Un inno all’umanità potremmo definire la produzione artistica di Gultekin Bilge, autore cipriota, artista ufficiale di Emotions of the World, www.emotionsoftheworld.com. L’essenza civile di tanta arte di un passato glorioso quanto epico, che può ravvisarsi nel preromanticismo, si ripropone in forme e canoni del tutto nuovi, moderni e personali, dell’artista. Una ricerca infinita di pace e di convivenza tra le genti, fatte di popoli che soffrono e gridano, come maschere di un teatro greco, la propria rabbia e la propria sofferenza a un mondo sordo e inerte verso ogni ingiustizia. Vediamo questo percorso affiorare costantemente nella produzione di Gultekin, tanto da donargli una certa sintonia tra la scelta tecnica del materiale, sul quale l’autore va a operare, e il messaggio, estetico e contenutistico, dell’opera stessa. Gultekin non si accontenta mai di ciò che ha potuto raggiungere attraverso la sua produzione: la sua sperimentazione si sviluppa costantemente in itinerari complessi che fanno della materia, che modella per la realizzazione della sua opera, un crogiolo di elementi metaforici continui in una complessità, visiva e plastica, senza precedenti. L’autore opera così, passando dall’utilizzo, singolare, qui la sapienza e la consapevolezza dell’artista, dei graffiti all’impiego del marmo, per proseguire con l’acrilico, le tecniche miste, il legno intagliato, la resina di cedro sulla quale operare con tinte a olio, un effetto particolare e di scioglimento, quasi permeante, del colore. Il colore è, infatti, la parte portante dell’arte di Gultekin. La capacità artistica di un autore viene intravista e percepita nel momento in cui quest’ultimo riesce a osare con le variazioni cromatiche nelle proprie opere. Aggiungiamo a questo aspetto, che fa di Gultekin un artista riconosciuto a livello internazionale, la necessità, virtù possiamo definirla, dello stesso autore di voler abbattere quei limiti, fisici e concreti, che la tela nella sua dimensione definisce: questo limite è sempre stato avvertito da Gultekin, individuando, pertanto, forme e strategie, estetiche e compositive, che lo condussero fuori da questo limite fortemente riduzionistico. Gultekin viene da Cipro e non si può leggere la sua arte senza partire dal contesto in cui opera. Tragicamente viene colpito alla mano destra, il cui utilizzo verrà, poi, recuperato tramite un difficile e complicato intervento chirurgico, durante i tragici episodi dell’occupazione di Cipro da parte della giunta militare greca. Gultekin difendeva come soldato il proprio popolo dall’aggressione. Questo spirito, da quel momento in poi, innerverà la sua produzione, definendo, attraverso un figurativo che diventa quasi simbolico, metaforico, astratto ma, allo stesso tempo, vivo e pervasivo, l’interiore inquietudine di animi umani in ricerca di giustizia e di pace. Inquietudine si percepisce nella produzione di Gultekin, rendendo le espressioni dei visi umani raffigurati essenze quasi mistiche, portatrici di significanti, poetici e lirici, profondi e intensi. Tra il 2006 e il 2011 Gultekin lavorerà alacremente realizzando varie serie e garantendo quel margine di tempo che lo preparerà a sviluppare e a ricercare nuove forme tecniche, la formalità diventa funzionale all’informalità del contenuto della produzione, autonoma e soggettiva, che diventa autorevole. Un flusso di coscienza e di lettura delle pieghe dell’individuo, le grida delle genti, portano a tradurre sensazioni ed emozioni, questo si prova nel contemplare le opere, in pennellate a olio, ripercorrendo, qui la narrazione di un popolo che diventa percorso artistico descrittivo, quella tradizione linguistica turcofona, Uygur, riportandola sotto visioni di portata cromatica e figurativa senza precedenti, quasi graffiti che si immortalano in dipinti, affermando uno stile tutto turco, chiamato T-tessuto. Attraverso un dipinto ad acqua su carta, Gultekin riesce a rendere incisiva e penetrante l’immagine che va a stendersi sulla superficie, che diventa irregolare, quasi dinamica, un movimento continuo e perpetuo di forme e di icone, soggettività nelle soggettività, percorso, appunto, definibile come la sua tecnica: “vorticoso”. L’effetto sarà quello di un dipinto su una superficie marmorea, limpidezza e lucidità impresse nel fluire continuo di figure e di geometrie che disegnano panorami inattesi, ulteriori al dato reale e tangibile. Prosegue l’artista, sempre non accontentandosi dei risultati raggiunti, affrontando ogni tipo di tecnica, a olio, mista, il complicatissimo quanto plastico acrilico, tanto da dare una sintonia e sintesi di impressioni e di sensazioni allo spettatore, libero nella sua conoscenza e lettura dell’opera. I contrasti cromatici, quelli che si assaporano nelle serie dal 2009 in poi, serie che annunciano, parlano ed esprimono le emozioni dell’animo, le vicissitudini dell’umano vivere quotidiano, la tranquillità, la rivalità, l’armonia, la forza, la discordia, le grandi idee, si innestano in vibrazioni luminose e in giochi di chiaro scuro, tali da rendere compenetranti le figure rappresentate, un effetto di scioglimento e di reciproco confronto, ogni elemento è funzionale all’altro, in un vortice continuo di passioni e di interiori moti d’animo. Il tutto è ottenuto attraverso la sapienza dei colori e delle loro infinite combinazioni: tutto rende, tra un alternarsi di punti più scuri e punti più lucidi, quasi tridimensionale la rappresentazione, ben calibrandone i livelli, vari, di stratificazione del dipinto, che diventa materico. Nel 2010 appare la prima serie di opere su legno, basandosi sull’idea di esplorare nuovi confini dipingendo, direttamente, su forme naturali e irregolari, utilizzando sempre quella tecnica “vortice”, combinandola, all’occorrenza, nell’estetica e nel contenuto, con particolare trattamento della superficie. Si prosegue, così, con la serie del 2011, dove appaiono opere composite e costituite da più pezzi, quasi fossero trittici, alcune, come ”Nobody listen”, narrative di intensità unica e assoluta, descrizioni della disperata condizione di chi grida aiuto e chi questa richiesta non accoglie, non ascolta nella totale indifferenza. In questo frangente percepiamo un prevalere di un’arte etica, civile: un impegno che viene manifestato attraverso una miscela di colori e di pennellate che rendono un effetto lucido alle espressività, che vogliono definire maggiormente quelle pieghe dell’animo umano più incisive e più espressive.
L’espressionismo si fonde con un figurativo astratto, metafora di una condizione individuale che diventa, e assurge, condizione di popolo. Vediamo, poi, come l’utilizzo del legno intagliato diventi tecnica fatta di momenti e di procedimenti gli uni funzionali agli altri: passaggi che partono con lo scolpire forme nel legno giungendo a utilizzare l’olio di resina su cui andare a definire pennellate di colore, tale da rendere ancora più la sensazione di permeazione della tinta cromatica, uno scioglimento che si confonde in forme di forme, in un dipinto racchiuso in altro dipinto. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous:
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo. |
Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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