto tagliente in un cielo squarciato e da cui proviene una sensazione di timore e di paura per un fenomeno che si annuncia e preannuncia come espressione di un’alterità, inevitabile quanto inspiegabile, dal sapore fortemente attrattivo, invito alla riflessione, ponderazione e conoscenza. L’inconscio ci porta alla ragione per, poi, ritornare al primo, richiamandoci con il linguaggio e l’alfabeto della luce e delle ombre, delle tinte uniformi quanto cupe, della contrapposizione tutta evocativa tra aree piene e aree più vuote, tra pesi e contrappesi, in un gioco vorticoso e infinito che ci addentra in prospettive nuove e rinnovate, inaspettate quanto sorprendenti. Ci interroghiamo davanti alle opere di Luca Gastaldo: ci si chiede se in quella abitazione solitaria immersa nell’orizzonte di un paesaggio campestre e agreste ci sia qualcosa e come quel qualcosa possa attendere l’imminente arrivo di una manifestazione di un fenomeno naturale, annunciato da una cupa e torbida, grigia e nera coltre nuvolosa che adombra, perfetti gli effetti ricavati sul manto erboso, scosso dai venti, il terreno. Ci si interroga su quale sia il significato e a cosa si riferisca quel dolce ondeggiare di panni stesi lungo tutta la linea che definisce il punto di osservazione dello spettatore, che rimane intrappolato dalla capacità estetico contenutistica dell’autore, che non lascia vie di fuga all’attenzione - di qui l’ipotesi di lavoro a cui è richiamato -, dell’osservatore. Ci si interroga, ancora, su cosa possano significare quei volatili, tre, raggruppati in aria e che volano portati dal vento procedendo verso il blu immenso e forte che caratterizza il cielo e la sua visione unica e quasi plastica. Luca procede a sottrarre al bitume, espressione materica forte quanto tangibile, il grigio sostrato, per aprirci gradualmente piani e prospettive, figure e immagini, gradualmente illuminate e che vanno a celebrare una visione di insieme, infinita, allusiva ad altri spazi aperti che si definiscono al di là della tela, che si definiscono lungo il percorso longitudinale, quasi oltrepassando il limite della stessa, oppure latitudinale. Immaginazione e sensazioni ci colgono davanti a scelte tecniche ponderate e analizzate dal nostro autore, tali da donarci spettri visionari di grande incisività: il carattere misto degli elementi utilizzati da Luca si intervallano in base al messaggio visivo ed estetico che l’autore vuole dare, prefigurando una certa abilità con la pittura e tanto da notare una produzione che richiede non solo attenzione ma anche supporto fisico. Il paesaggio, le albe e i tramonti, l’attesa di un evento atmosferico sconvolgente, la tempesta che si avvicina non lasciandoci margini di autodeterminazione, si intensificano nelle tinte, cupe e forti, che l’autore porta con una sapienza tale da concedere la magia dell’illusione, di una fantasia e di un’immaginazione, essenze preponderanti e ineluttabili di un tono preromantico denso di umanità e di visioni mistiche e impalpabili. Il vento, l’aria che soffia, l’inizio della frescura che proviene dall’incedere della notte, la timida luminosità che porta un progressivo calore che giunge dal cielo aurorale si assaporano e diventano quasi percepibili attraverso lo sguardo rivolto verso panorami infiniti, prospettive di coni ottici senza limiti, colori e pennellate decise quanto coerenti nel loro riproporsi. Esiste nella composizione di Luca Gastaldo una certa tendenza a un equilibrio delle diverse figure e rappresentazioni che si collocano, e si contrappongono, nel vario e diversificato quadro: si legge un tocco che anticipa con l’accostamento naturale dei colori e un loro posizionarsi attraverso una propria fisica espansione sulla tela, un’attenta articolazione di tinte e di pennellate che ci donano quell’armonia estetica che è ricerca di un’armonia di sensazioni e di emozioni che giungono dalla visione dell’opera . E se Boccioni individuava in Sironi la potenza del tratto del disegno, si può, senza peccare di presunzione, percepire in Luca la capacità di esprimere con essenzialità e forte chiarezza tale potenza attraverso l’amalgama dei colori e tramite un intervallo costante e continuativo tra ombre e luci, tra chiaroscuri intensi e meno intensi, tra pieni e vuoti, tra sottrazioni di stesure più plumbee e addizione di aree più dense e luminescenti. L’impressionismo diventa parte integrante di un surrealismo che ci avvantaggia di alfabeti lirici luminosi di tinte particolari rese dinamiche e intense grazie alla loro stesura e al loro proporsi con fermezza e con tatto, abile e ponderato del pennello e della mano da parte dell’autore. Alessandro Rizzo
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