Esiste un filo che unisce due generi e stili diversi, due espressioni che si nutrono di emozioni e sensazioni che si fanno immagini di una narrazione complessa e completa, ottiche e punti di vista che si fondono attraverso tecniche varie e tali da configurare un percorso coinvolgente e poliedrico: Davide Gasperini e Cristian Beolchi presentano le loro produzioni in una bipersonale all’interno di un locale milanese, tempio delle serate e delle notti della metropoli, Goganga. Partire con Davide Gasperini vuol dire partire con l’intenzione di lasciarsi andare a un moto di sorprese e di inattese visioni che derivano da una lettura progressiva, e sempre migliorativa, tesa alla ricerca, di una produzione pulsante quanto viva, ricca di suggestive rappresentazioni e di eleganze estetiche che si confondono e fondono in visioni universali quanto attente nei particolari, nella raffigurazione del dettaglio, nella complessità dell’armonia compositiva nel suo genere. Davide ritorna con l’alluminio a proporci scenari quasi bucolici, naturali, ritratti maschili in situazioni quasi eteree e paradisiache, una mistica che diventa mito in un panorama iperrealistico nella cura delle parti anatomiche che comongono la figura nel suo complesso. L’alluminio diventa non solo tecnica e supporto semplice su cui l’autore va a lavorare ma, anche, e bensi, parte strutturale di un’estetica che si fa opera d’arte e che diventa metro di interpretazione dell’impatto visivo: l’alluminio è parte integrante dell’opera nel suo complesso. L’alluminio ci dona nuove emozioni e sensazioni se osserviamo e contempliamo l’ultima serie di Davide in cui diversi oggetti si uniscono in un’armoniosa composizione, utile a donarci la pluralità oggettistica equilibrata di visioni mitologiche o di contesti iperreali, accedenti verso il surrealiasmo, e tali da rendere in un’amalgama completa la struttura totale dell’immagine. Il disegno digitale si innesta in una calibrazione cromatica che dona una certa pittoricità alla dimensione dell’opera, senza invaderne il campo, naturale e genuino, dell’opera stessa: il digitale si eleva, diventando espressione artistica a tutti gli effetti e autonoma, a estetica compositiva. Notiamo, pertanto, nei tratti del disegno stesso un’autonomia ideale, progettuale, produttiva e, infine, post produzionale, fase che serve solamente a rendere il gioco di colori, il gioco di forme, il gioco di geometrie e di immagini reali più intenso nei contrasti. I tempi si scandiscono in modo costante nel renderci e donarci figure che trovano nelle linee e nei contorni decise prospettive che si confondono e fondono con altri oggetti, posti nel contesto in modo astratto ed espressionistico, la fantasia che concede il passo all’immaginazione e che ci garantisce aperture verso panorami e prospettive differenti, altre e ulteriori. Cromie, alfabeti unici compositivi, lettere di un racconto che diventa metafisica surreale che si basa su elementi naturali e quotidiani sono i segni che Davide riprende con sapienza e consapevolezza, quasi manifesti pubblicitari d’antan con un sapore neo pop artistico esplosivo e rigenerato, rinventato, reso autorale, oroginale, quindi unico e immerso in calibrature che riprendono le delicatezze visive di uno stile liberty, una belle epoque in cui la bellezza trionfava con leggerezza e delicatezza compositiva. Il percorso esperienziale e formativo di un artista non può mai sentirsi esaurito ma deve essere sempre suscettibile di sperimentazione e di ricerca tesa ad assaggiare nuovi canali possibili che meglio possano esprimere i messaggi e i contenuti che si vogliono trasmettere: Cristian Beolchi attraversa con convinzione questa procedura sperimentale e si vede sempre insoddisfatto nella sua tensione creativa, pur avendo individuato con fermezza e sapienza il genere e lo stile da affrontare. Possiamo dare un contenuto stilistico alla produzione di Cristian, ma risulterebbe alquanto riduttivo: possiamo dire che oscilli tra una transavanguardia, un informale e una punta di arte nipponica. Quali delle tre forme siano prevalenti non occorre sapere, in quanto la maestria e l’attenzione di Cristian sta proprio nella capacità di reinterpretarli e di riproporli in una chiave propria, identificabile, rimandabile alla sua mano e alla sua capacità estetico compositiva. Cristian è autodidatta e rende questa sua caratteristica presupposto per valicare prospettive compositive non inquadrabili e non catalogabili: ci interessano le tecniche e i supporti da lui impiegati,, diversi ed eterogenei, basi fondamentali per comprendere appieno la natura sostanziale e visiva della proposta artistica di un autore. Cristian utilizza, cosi, cromie diverse, esplosive nel loro definire come unici linguaggi espressivi la dinamica dell’opera: l’autore non fa economia di colori, tanto che essi divengono protagonisti centrali di tecniche che vedono uso e impiego di disparati materiali, diventando alcuni suoi quadri vere e proprie sintesi materiche, quasi rilievi di una raffigurazione piena di vitalità e di significanti estetici. Il disegno nella sua delicatezza che crea e ricrea dati oggettivi materiali della natura donandogli una certa aurea di simbolismo, si impone con eleganza e leggiadria su una dimensione complessiva rappresentativa che ci riporta a certe composizioni orientali, quasi criptografici segni di un concettualismo profondo ed esistenziale. Il post modernismo ha reso possibile quell’afflato unico di una transavanguardia, vero e proprio porto franco spalancato su sperimentazioni visive senza precedenti, originali e personali. Crstian ha saputo ben calibrare tale dimensione poliedrica riproponendola sotto una nuova visione che ci dona prospettive e dimensioni quasi oniriche, fantastiche, favolose, fiabesche e immaginifiche. Sussiste, si percepisce, una certa manualità nella fase produzionale, utile e funzionale a dare alle opere nel loro complesso una valenza artistica plurale e poliedrica, caleidoscopio di generi, correnti, concetti e significanti estetici di forte equilibrio, in una capacità di armonia e di unificazione delle diversità.
Alessandro Rizzo
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Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo L’art brut diventa arte grezza e
flusso di coscienza tempestoso nelle cromaticità visionarie di Marie-Claire Guyot. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
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