L’arte digitale è un ambito visivo ancora poco esplorato, possiamo dire nuovo e moderno, ancora non storicizzato come genere, essendo nato e sorto negli ultimi decenni con l’avvento delle nuove tecnologie e di tutte le forme di perfezionamento dei meccanismi elettronici, utili e funzionali a dare risvolti artistici. Il digitale diventa anche arte, espressione espressionista possiamo dire, che si nutre e si ciba di un fondamento reale, di un riferimento con la natura oggettiva, di un appiglio a situazioni che si evidenziano come fotografiche, basandosi, appunto, su una ripresa diretta della realtà e del contesto. In questo lasso di tempo nella produzione, ossia quello intercorrente tra una contemplazione dell’elemento grafico elettronico, o di un insieme di elementi, e una rielaborazione del medesimo supporto, passa la parte costruttiva del lavoro dell’artista digitale Giovanni Marino, rendendo l’oggettivismo rilevato, quello proposto da un’elaborazione semplice e meccanica, base dell’opera, una sorta di fondamento per una rielaborazione creativa, tanto da apportare nei medesimi elementi significanti di messaggi reconditi e interni.
In questo si colloca quello che possiamo definire essere un espressionismo astratto, ripercorrendo il medesimo stile che tanto ha caratterizzato l’arte nella sua contemporaneità. Giovanni Marino gioca con le forme e i colori, dando voce a una tecnica che ti lascia ampio margine di scelta, quella digitale, un raggio di possibilità che tendono a garantire e a concedere opzioni di letture estetiche tali da concedere al lavoro una sua configurazione e natura, che va oltre al dato tangibile per accedere nell’universo dell’immaginario e di paesaggi mai esplorati e che vogliono comunicare significati altri, attraverso emozioni e sensazioni che solo la fluidità cromatica può dare e garantire. Quello che più appassiona della produzione di Marino è il flusso di colori e di tinte, che si addensano, si incontrano e si sciolgono gli uni negli altri, disegnando confini concettuali che riportano interiori stati d’animo, che comunicano l’essenza del vivere, la ricerca di una verità che non può essere rivelata, ma che può essere moto di una necessità intellettiva, partendo da un fondamento emotivo per apportarci in dimensioni che si elevano dalla finitudine del realismo, quotidiano e contingente. È in questo che procede, quindi, quel senso di infinito e di solitudine di una forma stilizzata, quasi accennata, essenziale e minimale, di un essere umano che si pone difronte a una breccia che apre verso punti irriconoscibili, in quanto non visibili e oscuri, di un futuro che non è percepibile, né identificabile, ma che abbozza un itinerario in cui non inoltrarsi risulterebbe impossibile, proprio per la forte attrazione che quel solco ci induce. Giovanni Marino passa, con una certa abilità, dal digitale per procedere verso l’acrilico e tecniche miste, tali da concedere nuove prospettive estetiche, di genere e di stile. L’acrilico permette di dare una certa plasticità alla composizione; ed è questa plasticità che attribuisce una certa volumetria alla figura che incede, con atteggiamento quasi regale ed elegante, quasi il suo cammino avesse avuto un inizio e un esordio in uno spazio collocato fuori dalla tela, in un paesaggio naturale e campestre che non vede limiti e che si addentra in una cromaticità delicata e tenue nelle tinte e nelle pennellate. Stiamo parlando de "La passeggiata" che apporta una visione tecnica che possiamo dire classica anche nel suo contenuto, siamo nel paesaggismo quasi impressionista, per donarci nuove prospettive ottico visive. Passiamo alla tecnica mista, testimonianza in Marino di una certa capacità acquisita nel saper utilizzare la tecnica al fine del messaggio, estetico e compositivo, che vuole raggiungere, soprattutto in Omaggio a Fabrizio De Andre’, un ritrattismo figurativo che diventa qualcosa di espressionista, e che avvince e convince lo spettatore attraverso decise pennellate, garantite da quei tratti che portano verso introspettive interiori e che scandagliano la visione intima del soggetto raffigurato. L’arte di Giovanni Marino è decisamente informale, nel momento in cui non si accomoda e non si accontenta di un genere prefissato da seguire pedissequamente, ma tenta di esplorare nuove prospettive compositive, l’utilizzo della china, sconfinando nel figurativismo grafico, l’utilizzo della matita, tornando al sapore di studi artistici neoclassici per rappresentazione ritrattistiche, dalla raffinatezza armonica e armoniosa delle forme e delle linee anatomiche: in questo continuo procedere in orizzonti tecnici e contenutistici nuovi e rinnovati si celebra quella maturità e quella autonomia che rende l’artista autorevole per una sua originalità. Alessandro Rizzo
Scrivono in PASSPARnous: .
Aldo Pardi, Nicola Lonzi, Marco Bachini, Daniel Montigiani, Viviana Vacca, Alessandro Rizzo, Fabio Treppiedi, Silverio Zanobetti, Sara Maddalena, Daniele Vergni, Mariella Soldo, Martina Lo Conte, Fabiana Lupo, Roberto Zanata, Bruno Maderna, Alessia Messina, Silvia Migliaccio, Alessio Mida, Natalia Anzalone, Miso Rasic, Mohamed Khayat, Pietro Camarda, Tommaso Dati, Enrico Ratti, Ilaria Palomba, Davide Faraon, Martina Tempestini, Fabio Milazzo, Rosella Corda, Marco Fioramanti, Matteo Aurelio, Enrico Pastore, Giuseppe Bonaccorso, Rossana De Masi, Francesco Panizzo. |
Fotografia
Un pittorialismo fotografico: l’arte di Francesco Ragno tra forme e geometrie. di Alessandro Rizzo Georg Schrimpf:
da un espressionismo di un nuovo realismo alla dimensione magica di una nuova oggettività. di Alessandro Rizzo L’immateriale nel blu immenso e universale
di Yves Klein. di Alessandro Rizzo Un esempio di architettura integrata: la Fondazione Maeght.
di Alessandro Rizzo |
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